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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

lunedì 20 aprile 2009


Il volume qui indicato rappresenta uno strumento utile, sotto il profilo della metodologia, anch per ricerche e lavori di Geopolitica, sopratutto per l'utilizzo eventuale degli Schemi indicati ( sopratutto per quanto attiene alla stesura di una tesi di laurea o di dottorato).
In particolare poi è utile il capicolo dedicato alla Tecnica procedurale.
Il volume è anche propedeutico al
Manuale Atlante Geostrategico
di M Coltrinari e M Marconi, Roma, Edizione Nuova Cultura la cui uscita è programmata per il settembre 2009


LA RICOSTRUZIONE E LO STUDIO DI UN AVVENIMENTO
MILITARE
COLTRINARI M. - COLTRINARI L.
ISBN 978886134267
pagg. 292 - 2009 - € 18,50
f.to 17X24
Collana Storia in Laboratorio
Il volume si prefigge di fornire, a studenti e ricercatori, prendendo le mosse dai dettami e
finalità del Progetto "Storia in laboratorio" promosso dalla Associazione Combattenti
della Guerra di Liberazione volto a divulgare e far conoscere la Storia alle nuove
generazioni, uno strumento utile al fine di ricostruire e studiare, il più correttamente
possibile, un evento storico-militare (del passato) proponendo un metodo di analisi
consequenziale.Prendendo a riferimento il fenomeno "guerra", il volume propone
schemi attagliati, anche in combinazione tra loro, alla guerra classica, alla guerra
rivoluzionaria e/o sovversiva, con le più varie accezioni, ed alle recenti peace support
operations, ove, in questo caso, i soggetti protagonisti da due passano a tre (parti in
conflitto/ forze di interposizione o "di pace").Sono "note",suggerimenti che ognuno
dei destinatari può, anzi deve, interpretare secondo la sua creatività, nella più ampia
accezione della libertà di pensiero, rispettando solo i criteri di scientificità e di coerenza,
al solo fine della conoscenza, la più ampia, onesta e completa possibile.
Un volume che vuole essere uno strumento, più da consultare che da leggere.

EDIZIONI NUOVA CULTURA - P.le Aldo Moro 5 00185 ROMA - Per info visitare il sito: www.nuovacultura.it
Per ordinare il testo invia una e-mail all'indirizzo: ordini@nuovacultura.it
Direttamente: contattare Gennaio Guerriero 0697613088 339 7010065
Per gli studenti della “Sapienza” : disponibile ai Chioschi Gialli

lunedì 12 gennaio 2009

Macro Regione Africa del Sud

Articolazione
Botsawana, Lesotho, Namidia, Sud Africa, Swaziland
Paese
Area (migliaia kmq)
Popolazione ( in milione)

Botsawana
600370
1815508
Lesotho
30355
2125262
Namidia
825418
205580
Sud Africa
1219912
43997828
Swaziland
17363
1133066

