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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

lunedì 14 aprile 2014

Il Consolidamento democratico in Libia e Tunisia: il ruolo dell'Italia.

                                                                              CONVEGNO 
ORGANIZZATO DA ISAG  E SAPIENZA - CATTEDRA DI GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE 

 MERCOLEDì 16 APRILE 2014  ORE 10.00 - 13.00
SALA DELLE COLONNE, PALAZZO MARINI, CAMERA DEI DEPUTATI
VIA POLI 19 ROMA 

INVITO 
 
4/2014 Redazione Vicino & Medio Oriente 0 commentI
Il consolidamento democratico in Libia e Tunisia: Il ruolo dell’Italia. Alla Camera il 16 aprile
Tra i paesi interessati dalla cosiddetta “Primavera Araba”, al momento solo due sono riusciti a istituire regimi democratici evitando fenomeni sia di reazione autoritaria sia di guerra civile. Si tratta proprio dei due paesi geograficamente più prossimi all’Italia – Libia e Tunisia – e che col nostro paese hanno legami tradizionalmente stretti. Di fronte ai rischi e alle difficoltà del consolidamento democratico e stabilizzazione istituzionale, Libia e Tunisia possono trovare un valido appoggio nell’Italia, forte di una tradizione civico-statuale millenaria e dell’esperienza di successo di un regime democratico durevole costruito sulle ceneri di uno autoritario. L’Italia, dal canto suo, ha il pieno interesse a favorire la stabilità e il reinserimento internazionale di Libia e Tunisia, sia per rinsaldare il legame storico, sia per fare del Mediterraneo un’area di pace e cooperazione.
Per tale ragione IsAG organizza il convegno Il consolidamento democratico in Libia e Tunisia: Il ruolo dell’Italia, che si svolgerà mercoledì 16 aprile 2014 dalle ore 10.00 presso Sala delle Colonne, Palazzo Marini, Camera dei Deputati, Via Poli 19, Roma.
La locandina col programma completo in pdf è consultabile cliccando qui.
Il ciclo “Mare Nostrum” nasce a opera dell’IsAG coll’intento di costituire un nuovo spazio di dialogo tra i popoli mediterranei, facendo dell’Italia – già centro geografico del mare – anche il centro in cui gli interessi degli abitanti dell’ecumene mediterranea possano incontrarsi per gettare le basi di una nuova collaborazione, su base paritaria e in nome dell’amicizia tra popoli storicamente legati e culturalmente affini.
Per prendere parte all’evento è necessario registrarsi, entro le ore 12 di lunedì 14 aprile, scrivendo tramite il formulario dei contatti, comunicando nome, cognome, indirizzo e-mail di ciascun partecipante. Per i signori uomini sono obbligatori la giacca e la cravatta.
Programma
Ore 10.00 - Registrazione dei partecipanti
Ore 10.15Saluti e introduzione
On. Marco Fedi (Camera, Membro Commissione Esteri)
Dott. Tiberio Graziani (IsAG, Presidente)
Ore 10.30Relazioni:
Prof. Roberto Aliboni (IAI, Consigliere Scientifico per il Mediterraneo e il Medio Oriente)
Prof.ssa Bianca Maria Carcangiu (Università di Cagliari, Docente di Storia e
Istituzioni dell’Africa)
On. Franco Cassano (Università di Bari, Ordinario di Sociologia)
Min. Pl. Mauro Conciatori (Ministero degli Esteri, Direttore Centrale per il Mediterraneo e il Medio Oriente)
Dott. Pietro Longo (IsAG, Direttore Programma “Nordafrica e Vicino Oriente”)
Dott.ssa Valeria Ruggiu (IsAG, Ricercatrice Associata)
Ore 12Dibattito
Ore 13Chiusura dei lavori

