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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

mercoledì 28 febbraio 2024

La Russia in Africa - Può con la guerra di logoramento in Ucraina e la rivolta dei Wagner continuare la sua politica?


Fonte LIMES, Rivista Italiana di geopolitica, 3/2023

La Federazione Russa ha intrapreso una penetrazione in Africa volta a ristabilire il ruolo di potenza globale  dopo il crollo della Unione Sovietica in Africa. Questa penetrazione nel Continente Nero non è stata contrastata da nessuno e fino al 2022 non era un problema per il mondo occidentale.

 Con l’Invasione della Ucraina l’Europa e gli Stati Uniti si sono accorti che la Federazione non è più quel patner  innocuo, anzi utile ai propri commerci, ma un competitor per non dire un vero e proprio nemico. Quindi  sono emerse diverse interpretazioni da quelle correnti sulla Russia. Una di queste è proprio l’Africa. Il primo dato della Carta (Fonte Limes, Rivista Italiana di Geopolitica) mostra quali paesi hanno espresso un voto di condanna alla invasione dell’Ucraina del febbraio 2022: in grigio quelli che lo hanno espresso, ma la sopresa è stata quelli che si sono astenuti (in arancione) per arrivare ad un contrario, ovvero alla approvazione della invasione, L’Eritrea. Un successo strategico per Mosca.

Attraverso le milizie “Wagner” ed altri gruppi  Libia, Mali, Repubblica Centroafricana Repubblica Democratica del Congo, Sierra Leone, Guinea, Sudan, Magadascar, Zimbawe, Angola Mozambico sono controllate da Mosca o nell’orbita politica russa. La Russia vende ai paesi africani quasi il 38 % del totale delle Armi vendute in Africa. Attraverso questo canale Nigeria, Camerum, Sud Suda, Algeria ed Etiopia sono legate a Mosca.

In pratica Mosca controlla oltre al metà dei paesi africani. Se aggiungiamo che sembra probabile che Porto Sudan ospiti infrastrutture militari russe, si può già dire che Mosca finalmente è riuscita a mettere le mani sui traffici che passano per Suez, ma la estromissione della Francia ed il suo ritiro stanno dimostrando il contrario.

 

Dopo la ribellione del Gruppo Wagner, giugno 2023, rimane il dilemma che venendo meno questo strumento il potere di controllo di Mosca sia diminuito.

Permanendo la guerra di logoramento in Ucraina, le sanzioni in atto, il confronto con la Cina, la Russia rimane il quesito se Mosca riuscirà nel breve periodo a sostenere le sue politiche in Africa, accollando tutti i pesi di Stati che sono praticamente sull’orlo del fallimento e del collasso, a cui potrebbe non essere sufficiente il drenaggio delle loro materie prime strategiche.

 

lunedì 19 febbraio 2024

Erros La Rocca Foreingn Fighter

 


 

I Foreign Fighter sono combattenti transnazionali appartenenti politicamente a Nazioni terze, che partecipano ad un conflitto armato in atto in territorio diverso dal proprio, e che si uniscono a insorti appartenenti a quest’ultimo Stato durante un conflitto civile, confluendo e operando entro i margini di un insorgenza[1], provocata da un vasto e profondo vuoto sociale, avendo legami con le fazioni in lotta, però senza un affiliazione diretta ad un organizzazione militare e senza ricevere una remunerazione.

I primi a parlare dei foreign fighters in ambito internazionale sono stati i membri dello ICCT[2] nel settembre del 2012 mostrando come il numero dei combattenti subisse un incremento nel conflitto siriano, e come questo fenomeno apportava un processo di radicalizzazione più veloce sui combattenti locali anti-governativi.

Nel giro di un anno, nel febbraio del 2013, l’ICSR[3] completa uno studio[4] nel quale sottolinea che il fenomeno si stava estendendo a sempre più paesi occidentali, e sarebbe continuato a crescere, diventando in futuro una grave problematica che avrebbe colpito gli stessi paesi dai quali provenivano i combattenti.