Analisi dei fattori di squilibrio della macro area

1) CONFLITTI - I paesi dell’area hanno lottato per la loro indipendenza ottenuta nel periodo dellla decolonizzazione. In seguito i paesi minori dell’area hanno cercati affrancarsi dal controllo del paese più forte dell’area, cioè il Sudafrica. I rapporti comunque sono sufficientemente buoni e le economie dei paesi minori sono fortemente legati all’economia sudafricana
2) PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO - Al confine della macroarea il conflitto più problematico è stato quello dell’Angola, paese che prima ha lottato per l’indipendenza dal Portogallo e una volta ottenuta l’indipendenza è stato interessato da una violenta guerra civile.
3) RIFUGIATI - Dalla repubblica Democratica del Congo, Somalia, Angola, Burundi.
4) DISOCCUPAZIONE - Ad eccezione del Sudafrica, negli altri paesi dell’area, sebbene il reddito pro-capite sia più alto di quello dei paesi più poveri dell'Africa, la maggioranza della popolazione vive in povertà causa della forte disoccupazione, la grande disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, e la grande quantità di capitali che vengono investiti all'estero
5) SFRUTTAMENTO PETROLIO/ORO/DIAMANTI - Nonostante i gravi problemi sociali ereditati dall'apartheid, l'economia del Sudafrica è la più sviluppata del continente africano. Da sola produce oltre un quarto del reddito continentale, grazie soprattutto alle risorse minerarie (oro, diamanti, ferro, cromo, carbone) e alle industrie. Gli altri paesi sono altrettanto ricchi di diamanti e materie prime.
6) AREA GEOGRAFICA - Il territorio sudafricano è in gran parte formato da altopiani ed è caratterizzato da una grande ricchezza idrografica, con la presenza di uno dei delta più grandi del mondo.
7) AREA FORESTALE - Scarsa presenza di foreste, fattore non rilevante
8) FAZIONI ETNICHE RELIGIOSE - La maggior parte della popolazione dell’area è di religione cristiana, con una discreta minoranza di animisti. Sostanzialmente non ci sono problemi rispetto alla convivenza di diverse professioni di fede.
9) Per quanto riguarda la suddivisione razziale, dalla fine del regime di apartheid la situazione è andata costantemente migliorando.
10)MOVIMENTO INTERNO STRATI POPOLAZIONE - Importanti spostamenti interni di popolazione verso il Sudafrica.
11) REGIME POLITICO - Si può sostanzialmente affermare che nella macro – area ci sia una importante diffusione della democrazia, trainata ovviamente dall’esempio sudafricano.
12) NUOVI STATI FORMAZIONE INSTABILE - Dall'indipendenza, molti stati africani hanno conosciuto forti instabilità, spesso sfociate in violente lotte per il potere e guerre civili, sia all'interno di ciascuno Stato, sia tra Stati confinanti. Parte di questi problemi possono essere considerati come eredità del periodo coloniale, con il suo lascito di governi e confini nazionali non rappresentativi delle realtà locali. I confini coloniali, infatti, hanno spesso separato artificialmente popolazioni omogenee o, peggio, hanno costretto alla coabitazione etnie tradizionalmente rivali.
13)CORRUZIONE - Problema gravissimo che gli stati dell’area hanno cercato di risolvere con importanti campagne anti corruzione che stanno producendo risultati migliori di quelli previsti.
14) PNL PROCAPITE - La forte economia sudafricana produce un PNL pro capite abbastanza alto, ma nei paesi minori dell’area tale dato è piuttosto basso, vivendo la maggior parte della popolazione in condizioni di povertà
15) CRESCITA ECONOMICA - È trainata dagli alti tassi di sviluppo economico del Sudafrica, le economie dei paesi minori dell’area sono fortemente legate a quella sudafricana
16) FORZA LAVORO IN AGRICOLTURA - Essendo l’agricoltura la maggiore risorsa di sostentamento una gran parte della popolazione dell’area è impiegata in questo ambito
17) AIUTO ESTERO - Molto forte da parte non solo dei paesi europei,ma anche da parte di paesi asiatici e sud americani (India e Brasile)
18) HIV/AIDS - L’AIDS è diffusissimo qui, come in altre nazioni africane e causa una speranza di vita più bassa, una più alta mortalità infantile e non, popolazione più bassa e tassi di accrescimento e cambiamenti nella ripartizione demografica dall'età e dal sesso diversi rispetto al previsto. L’alta diffusione del virus comporta un consistente aumento delle spese per la sanità.
19) SPESA MILITARE - In parte, i deficit di bilancio possono essere spiegati con un livello relativamente alto di spese militari, pur di fronte ad una bassa probabilità di conflitti internazionali. I Sudafrica invia le sue truppe in operazioni multilaterali e di assistenza umanitaria.
20) DISASTRI NATURALI - Frequenti siccità
21) INDICE SVILUPPO UMANO - Ad eccezione del Sudafrica, l'Indice di Sviluppo Umano è in fase di crollo: aspettativa di vita mediocre, durata della vita in continua diminuzione, abbattuta dal disastroso impatto dell'AIDS
22) POPOLAZIONE - La maggior parte della popolazione ha la pelle scura. In Sudafrica vi è una piccola, ma significativa, presenza di gruppi bianchi ed asiatici.
23) CRESCITA DEMOGRAFICA - importante aumento, della popolazione, ad eccezione di alcuni paesi, come il Botswana in cui il tasso di crescita è pari allo 0%, a causa dell’elevato tasso di mortalità infantile e non.
Organizzazioni internazionali presenti nella macro area