INFO: studentiecultori2009@libero.it

giovedì 10 aprile 2014

Ruanda: ferite ancora aperte

A vent'anni dal genocidio un nuovo Ruanda sta vedendo la luce
Il Paese sembra procedere sulla via dello sviluppo anche se le ferite che lo hanno afflitto non sono ancora del tutto cicatrizzate
di Filippo Romeo
 É stata l'accensione di una fiamma avvenuta a Kigali, il 7 aprile scorso, a dare l'avvio alle celebrazioni del ricordo di quei cento giorni di atroce mattanza che si consumarono vent'anni fa in Ruanda. Una guerra barbara e fratricida, combattuta tra i due gruppi etnici Hutu e Tusu, con l'utilizzo di armi bianche quali machete, bastoni, asce e coltelli, che ha lasciato sul terreno circa 800.000 vittime. Un tribale bagno di sangue che si è consumato tra l'assordante silenzio della “comunità internazionale” – e in special modo della Francia e degli Stati Uniti – che ad oggi può essere qualificata la principale e diretta responsabile dell'accaduto. Continua a leggere su:
                  http://www.zenit.org/it/articles/a-vent-anni-dal-genocidio-un-nuovo-ruanda-sta-vedendo-la-luce

martedì 8 aprile 2014

Egitto: verso le presidenziali con il candidato militare

Egitto
La Magistratura aspetta Al-Sisi presidente
Azzurra Meringolo
02/04/2014
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Dopo mesi di suspense e una serie di annunci e smentite, il general Abdel Fattah Al-Sisi ha sciolto definitivamente le riserve sulla sua candidatura. Tolta la divisa militare, Al-Sisi ha iniziato a sfoggiare il guardaroba da presidente che indosserà dopo il successo, scontato, che incasserà alle prossime elezioni.

Mentre quello che viene dipinto come l’unico uomo in grado di salvare l’Egitto dal baratro del terrorismo si appresta a incassare una maggioranza da record, il Cairo ha segnato un altro primato su scala mondiale, pronunciando la più grande condanna collettiva alla pena capitale degli ultimi decenni.

529 islamisti condannati a morte
529 sostenitori del deposto presidente islamista Mohammed Mursi sono stati condannati perché ritenuti responsabili del decesso di un poliziotto nel governatorato di Minya.

È qui che la scorsa estate centinaia di sostenitori della Fratellanza Musulmana hanno bruciato chiese e attaccato centrali della polizia, nel corso di manifestazioni di protesta contro le operazioni di smantellamento, il 14 agosto, dei sit-in cairoti pro Mursi.

Anche se non sono ancora chiare le dinamiche che hanno innescato la mattanza di agosto, le cifre parlano chiaro. Tra i 632 morti, ci sono 624 civili e 8 militari. Rimandata invece al 28 aprile la sentenza per altri 682 sostenitori di Mursi, accusati di crimini simili.

Tutti questi imputati fanno parte di un gruppo di più di 1600 persone sotto accusa a causa delle violenze che hanno portato alla distruzione di una sessantina di chiese nei dintorni di Minya e all’uccisione di una settantina di persone.

Le 529 sentenze che decretano la pena capitale, inviate al gran mufti di Al-Azhar che esprimerà un’opinione non vincolante, hanno riacceso i riflettori sulla Magistratura egiziana, un’istituzione che può essere considerata allo stesso tempo un bastione dello stato autoritario e un attore del cambiamento.

Repressione: da Nasser a Sisi
Le recenti sentenze di massa - che presumibilmente non saranno prese sul serio - sono la cartina tornasole di una serie di abusi ai diritti umani oscurati dalla mancanza di dati ufficiali.

Secondo i numeri forniti dall’Egyptian Center for Economic and Social Rigths - cifre probabilmente non precise, ma abbastanza affidabili per descrivere il trend in corso - dal 3 luglio scorso - giornata nella quale Mursi è stato deposto dai militari - 16 mila persone sarebbero state arrestate durante manifestazioni e scontri con la polizia. Tra gli oltre 3 mila egiziani vittime della violenza di strada, circa 300 sarebbero morti a causa di attacchi terroristici.

