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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

lunedì 27 ottobre 2014

Tunisia: le elezioni per un futuro stabile

Medio Oriente
La Tunisia al voto tra polarizzazione e consenso 
Pietro Longo
21/10/2014
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La Tunisia si appresta ad andare al voto per la seconda volta dalla “rivoluzione dei gelsomini”. Il 26 ottobre - già il 24 i tunisini residenti all’estero - i cittadini voteranno per rinnovare i 217 deputati che siederanno nel Parlamento.

Quello di domenica sarà solo il primo appuntamento elettorale dei prossimi mesi. Il 23 novembre si terranno, infatti, le presidenziali, considerate l’ultimo atto della transizione.

I sondaggi hanno registrato un testa a testa tra i due partiti maggioritari: Nida Tunis che rappresenta il polo “modernista” e Ennahda che invece dà voce alle istanze “islamiste”. La polarizzazione è attutita dalla presenza di altri partiti come il Fronte popolare, il Partito repubblicano e il partito “l’Iniziativa”.

Il Congresso per la repubblica e Ettakatol, che insieme a Ennahda avevano formato la troika di governo, sembrano destinati a raccogliere pochi consensi.

A causa della scarsa performance che la troika ha dimostrato nei due anni di governo, anche gli islamisti hanno perso terreno. Ennahda è però riuscita a conservare una certa base elettorale grazie al radicamento sociale di cui gode.

Ennahda punta sui sukuk 
Come per le elezioni dell’ottobre 2011, Ennahda ha messo in moto un’imponente campagna elettorale caratterizzata da comizi in tutte le province, comprese le sedi estere.

In occasione dell’inaugurazione tenutasi a Tunisi con il lancio dello slogan “amare la Tunisia non solo a parole”, è stato presentato il programma economico e sociale che il partito intende intraprendere nei prossimi cinque anni.

Sul versante economico, gli islamisti promettono il rilancio dell’occupazione, la lotta all’inflazione e lo stimolo degli investimenti esteri. Il loro asso nella manica è però rappresentato dall’introduzione di strumenti finanziari islamici, come i sukuk, attraverso i quali al-Ennahda intende fare della Tunisia l’hub finanziario del Mediterraneo.

Ghannushi coltiva la politica del consenso
Alla “giustizia sociale” è subentrata la parola “sviluppo”, fatto comprensibile se si considera che Ennahda ha già fallito una volta la missione di risollevare le sorti economiche del paese. Pertanto Rashid al-Ghannushi, pragmatico leader di Ennahda, ha fatto appello alla necessità di continuare con la politica del consenso che ha caratterizzato la fase di redazione della Costituzione.

Secondo al-Ghannushi, il futuro esecutivo tunisino non dovrà essere monocolore, ma dovrà raggruppare i partiti che hanno raccolto il maggior numero di consensi.

Allo stesso modo il Presidente della Repubblica dovrà essere una personalità sopra le parti e non un alfiere sbilanciato verso uno dei partiti. Ennahda ha peraltro annunciato che non presenterà candidati alla presidenza.

A sostegno dell’esigenza di questa ripartizione degli oneri, la dirigenza di Ennahda ha precisato che la fase dello scontro ideologico è terminata con l’adozione della Costituzione e pertanto si prospetta adesso la possibilità di collaborazione con tutti i partiti che entreranno in Parlamento compreso Nida Tunis.

Nel corso di un’intervista rilasciata nella località di Sfax, dove Ennahda avrebbe mobiliato 15 mila sostenitori, al-Ghannushi ha precisato che la collaborazione con Nida è possibile in virtù del fatto che il modernismo non è esclusiva di questo partito come l’Islam non lo è per Ennahda.

Nida Tunis e i nostalgici di Bourghiba
La vittoria di Ennahda alle parlamentari spianerebbe la strada alla vittoria di Beji Caid Essebsi alle presidenziali. Costui, dopo iniziali aperture, ha dichiarato senza mezzi termini di riconoscere agli islamisti il diritto di avere un partito e concorrere alle elezioni, ma esclude ogni possibile collaborazione.

Nida riscuote un certo successo tra la generazione di nostalgici dell’era bourghibista e in quella parte della società tunisina gelosa della tradizione laica del paese. La scelta di organizzare una convention a Qayrawan, città santa dell’Islam, ha assunto un valore simbolico di sfida, corroborato dalla presenza massiccia di partecipanti.

Tuttavia, la campagna elettorale di questo partito è stata, nel complesso, più modesta rispetto a quella di Ennahda che, grazie alla componente giovanile, ha condotto un’opera di informazione “porta a porta”.

Inoltre Nida già in agosto ha abbandonato l’idea di concorrere alle elezioni insieme all’Unione per la Tunisia, fatto che ha creato tensione tra Essebsi e Taib Baccouche, i due leader principali del movimento.

Il destino di Nida sembra essere legato all’esito delle prossime elezioni. Se ottenesse un discreto successo alle legislative, potrebbe creare un fronte di opposizione a un eventuale governo a guida islamista.

Tuttavia se Essebsi fosse eletto alla presidenza, il partito potrebbe andare incontro allo sfaldamento, dimostrando che soltanto l’abilità di quest’anziano veterano della politica riusciva a tenere unite frange dissimili dell’arena tunisina.