L'Africa del Sud è la porzione meridionale del continente africano. In base alla ripartizione del mondo effettuata dalle Nazioni Unite, l'Africa meridionale è una delle macroregioni in cui è divisa l'Africa. Essa include 5 Stati: Botswana, Lesotho, Namibia, Sudafrica e Swaziland. Geograficamente possono essere compresi nella definizione di Africa del Sud anche: Angola, inclusa nell'Africa Centrale; Madagascar, Mozambico, Malawi, Zambia e Zimbabwe, inclusi nell'Africa Orientale; Comore, Mauritius e Seychelles, piccoli stati-isola dell'Oceano Indiano inclusi nell'Africa Orientale; Mayotte e Réunion, dipartimenti francesi d'oltremare nell'Oceano Indiano. Tutti i Paesi sopra elencati ad eccezione di Comore, Seychelles e dei dipartimenti francesi d'oltremare formano con Tanzania e Repubblica Democratica del Congo la Southern African Development Community (SADC), un'organizzazione con lo scopo di promuovere la cooperazione e lo sviluppo economico della regione.

UE – AFRICA DEL SUD
Il partenariato Europa-Africa è stato consolidato nel 2007 grazie ai contributi volontari degli Stati membri al Fondo per la pace in Africa nel quadro della missione dell’Unione africana in Sudan/Darfur e della missione dell’Unione africana in Somalia. Nel 2007 la PESD ha intensificato il suo intervento in Africa sotto il profilo civile e militare. In ottobre, la principale operazione ha riguardato il Ciad orientale, la regione nord-orientale della Repubblica centrafricana e le regioni adiacenti il Darfur e non più, come in passato, la Repubblica democratica del Congo. Inoltre, una parte considerevole delle azioni decise o programmate nel quadro dello strumento per la stabilità riguarda queste regioni ed altre aree di crisi in Africa.
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ONU – AFRICA DEL SUD
Numerose sono le agenzie delle Nazioni Unite che operano in Africa del Sud, in particolar modo quelle per la tutela dei diritti umani, la pace e lo sviluppo.
L’OFFICE OF THE SPECIAL ADVISOR ON AFRICA (OSAA) promuove il sostegno internazionale per la pace e lo sviluppo in Africa.
Nel settembre del 2002 l’Assemblea Generale ha adottato all’unanimità la Declaration on the new partnership for Africa’s development (NEPAD), una cornice per il sostegno da parte della comunità internazionale per lo sviluppo africano
Il blog è aggiornato da Massimo Coltrinari. Informazioni ricerca23@libero.it

Macro Regione Africa Centrale

Articolazione
Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centroafricana, Guinea Equatoriale, Chad, Gabon, Congo (Brazzaville), Camerum, Sao Tomè – Principe, Angola

Paese
Area ( in migliaia kmq)
Popolazione ( in milioni)

Repubblica Democratica del Congo
2345000
55220000
Repubblica Centroafricana
623000
3683000
Guinea Equatoriale
28051
523000
Chad
1284000
9826000
Gabon
267667
1424000
Congo (Brazzaville)
342000
2954000
Camerum
475440
15746000
Sao Tomè – Principe
1001
165034
Angola
1246700
12127000