Tra il ‘92 e il ‘98 - quando Mubarak si servì della repressione per contenere l’ascesa islamista - a perdere la vita furono circa 1500 persone. Secondo dati forniti dal centro Ibn Khaldum, nel biennio più caldo - ’93-’95 - morirono circa 1100 persone. Nella successiva ondata di terrorismo, tra il 2004 e il 2006, furono uccise circa 150 persone.

Rispetto al passato, ora ad aumentare non è stato solo il numero di vittime. Se fino alla caduta di Mursi i morti si concentravano soprattutto nella penisola del Sinai, da luglio sono state colpite 12 diverse province.

Ad aumentare è anche il numero dei detenuti. Tra il ‘54 e il ‘56, il giro di vite di Gamal Abdel Nasser contro gli islamisti portò alla detenzione di più di 20 mila egiziani. Nell’81 il suo successore, Anwar Sadat, fece arrestare 1500 dissidenti.

Secondo i dati dall’Egyptian Center for Economic and Social Rights, dal 3 luglio a fine dicembre sarebbero stati arrestati 18 mila civili, non solo islamisti, ma anche manifestanti su posizioni più laiche che hanno partecipato a manifestazioni di strada.

L’indipendenza del giudiziario egiziano
Per comprendere l’atteggiamento della Magistratura serve un’analisi storica che la tratti come un’istituzione in continua evoluzione che opera avendo garanzie - pur incomplete - di indipendenza. Se da un lato questo permise al potere giudiziario di criticare, a volte, le politiche del regime, dall’altro costrinse il regime a sedare le rivolte di quei giudici, in primis quella del 2009, che non erano pronti a sottostare al potere.

Nonostante le garanzie di indipendenza, continuano ad esserci pesanti interferenze politiche sulle carriere dei giudici, diverse forme di cooptazione (ad esempio con l’assegnazione di privilegi finanziari a parti determinate della magistratura) e una corruzione dilagante.

L’esecutivo controlla poi l’attività del Ministero della Giustizia su molte questioni amministrative. Basta pensare alla prerogativa - fino al 2011 - del presidente della Repubblica di nominare alcune figure chiave come il procuratore generale e il presidente della Suprema corte costituzionale.

Inoltre, il regime continua a servirsi del classico metodo con il quale ha arginato la magistratura nelle questioni più delicate, ossia la creazione all’occorrenza di tribunali speciali come ad esempio i tribunali militari per processare gli oppositori politici.

Quando ha notato che la rivoluzione non era passata nelle aule dei tribunali del paese, nel suo breve periodo al potere, la Fratellanza ha provato a “ripulire” la Magistratura dai rimasugli del vecchio regime. Il tentativo, più che altro una purga organizzata dagli islamisti per eliminare giudici scomodi, è fallito proprio a causa di una serie di scioperi convocati dai medesimi.

Inoltre, considerata l’identità corporativa della Magistratura, parlare di indipendenza del giudiziario è molto più semplice che affrontare la questione dell’indipendenza dei singoli giudici.

Gli attori del giudiziario agiscono poi in un contesto profondamente autoritario. Basta pensare alle leggi che regolano l’attività della società civile, la stampa e le manifestazioni per capire come le formali garanzie sui meccanismi democratici vengono bypassate.

Una serie di recenti casi giudiziari ha infine mostrato fino a che punto l’apparato di sicurezza riesce ad influenzare, almeno in alcuni casi nei quali è coinvolto più o meno direttamente, il corso della giustizia.

Dallo scorso luglio, l’Egitto è governato da autorità ad interim. Negli ultimi mesi il giudiziario non ha quindi dovuto rispondere a istituzioni democraticamente elette.

Non resta che aspettare l’arrivo di Sisi. Solo un’analisi di lungo periodo ci dirà se il prossimo governo terrà dietro le sbarre i suoi oppositori più di quanto fecero i suoi predecessori.