Pietro Longo è postdoctoral research fellow in Diritto musulmano e dei Paesi islamici all’Università di Napoli l’Orientale.
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mercoledì 15 ottobre 2014

Egitto: tutto serve per avere il paese stabile

Medio Oriente
La legge che spiana la strada ai gattopardi egiziani
Azzurra Meringolo
20/09/2014
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Almeno la metà dei seggi parlamentari. Secondo le previsioni dell’analista egiziano Wahid Abdel Meguid, questo sarà il risultato che incasseranno i politici fedeli all’ex raìs Hosni Mubarak che sono pronti a candidarsi alle prossime parlamentari.

Anche se la sede bruciata del Partito Nazional Democratico (Pnd) del vecchio dittatore è la prova visibile della sua dissoluzione, sono mesi che nei corridoi politici egiziani si annusa odore di vecchio.

La rincarnazione del partito apparato 
Le elezioni dovrebbero tenersi entro l’anno, ma già dopo la scontata vittoria dell’ex general Abdel Fattah Al-Sisi alle presidenziali, i rappresentanti delle diverse fazioni politiche hanno cominciato a muoversi per accaparrarsi un posto.

In testa a tutti ci sono gli ex-membri del Pnd, rimasugli del vecchio regime che hanno un grandissimo seguito a livello locale. In molti casi gestiscono diverse attività nel ramo sociale o industriale. Data la loro capillare influenza, non avranno difficoltà a ottenere l'appoggio popolare del quale hanno bisogno per la candidatura.

Attraverso una serie di stratagemmi - presentandosi per esempio come candidati di nuovi partiti o spingendo avanti membri meno noti delle loro famiglie non direttamente coinvolti negli scandali del passato - alcuni sono riusciti a candidarsi anche nelle prime parlamentari dopo la caduta di Mubarak.

Mentre i fedeli all’ex raìs sopravvissuti alla rivoluzione del 2011 stanno cercando di riorganizzarsi - magari creando un partito apparato in grado di giocare di sponda con il “nuovo” regime - una sentenza pronunciata a luglio ha annullato la legge promulgata lo scorso maggio che impediva, almeno ufficialmente, ai leader del Pnd di correre alle elezioni.

Nuova legge elettorale
A spianare la strada ai gattopardi del vecchio regime sarà ora la nuova legge elettorale che garantisce l'80% dei posti a candidati indipendenti, dando maggior chance di vittoria a chi è in grado di finanziarsi la campagna con le proprie tasche.

Da quando, nel giugno 2012, la Corte suprema ha dichiarato incostituzionale la vecchia legge - provocando la dissoluzione della camera bassa del Parlamento - la Shura, camera alta, ha prodotto tre bozze di legge che non sono andate a buon fine.

A sbloccare l’impasse è stato l’ex presidente ad interim Adly Al-Mansour - l’uomo ai quali i militari hanno affidato la guida del paese prima che le ultime votazioni lo traghettassero nelle mani di Sisi - che ha usato l’arma del decreto per emanare la legge.

Il punto più controverso del nuovo regolamento elettorale è quello relativo alla distribuzione dei seggi che passano a 567: 59 in più rispetto al Parlamento eletto nel 2011. Di questi: 120 saranno assegnati in base alle liste e 27 verranno scelti dal presidente della repubblica. I candidati indipendenti si spartiranno i rimanenti 420 seggi.

Ad opporsi a questa legge sono stati in primis i partiti nati dopo la rivoluzione che temono di essere messi ai margini da una legge che favorendo i candidati con più disponibilità economiche e influenza anche a livello tribale, svantaggia i partiti.

Verso un parlamento acquiescente
Questo meccanismo rischia di rallentare la transizione verso un sistema partitico pluralista, passaggio essenziale per un paese che vuole transitare dall’autoritarismo alla democrazia. Riducendo la possibilità dei piccoli partiti di farsi sentire, questa legge ridurrà l’influenza dell’opposizione e delle minoranze che questi cercano di rappresentare.

Inoltre, osservando la politica sul campo, non solo è difficile pensare che le prossime elezioni saranno competitive, ma è anche complesso immaginare che saranno accessibili a tutti coloro che vorranno partecipare alla sfida elettorale.

Il grande assente sarà, ancora una volta, la Fratellanza Musulmana, il movimento islamista che vinse le parlamentari del 2011, ma che nel luglio 2013 è stato costretto dai militari alla clandestinità. A rigor di cronaca, ricordiamo che secondo l’interpretazione attualmente dominante in Egitto, la Fratellanza non è vittima di un colpo di stato, ma si è autoesclusa dal gioco politico a causa delle sue pratiche violente.

Tutti questi fattori non fanno che aumentare le possibilità di successo dei candidati tradizionali di un regime che pur avendo perso la sua testa è ancora radicato nel paese.

Il sistema elettorale attraverso il quale dovrebbe essere eletto il prossimo Parlamento aiuterà a spostare l'equilibrio politico ancora di più verso il presidente. Il rischio è che in un contesto costituzionale e politico già fortemente inclinato verso il ramo esecutivo, piuttosto che fare da contrappeso ai poteri presidenziali, il legislativo si limiti a timbrare, avvallando, le decisione del raìs.

Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.
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