Analsi dei fattori di squilibrio della macro regione
1) SICUREZZA - L’Africa Centrale è una macroarea di grande instabilità dovuta ai molteplici e multiformi conflitti, in una zona considerata tra le più critiche al mondo. Malgrado si tratti dell’area più ricca di risorse naturali, l’Africa Centrale è caratterizzata da fattori di instabilità che sono una diretta conseguenza di contenziosi riguardanti i confini, le etnie, l’imperialismo sub regionale legato a profitti economici e politici.
2) GOVERNO - Il fallimento dello Stato e/o l’assenza di governante politica ed economica, non permettono di prevenire o fronteggiare queste sfide. Il principio di interlocking institutions, nell’ambito di un comprehensive approach, potrebbe essere la chiave di svolta per questa microarea. L’impiego, sia da parte dell’Unione Europea che delle Nazioni Unite, in missioni di peacekeeping e/o peacebuilding operations in questa determinata area costituisce una fonte di speranza per coloro che vi risiedono.
3) DISOCCUPAZIONE - l’Africa sub-sahariana registra il secondo tasso più alto al mondo. La regione, tra l’altro, “vanta” anche il più alto tasso di povertà al mondo.
4) CORRUZIONE - la corruzione è un altro poderoso fattore di intralcio alla crescita economica, alla stabilità e allo sviluppo. Basti pensare ad esempio agli ex presidenti di paesi come il Congo o la Repubblica Centrafricana, i quali hanno letteralmente depredato le casse dello Stato di migliaia di milioni di euro. Chi ne paga le conseguenze sono gli inermi cittadini che hanno bisogno ed attendono servizi scolastici, medici e giudiziari, servizi mai pervenuti. Infine bisogna ricordare che forti legami intercorrono tra corruzione e sfruttamento delle risorse naturali.
5) AIUTO ESTERO - I partners tradizionali sono i paesi dell’UE e gli USA, anche se attualmente sta crescendo sempre di più la collaborazione economica con l’Asia (Cina, Giappone, India).
6) HIV/AIDS - come si evince dai tassi dei singoli paesi, quest’area dell’Africa registra il più alto tasso di AIDS al mondo.
7) SPESA MILITARE - esiste un rilevante legame tra spesa militare e sfruttamento delle risorse, con una forte componente di corruzione. Nei paesi colpiti da conflitti armati, la mafia internazionale promuove il contrabbando di petrolio, diamanti e metalli preziosi, approfittando di sistemi normativi e giudiziari inadeguati e/o corrotti. Frequente è lo scambio petrolio/armi, armi soprattutto di fabbricazione europea, russa o ucraina, che in seguito vengono utilizzate in un conflitto per poi essere ri-esportate in un altro scenario di guerra.
8) DISASTRI NATURALI - Si tratta di disastri dovuti principalmente al fenomeno della guerra, causando così fame e malattie. Importante sottolineare la difficilissima reperibilità di acqua potabile, inondazioni e desertificazione.
9) SVILUPPO UMANO - si tratta del tasso più basso al mondo.
10) CRESCITA DEMOGRAFICA - in questa area è molto elevata, con il conseguente sfruttamento di bambini.
La parametrazione per questa macroregione è presentata per Paese
Repubblica democratica del Congo.
· Fattore storico: conflitti
1997-2002: guerriglieri Tutsi del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (Rcd), appoggiati dal Ruanda, e del Movimento di Liberazione del Congo (Mlc), sostenuto dall'Uganda, contro il governo di Laurent Kabila (dal 2001 di suo figlio Joseph), appoggiato dagli eserciti di Angola, Namibia e Zimbabwe, nonché da varie milizie filo-governative (Mayi-Mayi e Hutu Interahamwe).
1999-2003: scontri tra le fazioni rivali in cui si è diviso nel 1999 l'RCD, ovvero l'RCD-Goma (sostenuto dal Ruanda) e l'RCD-Kisangani ("ammutinati" sostenuti dall'Uganda)1999-2005: milizie degli Hema dell’Unione dei Patrioti Congolesi (Upc) contro milizie Lendu del Fronte Nazionalista Integrazionista (Fni) nella regione nord-orientale dell'Ituri.
· Paesi limitrofi in conflitto
I Paesi coinvolti si dividono in due blocchi. Da una parte: Rwanda, Uganda, Burundi. Dall'altra: Angola, Zimbabwe, Namibia, Ciad. Queste alleanze ne provocano altre. Alcuni Paesi francofoni dell'Africa (Congo Brazzaville, Gabon, Senegal, Ciad, Camerun, Repubblica centrafricana) e il Sudan si sono schierati, almeno a parole, dalla parte di Kinshasa. Mentre Sudafrica, Botswana, Zambia ed Eritrea sostengono l'alleanza contro la Rdc. Hanno quindi ragione quegli osservatori che parlano di prima guerra mondiale africana.
· Rifugiati