Il Segretario di Stato Britannico per gli Esteri e per gli Affari del Commonwealth, William Hague, evidenziava il pericolo potenziale di quello che stava accadendo, poiché riteneva che questi individui addestrati in Siria, avrebbero tentato, una volta terminato il conflitto medio-orientale, la condotta di attacchi su obiettivi di interesse occidentale in medio-oriente, o negli stessi Stati d’origine.

Nel dicembre del 2013 l’ICSR pubblica un secondo studio[5] nel quale era riportato che il numero dei “FF” aveva raggiunto le 11.000 unità, confermando la provenienza dai paesi Occidentali.

Nel giugno 2014 un rapporto[6] del “Soufan Group[7] aveva rivelato che altri 12.000 combattenti avevano raggiunto la Siria, e che 3.000 di questi in seguito avevano fatto ritorno nei paesi occidentali.

La cosa più allarmante è che, una volta tornati dal conflitto, questi combattenti avrebbero tentato di unirsi a gruppi che ostentavano una propensione alla violenza e all’estremismo.

Capire da che parte del mondo provengano i diversi combattenti stranieri è un compito ostico a causa della tendenza di questi ad offuscare la loro vera identità a causa della natura clandestina della loro attività, e diventa cosi problematico capire le provenienze e lo studio di questo fenomeno. Sono musulmani o neo convertiti, con cultura diversitficata e con legami di vario genere con la regione geografica in conflitto.

Un rapporto iniziale[8] del giungo del 2014 stimava il numero dei “FF” presenti in Siria e unitisi dal 2011 a ISIL, Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham[9], approssimativamente di 12.000 unità, provenienti da 81 paesi; la stessa fonte stimava a fine del 2015 che questi passavano a 30.000 da 86 paesi, fino a raggiungere il 2016 con 42.000 reclutati, palesando che questo fenomeno non è solo numerico ma anche di natura globale, toccando numeri mai raggiunti da nessun altro conflitto dalla guerra afghana degli anni ’80. La maggior parte di questi sono mediorientali e circa 4.000 europei.

In Russia il fenomeno ha avuto una crescita esponenziale passando da 800 nel 2014, a 3.400 nel settembre 2016; la maggior parte provenienti dalla Cecenia e dal Daghestan; sarebbero 5.300 quelli proveniente dalle ex repubbliche sovietiche.

Tra il Nord-Africa e il Medio-Oriente i numeri aumentano vertiginosamente, si parla di 14.000 combattenti, di cui il maggior contribuito è fornito dalla Tunisia con 4.000, e segue l’Arabia Saudita con 3.200, Giordania 3.000, Marocco 1.500, Libano 900, Libia 600, Egitto 600, Algeria 200.

Anche la Turchia ha contribuito con 2.100 combattenti, di cui molti sono tornati nella madrepatria, e 500 di questi sono stati già arrestati per la loro adesione a ISIL, e 100 per aver combattuto con Jabhat al-Nusra.

Il Sud-Est asiatico non è immune da questo fenomeno, e in accordo con le fonti ufficiali Indonesiane si passerebbe dai 45 combattenti nel 2014 a 700 nel 2015.

Usa e Canada rimarrebbero stabili dal 2014, e secondo fonti dell’FBI sono 150 gli americani che hanno viaggiato fino in Siria, mentre 100 sarebbero stati arrestati nel tentativo, mentre sarebbero 130 i canadesi che avrebbero intrapreso lo stesso viaggio.

Da ricerche effettuate[10] il numero di “FF” proveniente dall’Europa si aggira nel 2015 intorno ai 4.000 soggetti, e di questi 3.000 sono provenienti da soli quattro paesi: Gran Bretagna, Germania, Francia e Belgio. Proprio quest’ultimo paese è un caso anomalo poichè colpito da diversi attentati e quello con un più alto numero di “FF” in rapporto alla popolazione, cioè 41 per milione di abitanti.