Azzurra Meringolo è ricercatrice presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI), e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. È autrice di "I Ragazzi di piazza Tahrir" e vincitrice del premio giornalistico Indro Montanelli 2013. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2593#sthash.oWssaAPX.dpuf

venerdì 4 aprile 2014

Algeria: acquisto di UAV dalla Cina


algeria

Secondo fonti di stampa, l’Algeria sarebbe orientata verso l’acquisizione dello UAV di classe MALE Cai Hong 4, prodotto dalla China Academy of Aerospace Aerodynamics. Il velivolo senza pilota sarebbe in fase di test ormai da diversi mesi, durante i quali avrebbe collezionato un paio di incidenti.
Ispirato alle linee del MQ-9 Reaper, il drone cinese è stato presentato per la prima volta allo Zuhai Air Show 2012. Destinato all’esportazione, lo UAV ha un peso al decollo di 1,3 tonnellate, un carico utile di 350 kg, un’apertura alare di 18 mt ed una lunghezza di 8,5. Secondo il produttore, la velocità massima sarebbe di 235 km/h, l’altitudine operativa massima di 3.500 mt, il raggio d’azione di 2.000 km e l’autonomia di 36 ore. Lo UAV sarebbe in grado di trasportare due missili a guida laser AR-1 (versione cinese per UAV dell’americano AGM-114 Hellfire) e due bombe teleguidate FT-5 (sempre di fabbricazione cinese).
In passato, per soddisfare il requisito di un drone di classe MALE, l’Algeria aveva manifestato il proprio interesse sia verso i Predator/Reaper di General Dynamics che verso gli Yabhon U40 di Adcom Systems. Anche per quanto riguarda la classe HALE, Algeri si starebbe orientando verso un prodotto cinese, lo Xianglong della Guizhou Aircraft Corporation of China, dalle specifiche e dal design simili al Global Hawk.
La decisione algerina è inquadrabile in un quadro di generale potenziamento dello strumento aereo militare nazionale (e delle relative capacità ISR), resosi necessario per affrontare adeguatamente le situazioni di forte instabilità createsi nell’area maghrebina e del Sahel, in particolare lungo i confini con Mali, Niger e Libia.

Fonte CESI - Roma

martedì 1 aprile 2014

Libia: contrasto internazionale alle milizie "Barqa"

Embargo in Libia
Sanzioni internazionali per contenere la Cirenaica 
Fabio Caffio
31/03/2014
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Il cerchio delle sanzioni internazionali comincia a chiudersi attorno alle milizie del movimento federalista della Cirenaica (in arabo Barqa).

Il Consiglio di sicurezza, Cds, con la nuova Risoluzione 2146 (2014), ha rafforzato la posizione di Tripoli a qualche giorno dalla Conferenza internazionale di Roma sul sostegno alla Libia, dalla destituzione del premier Ali Zeidan e dal caso della nave Morning Glory trasportante illegalmente petrolio imbarcato in zona controllata dalle forze ribelli.

Mercantile Morning Glory
L'interdizione del traffico marittimo della Libia di Gheddafi decretato dalla Risoluzione 1973 (2011) era stato lo strumento con cui il Cds avevano iniziato l'azione internazionale conclusasi con la caduta del dittatore. A questo fine era stato decretato un embargo navale coercitivo relativo alle navi di qualsiasi bandiera, inizialmente applicato agli armamenti ed in seguito esteso ai carichi petroliferi.

Rilevante era stato il ruolo della Nato che con l'operazione Unified Protector aveva abbordato, per controllarne il carico ed eventualmente dirottare, decine di mercantili nell'area del Mediterraneo centrale, Golfo della Sirte compreso.

Con un'operazione condotta da forze speciali, il 17 marzo gli Stati Uniti hanno abbordato e dirottato il mercantile Morning Glory (senza bandiera perché cancellato dai registri della Corea del Nord) con un carico di petrolio proveniente dal terminal di Al- Sidra. L'azione è stata svolta su richiesta di Tripoli e di Cipro verso cui si approssimava la nave.