Il numero totale di rifugiati congolesi rimpatriati nelle Repubblica Democratica del Congo nel corso del 2006 ha superato quota 22mila. Di questi, più di 14mila si sono diretti nella provincia del Kivu meridionale e altri 7.300 nella provincia di Equateur nella parte occidentale del Paese. Per 350mila rifugiati congolesi non è ancora stata individuata alcuna soluzione. La maggior parte di essi è ospitata nei paesi vicini, in particolare Tanzania, Zambia e Repubblica del Congo.
· Disoccupazione
La società africana è composta maggiormente da giovani a cui viene negata ogni possibilità di benessere. La disoccupazione tra i giovani africane costituisce il 43,7 % della disoccupazione giovanile mondiale. In alcuni paesi come la Liberia o il Congo, la disoccupazione giovanile raggiunge il 80 %.
· Sfruttamento petrolio
Suolo ricco di raffinerie di petrolio e molte ancora da esplorare.
· Area geografica
Molto rilevante. 2,345,410 km2, quasi un quarto del suolo degli Stati Uniti d’America.
· Area forestale
La foresta pluviale ricopre gran parte del bassopiano della Repubblica Democratica del Congo. Cinque dei parchi nazionali del paese sono compresi nel patrimonio dell'umanità dell'UNESCO:
§ Garamba National Park,
§ Kahuzi-Biega National Park,
§ Salonga National Park
§ Virunga National Park
§ Okapi Wildlife Reserve.
La guerra civile ha seriamente danneggiato le condizioni economiche e molti dipendenti dei parchi hanno abbandonato il lavoro. Tutti cinque i siti sono elencati nel patrimonio in pericolo. Nell'ultimo secolo la RDC è divenuta il centro principale di quello che è chiamato il problema del bushmeat, considerato uno dei pericoli ambientali più grandi, in pratica consiste nella caccia di animali selvatici con trappole effettuata allo scopo alimentare.
· Fazioni etniche/religiose
Nella Rep. Democratica del Congo ci sono oltre 200 gruppi etnici africani, di cui il maggiore è costituito dai Bantu; la 4 tribù più importanti sono: Mongo, Luba, Kongo ( tutti Bantu), e i Mangbetu-Azande (Hamitic), e costituiscono circa il 45% della popolazione. La fede religiosa è così divisa: Cattolici, 50%, Protestanti 20%, Kimbanguist 10%, Musulmani 10%, altri (tra cui sette e credi indigeni) 10%.
· Regime politico
La nuova costituzione del 2005, oltre alla modifica della suddivisione amministrativa, prevede un sistema bicamerale composto da un senato ed un'Assemblea nazionale. L'esecutivo è composto da 60 persone guidato da un presidente e quattro vicepresidenti. Il presidente è anche il comandante in capo delle forze armate.
· Nuovi Stati formazione instabile
Nel 1885 il Congo fu assegnato al re del Belgio Leopoldo II. Nel 1908 il Parlamento belga dovette cedere alla pressione internazionale, per mantenere un qualche prestigio in Europa. Da allora il paese divenne il Congo belga, non più oggetto di proprietà personale del re, ma soggetto al Regno: il cambiamento fu pressoché irrilevante. Mobutu Sese Seko ribattezzò la nazione Zaire nel 1971 e instaurò un regime fino al 1997. Nel 1997 Laurent-Désiré Kabila rovesciò il regime di Mobutu e dal maggio 1997 al suo assassinio nel 2001 fu Presidente della Repubblica Democratica del Congo. Il 1998 fu un anno di pace. Dal 1998 al 2003 il Paese è stato teatro di una sanguinosa guerra civile terminata con la formazione di un governo di unità nazionale nel quale quattro vicepresidenti si spartirono il territorio. Nel 2001 Joseph Kabila succedette al padre Laurent-Desiré come presidente e nel dicembre 2006 è stato rieletto.
· Corruzione
Marzo-Dicembre 2007: contratto di «governance» che pone enfasi sulla lotta alla corruzione e l’impunità, in particolare nel settore estrattivo.
· PNL pro-capite (US$)
774 $ (177°)
· Crescita economica
La Repubblica Democratica del Congo potenzialmente potrebbe essere uno dei paesi più ricchi dell’Africa grazie alle grandi risorse minerarie ed agricole presenti.Purtroppo però, a causa delle sanguinose guerre civili questo paese e’ caduto in una profonda crisi economica che mette ancora più in contrasto la ricchezza del territorio e la lacerante povertà che affligge la popolazione. Il tasso di crescita reale nel 2006 si aggirava attorno a 6,4 %.
· Aiuto Estero
Nel 2006 il debito ammontava a 10 bilioni di dollari americani.
· HIV/AIDS (%)
Il tasso di HIV si aggira attorno al 4%. Le persone affette sono circa 1 milione, e i decessi circa 100.000 (dati dell’anno 2003).
· Spesa militare (% PNL)
2,5 % nel 2006