Il paese europeo con il più alto numeri di combattenti è con 1000 individui la Francia, di cui 246 ritornati nel paese; dalla Germania 800 di cui 250 tornati; dal Regno Unito 800 e più della metà è rientrata; dal Belgio 450 di cui 100 sono rientrati.

Dall’Austria 300 persone; 300 dalla Svezia; dall’Olanda 220 con 40 ritorni; 204 persone dalla Spagna con 25 rientri; 125 dalla Danimarca, di cui fanno parte anche diversi di origine danesi convertitisi all’Islam; dall’Italia 125 foreign fighters; 70 dalla Finlandia; 30 rispettivamente dall’Irlanda e Polonia; 10 dal Portogallo; 6 rispettivamente dal Lussemburgo e Slovacchia; 5 dalla Bulgaria; 3 dalla Slovenia; 2 dall’Estonia; Lettonia e Croazia 1 persona.

Dei 4.000 foreign fighter europei il 14% sono deceduti in combattimento, il 23% è costituito da neo-convertiti all’Islam, di cui molti inoltre hanno subito una radicalizzazione estremamente rapida, e il 17% sono donne.

Secondo l’Europol i potenziali terroristi rientrati nel 2016 negli Stati adottivi sono da considerarsi una minaccia alla sicurezza e sono il 30%, cioè circa 1.200[11].

Un dato che spicca è che molti di questi provengono dai medesimi quartieri urbani europei, suggerendo cosi che i flussi dei combattenti siano gestiti da network locali pre-esistenti, composti principalmente da cerchie di amici o famigliari, conoscenti radicalizzati che vivono in contesti condivisi.

Un fattore che risalta è che la maggior parte dei provenienti dall’Europa non hanno una base militare pregressa; questi infatti una volta arrivati in Siria vengono sottoposti ad una fase addestrativa della durata di 45 giorni, a differenza dei combattenti provenienti dai paesi arabi, dal Caucaso e dall’Asia che già arriverebbero in possesso di una preparazione di base. Ad alcuni occidentali sarebbe stato impedito di partecipare ai combattimenti esattamente per la loro scarsa preparazione militare, venendo reimpiegati in incarichi di supporto e logistica.

Al fine di integrare queste informazioni bisogna evidenziare il fatto che hanno partecipato al conflitto dei veterani reduci dell’Afghanistan, Pakistan, Iraq, Somalia, Cecenia, Bosnia, Libia e Irlanda, contribuendo fattivamente all’innalzamento dello standard operativo generale.



[1] Combattimento armato entro i confini di un’entità sovrana riconosciuta tra parti soggette a comune autorità all’inizio delle ostilità

[2] International Center for Counter-Terrorism – The Hague. The Foreign Fighters Phenomenon in the European Union

[3] International Centre for the Studi of Radicalization and Political Violence

[4] #Greenbirds: Measuring Importance and Infuence in Syrian Foreign Fighter Networks

[5] Up to 11.000 foreign fighters in Syria; steep rise among Western Europeans-  17th December 2013

[6] Beyond The Caliphate: Foreign Fighters and the Threat of Returnees

[7] Gruppo che fornisce servizi a organizzazioni governative e multinazionali relative a sicurezza strategica e intelligence

[8] Foreign Fighters in Syria -  Richard Barrett,Senior Vice President of The Soufan Group. June 2014

[9] Gruppi armati jihadisti salafiti attivi dal 2012, nel contesto della guerra civile siriana

[10] Centro Studi Internazionali: Identikit Dei Foreign Fighters Europei, 22 Marzo 2017 - Luca Bregantini

[11] Dati forniti dall’ International Center for Counter-Terrorism dell’Aja

 

sabato 10 febbraio 2024

Carta dei Movimenti Islamici nell'Africa Settentrionale

Fonte LIMES Rivista Italiana di Geopolitica 2023