In un contesto di affluenza alle urne costantemente bassa e in calo rispetto al 2012, le elezioni legislative del 4 maggio in Algeria hanno riconfermato il Fronte di Liberazione nazionale (Fln) primo partito del Paese, con 164 seggi su 262.
Il voto si è svolto in un contesto di generale apatia popolare, che dimostra un crescente disinteresse dell’opinione pubblica e un calo di fiducia complessivo nella classe politica in Algeria. L’affluenza appena del 38% evidenzia ampiamente questo dato, nonostante il governo abbia cercato in tutte le maniere di procurarsi un’ampia partecipazione popolare (le autorità hanno esortato gli Imam delle moschee a invitare i fedeli delle loro comunità a recarsi alle urne).
L’affluenza è stata di poco superiore a quella delle elezioni del 2007 (35%), ma molto inferiore a quella del 2012 (43%). Allora però le elezioni si svolgevano nella scia delle cosiddette Rivolte arabe: il tasso di partecipazione popolare relativamente elevato alle elezioni legislative del 2012 si può spiegare in questo contesto.
Sfiducia verso i partiti e il Parlamento Tutto ciò indica come la percezione generale algerina sia di sfiducia verso il Parlamento, che in effetti non ha molto peso nelle decisioni del governo. È il presidente, insieme alle forze di sicurezza e militari, che detta le linee guida del Paese, mentre il Parlamento, dominato da alleanze di partiti filo-governativi, si limita a dare il proprio consenso a queste politiche. Per queste ragioni, nessuno si aspettava una partecipazione popolare significativa a queste elezioni; e infatti il tasso di partecipazione è tornato a quello che era prima delle Rivolte arabe.
Quanto allo spostamento di voti che si è registrato tra l’Fln (220 seggi su 462 nel 2012 contro i 164 di ieri) e il Raduno nazionale per la Democrazia (68 nel 2012, 97 nel 2017), questo dato può essere interpretato come un ulteriore segnale di distacco popolare dal partito che ha guidato l’Algeria quasi interrottamente dall’indipendenza del 1962 ad oggi.
Successore di Bouteflika cercasi Sebbene l’Fnl rimanga ancora il principale partito in Algeria, queste elezioni fanno emergere la grave crisi d’identità e fiducia che sta attraversando il partito sotto la guida del presidente Bouteflika, al potere dal 1999. I problemi di salute del presidente sono ben noti e vi sono scontri di potere nel partito per farne emergere un successore. Lo spostamento di voti è anche un segnale politico che chiede un urgente ricambio generazionale nel partito e più chiarezza sulle linee guida che ne formano il programma.
Il voto ha inoltre registrato un lieve aumento dei consensi per i partiti di matrice islamista, usciti sconfitti dalle elezioni del 2012, quando sull’onda delle Rivolte arabe in molti se ne aspettavano, invece, dei risultati migliori in Algeria.
Il ruolo dei partiti islamici Ma la situazione politica in Algeria è ben diversa da quella dell’Egitto o della Tunisia. In Algeria vige un sistema multi-partitico dal 1989. E dunque le élite politiche del Paese hanno una ottima esperienza di giochi e strategie politiche voltr a frammentare e a cooptare possibili movimenti di protesta e/o di opposizione politica. Il principale partito di stampo islamista ad avere raccolto buoni risultati nelle elezioni del 4 maggio è il Movimento della Società per la Pace (Msp), partito affiliato alla Fratellanza Musulmana, ma che in passato ha dato sostegno al governo del Fnl anche in Parlamento.
Per questo, i 33 seggi vinti dall’alleanza tra Msp e Fronte per il Cambiamento (Fc) non possono certo costituire una vera e propria opposizione politica in parlamento. Va comunque ricordato che l’alleanza vincente tra Fnl e Rnd hanno seggi a sufficienza per approvare leggi in Parlamento senza il sostegno di altri partiti.
Una difficile situazione socio-economica Il calo del consenso e della fiducia popolare verso le istituzioni politiche va certamente analizzato anche alla luce di una situazione socio-economica interna al Paese molto problematica. Un algerino su tre è senza impiego e il governo ha dovuto annunciare una serie di riforme economiche e tagli ai sussidi che hanno di molto ampliato il disagio popolare.
L’economia algerina rimane completamente dipendente dalle esportazioni di idrocarburi e il crollo del prezzo del greggio - combinato alle crescenti minacce di sicurezza alle frontiere algerine - hanno di molto complicato l’outlook economico del Paese.
Nel 2016 l’Algeria ha registrato un deficit del 12% del Pil e il governo ha dovuto cancellare molti investimenti in grandi opere di alloggio e infrastruttura. In particolare, l’Algeria soffre di una carenza di alloggi per la popolazione, fonte di particolare proteste popolari. Anche i fondi di riserva stranieri derivati dalla vendita di idrocarburi sono diminuiti in maniera preoccupante, da 196 miliardi di dollari nel 2014 a 114 miliardi di dollari nel 2016.
Senza una riorganizzazione dell’economia e significative riforme istituzionali, il Paese rischia nuove ondate di proteste popolari, ma questa volta il governo non avrà a disposizione il denaro necessario per ‘comprare’ la pace come fece nel 2011 in seguito alle rivolte popolari in Tunisia, Egitto e Libia.
Andrea Dessì è Ricercatore nel Programma Mediterraneo e Medioriente, IAI; Fabiana Luca è stagista per la comunicazione dello IAI.
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