· Disastri Naturali
Acqua inquinata, disboscamento, erosione del suolo e del sottosuolo.
· Popolazione (milioni)
65,751,512 milioni. L’età media totale: 16.1 anni. Uomini: 15.8 anni. Donne: 16.4 anni

* Crescita demografica
3.39%


Repubblica Centrafricana
· Fattore storico: conflitti
La Repubblica Centrafricana in passato fu una colonia francese con il nome di Ubangi-Shari, prese il suo nome attuale all'atto dell'indipendenza, nel 1960. Dopo tre tumultuosi decenni di malgoverno — principalmente da parte di governi militari — e la transizione di un governo civile nel 1993, nel 2002 è ripiombata nel caos di una guerra civile che non ha ancora visto una soluzione duratura.
· Rifugiati
19,960 (Sudan), 3,325 (Repubblica Democratica del Congo)
· Disoccupazione
L’8% della popolazione vive nella disoccupazione.
· Sfruttamento petrolio
consumo: 2420 barilotti/giorno
· Area geografica
622,984 km2
· Area forestale
La piovosità aumenta da nord a sud, determinando il passaggio dalla savana alla foresta pluviale.
· Fazioni etniche/religiose
La popolazione si divide in vari gruppi etnici, riconducibili ai ceppi bantu e sudanese. Religione: Animisti (34%), Protestanti (26%), cattolici (25%), musulmani (15%).
· Regime politico
Repubblica. Il sistema legale si basa su quello francese.
· Nuovi Stati formazione instabile
Nel 1875 il sultano del Sudan Rabih az-Zubayr, governò l'Alto-Oubangui, che includeva l'attuale Repubblica Centrafricana. Gli Europei, Francesi, e Belgi, arrivarono nell'area nel 1885. Nel 1906, il territorio del Oubangui-Chari fu unificato con la colonia del Ciad; nel 1910 divenne uno dei quattro territori della Federazione dell'Africa Equatoriale Francese. Nell'Agosto del 1940, il territorio rispose alla chiamata del Generale Charles de Gaulle a combattere per la Francia Libera. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l'isituzione dell'Unione Francese nel 1946 si ebbe la prima di una serie di riforme che portarono finalmente alla completa indipendenza di tutti i territori Francesi nell'Africa occidentale e equatoriale. L'1 dicembre del 1958 l'Assemblea dichiarò, infatti, la nascita della Repubblica Centrafricana all'interno della Comunità e con Boganda come capo del governo. Suo cugino, David Dacko, lo rimpiazzò e condusse la Repubblica Centrafricana alla completa indipendenza con la dichiarazione del 13 agosto 1960.
· Corruzione
Corruzione soprattutto nei traffici di diamanti.
· PNL pro-capite (US$)
1.128 $
· Crescita economica
3.5% (2006)
· Aiuto Estero
95.29 milioni di dollari, soprattutto dalla Francia.
· HIV/AIDS (%)
13.5 %. Le persone affette sono 260,000. I decessi 23.000 (dati del 2003).
· Spesa militare (% PNL)
1.1% (2006)
· Disastri Naturali
Acqua non potabile, desertificazione, disboscamento.
· Popolazione (milioni)
4,369,038 abitanti. Età media: 15.5 anni. Uomini: 18.2 anni; Donne: 18.9 anni.
Le regioni occidentali sono molto più popolate di quelle orientali. La popolazione vive in prevalenza in villaggi, ma negli ultimi anni il tasso di urbanizzazione ha superato il 40%.
· Crescita demografica
1.505%