Il petrolio trasportato era stato sottratto alla società di Stato libica National Oil Corporation (Noc) nell'intento di finanziare il movimento. In precedenza analoga sortita sembra fosse stata tentata da una cisterna maltese perciò cannoneggiata dalle forze navali tripoline.

Infrastrutture energetiche Libia (Fonte US Eia).

Black list di mercantili sospetti
Grazie all’iniziativa degli Usa e su richiesta di Tripoli è stata approvata lo scorso 19 marzo la Risoluzione 2146 che, sulla base del Capo VII della Carta, autorizza ispezioni in alto mare di navi sospette di trasportare illegalmente petrolio.

Riserve giuridiche espresse da Russia, Cina ed Argentina hanno determinato l'inserimento nel testo di affermazioni di principio sull'eccezionalità della misura e sull'applicabilità delle ordinarie regole del diritto internazionale del mare.

Di fatto gli abbordaggi non sono autorizzati nei confronti di qualsiasi mercantile sospetto - com'è nella prassi degli embarghi navali - ma solo di quelli compresi in una black list del Comitato sanzioni Onu stabilito dalla Risoluzione 1970 (2011).

Inoltre è previsto che il paese di bandiera dia il consenso all'abbordaggio; questo è comunque obbligato, a prescindere dall'intervento di altri paesi, ad impedire che la propria nave porti a termine il trasporto illecito esercitando così la prevista giurisdizione.

Il nuovo embargo presenta quindi un'inedita forma ibrida essendo selettivo quanto alle navi da fermare e consensuale quanto al ricorso ai poteri coercitivi. Notevolmente ridotti sono perciò i poteri attribuiti ai paesi terzi.

Tripoli non cede sovranità 
La Risoluzione 2146 non cita la Cirenaica ma fa riferimento al divieto di esportazioni illegali del petrolio i cui giacimenti (in gran parte localizzati nella regione orientale) sono considerati fondamentali per garantire l'indipendenza e l'unità del paese. Nessuna soggettività internazionale viene riconosciuta ai sedicenti gruppi insurrezionali i cui aderenti sono ritenuti semplici criminali alla stregua delle leggi libiche.

Questo spiega come sia stata necessaria la richiesta della Libia per giustificare l'interferenza della comunità internazionale su una questione che altrimenti sarebbe solo interna.

Altro sarebbe stato lo scenario se Tripoli avesse stabilito il blocco navale delle coste cirenaiche controllandone il rispetto con i propri mezzi, ma una simile misura postula la sussistenza di un conflitto internazionale come quello condotto da Israele nei confronti delle milizie di Gaza.

Tripoli mantiene invece il controllo delle proprie acque territoriali: il che è rilevante qualora mercanti tentino di aggirare l'embargo in alto mare navigando sottocosta verso est. Se un altro stato ne consentisse l'ingresso in un proprio porto, contravverrebbe però alle disposizioni del Cds.

La stabilizzazione della Libia la cui crisi interna è una minaccia alla pace è l'oggetto principale della nuova Risoluzione che va letta assieme alla 2144 (2014). Con quest'altra Risoluzione il Cds ha infatti prorogato il mandato della United Nation Support Mission in Libya (Unsmil) volta a garantire riconciliazione nazionale, stato di diritto e rispetto dei diritti umani.

L'Italia, tradizionale interlocutore privilegiato della Libia anche sul piano energetico e commerciale, è attivamente impegnata nel sostegno a Tripoli e quindi non può che considerare con favore l'intervento del Cds. Analoga è di certo la valutazione degli Stati Uniti che, come dimostrato con la Morning Glory, appoggiano con decisione il governo legittimo.

Ora c'è da aspettarsi che i paesi rivieraschi del Mediterraneo - e magari i membri Ue - prendendo spunto dalle misure navali adottate dal Cds diano finalmente vita ad una credibile cooperazione per la sorveglianza marittima contro i traffici illeciti.

Fabio Caffio è Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto in diritto internazionale marittimo.
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