CHAD
· Fattore storico: conflitti
L'indipendenza fu raggiunta, senza spargimenti di sangue, nel 1960. Il 20 Settembre dello stesso entra a far parte dell'ONU (fonte ONU). Nel 1965, in seguito ad una ribellione del nord islamico contro la politica fiscale del governo, il paese precipitò in un lungo e sanguinoso conflitto, durato fino al 1996, anno della stesura della costituzione e dell'elezione di Idriss Déby alla presidenza. La Libia invase il Ciad nel luglio 1975, col pretesto di aiutare Goukouni Oueddei a spodestare Hissène Habré dal potere. Occuparono una stretta striscia nella terra conosciuta come Striscia Aozou. La Francia e gli Stati Uniti risposero aiutando Habré, in un tentativo di contenere le ambizioni regionali della Libia sotto Muammar Gheddafi. La guerra si inasprì. Nel dicembre, 1980 la Libia occupò tutto il nord del Ciad, ma Habré sconfisse le truppe libiche e le guidò fuori nel Novembre 1981. Nel 1983, le truppe di Muammar Gheddafi occuparono tutto il nord del paese di Koro Toro. Gli Stati Uniti usarono una base clandestina in Ciad per addestrare i soldati libici catturati, che cercarono di organizzare in una forza anti Muammar Gheddafi. L'aiuto di Habrè dagli Usa e Francia lo aiutò a vincere la guerra contro la Libia. L'occupazione libica del nord di Koro Toro finì quando Habrè lo sconfisse nel 1987. Il 23 dicembre 2005 il governo del Ciad dichiara lo stato di guerra contro il Sudan, che sarebbe colpevole di aggressioni di villaggi di frontiera fra le due nazioni.
· Rifugiati
234,000 (Sudan), 41,246 (Repubblica Centrafricana)
· Sfruttamento petrolio
Il Chad produce circa 225,000 bbl/giorno.
· Area geografica
1.284 milioni di km2, 4 volte lo Stato della California.
· Fazioni etniche/religiose
Ci sono più di 200 gruppi etnici in Ciad. Attraverso le loro lunghe relazioni religiose e commerciali con il Sudan e l'Egitto, molte persone nell'est del Ciad e delle regioni centrali sono state più o meno arabizzate, parlano la lingua araba e stanno pure assumendo molte pratiche della cultura araba. Più dei tre quarti della popolazione del Ciad risiede in zone rurali, principalmente a sud, zona non occupata dal deserto.
Religione: musulmani (54%), cattolici (20%), protestanti (14%), animisti (7%).I musulmani sono principalmente a nord, i cristiani e gli animisti nel centro e nel sud.
· Regime politico
Il sistema politico ciadiano è dominato da un forte esecutivo capeggiato dal Presidente. Il Presidente è eletto a suffragio universale dai maggiori di 18 anni. Il Presidente ha il potere di nominare il primo ministro (carica reintegrata dopo la rimozione di Habré) e il Consiglio di Stato (o gabinetto), ed esercita una considerevole influenza sulle nomine di giudici, generali, funzionari provinciali e dirigenti delle ditte parastatali del Ciad. La branca legislativa del Ciad consiste in una Assemblea nazionale unicamerale. Il ramo giudiziario consiste di una Suprema Corte, una Corte di Appello e una corte di magistrati.
· Nuovi Stati formazione instabile
Cfr. fattore 1: conflitti
· PNL pro-capite (US$)
1.519 $ (156°)
· Crescita economica
1.3%
· Aiuto Estero
379.8 milioni di dollari (2005)
· HIV/AIDS (%)
4.8 %. Persone affette: 200.000; decessi: 18.000 (dati del 2003)
· Spesa militare (% PNL)
4.2% (2006)
· Disastri Naturali
Mancanza di acqua potabile, desertificazione.
· Popolazione (milioni)
9,885,661. Età media: 16.3 anni. Uomini: 15 anni. Donne: 17.4 anni
· Crescita demografica
2,32 %

GUINEA EQUATORIALE
· Fattore storico: conflitti
Divenuta colonia portoghese, la Guinea-Bissau cominciò la sua lotta per l'indipendenza nel 1956, anno in cui il PAIGC (Partido Africano da Independência da Guiné e Cabo Verde) riuscì, in seguito ad una ribellione armata. Entro il 1973, pressoché tutta la Guinea-Bissau era nella mani del PAIGC. L'indipendenza fu dichiarata unilateralmente il 24 settembre del 1973 e riconosciuta nel novembre dello stesso anno dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La Guinea-Bissau fu poi governata da un consiglio rivoluzionario sino al 1984. Nel 1994 si tennero le prime elezioni multi-partitiche. Nel 1998 una sollevazione dell'esercito portò alla caduta del presidente Vieira: la Guinea Bissau precipitò così nella guerra civile. Nel 2000 Kumba Lalà fu eletto presidente. Nel settembre 2003, tuttavia, un nuovo colpo di stato portò all'arresto, da parte dei militari, di Ialá, definito "incapace di risolvere i problemi del paese". Dopo numerosi rinvii, le elezioni legislative furono finalmente tenute nel marzo del 2004. Un ammutinamento dell'esercito nell'ottobre del 2004 portò alla morte del capo delle forze armate stesse, contribuendo così ad accrescere lo stato di agitazione nella nazione.
· Rifugiati
7,320 (Senegal) (2006)
· Area geografica
36.120 km2

· Fazioni etniche/religiose
Africani 99% (inclusi Balanta 30%, Fula 20%, Manjaca 14%, Mandinga 13%, Papel 7%), Europei and mulatti meno del 1%. Il 50% della popolazione è animista, mentre i musulmani ammontano al 45% degli abitanti (soprattutto fula e mandinga). Vi è poi una piccola minoranza cristiana (5%), formata perlopiù da cattolici.
· Regime politico
Repubblica. La Guinea-Bissau ha un'Assemblea del popolo multipartitica e un presidente, entrambi eletti attraverso un voto democratico. Il presidente nomina il primo ministro dopo essersi consultato con i partiti dell'assemblea del popolo.
· PNL pro-capite (US$)
900 dollari (2006)
· Crescita economica
2.1 % (2006)
· Aiuto Estero
79.12 milioni di dollari (2005)
· HIV/AIDS (%)
10%. Persone affette: 17.000; decessi: 1200 (2001)
· Spesa militare (% PNL)
3.1% (2005)
· Disastri Naturali
Disboscamento, erosione del suolo.
· Popolazione (milioni)
1,472,780. Età media: 19.1 anni. Uomini: 18.5 anni. Donne: 19.7 anni (2007)
· Crescita demografica
2.052 %

GABON
· Rifugiati
7,298 (Repubblica del Congo) (2006)
· Disoccupazione
21 % (2006)
· Sfruttamento petrolio
268,900 bbl/giorno (2005)
· Area geografica
267.667 km2
· Area forestale
La foresta equatoriale ricopre l'85% della superficie del Gabon.
· Fazioni etniche/religiose
Tribù Bantu, inclusi I 4 gruppi tribali maggiori (Fang, Bapounou, Nzebi, Obamba); altri afrivani ed europei 154,000, tra cui 10,700 Francesi e 11,000 persone con doppia azionalità. Cristiani: 55 %-75%, animisti, musulmani meno dell’1%.
· Regime politico
In base alla costituzione del 1961 (modificata nel 1975 e riscritta nel 1991), il Gabon si è trasformato in in una repubblica con una forma di governo presidenziale. Il parlamento (L'Assemblea nazionale) è bicamerale ed è composta da 120 deputati scelti per un mandato di cinque anni. Il presidente è scelto a suffragio universale per un mandato di sette anni. Il presidente nomina il primo ministro, il governo ed i giudici della Corte suprema indipendente.
· PNL pro-capite (US$)
$7,100 (2006)
· Crescita economica
1.2% (2006)
· Aiuto Estero
53.87 milioni di dollari (2005)
· HIV/AIDS (%)
8.1 %. Persone affette: 48.000. decessi: 3.000 (2003)
· Spesa militare (% PNL)
3.4% (2005)
· Popolazione (milioni)
1,454,867. Età media: 18.6 anni. Uomini: 18.4 anni. Donne: 18.8 anni
· Crescita demografica
2.036% (2007)

CONGO (BREZZAVILLE)
· Fattore storico: conflitti
Guerra civile nel 1997.
· Rifugiati
56,380 (Repubblica Democratica del Congo), 6,478 (Rwanda)
· Sfruttamento petrolio
267,100 bbl/giorno (2005). Uno dei maggiori paesi dell’Africa Centrale produttore di petrolio.
· Area geografica
342 mila km2.
· Fazioni etniche/religiose
Kongo 48%, Sangha 20%, M'Bochi 12%, Teke 17%, Europei e altri 3%. Cristiani: 50%. Animisti: 48%. Musulmani: 2%.
· Regime politico
Repubblica. Il sistema legale è basato su quello francese.
· PNL pro-capite (US$)
$1,400 (2006)
· Crescita economica
6.1% (2006)
· Aiuto Estero
1.449 bilioni di dollari (2005)
· HIV/AIDS (%)
4.9% (2003 est.). persone affette: 90.000. decessi: 9.700
· Spesa militare (% PNL)
3.1 % (2006)
· Disastri Naturali
Assenza di acqua potabile, inquinamento, disboscamento.
· Popolazione (milioni)
3,800,610. Eà media: 16.7 anni. Uomini: 16.4 anni. Donne: 17 anni

· Crescita demografica
2.639% (2007)

CAMERUN
· Rifugiati
39,303 (Chad), 9,711 (Nigeria), 13,000 (Repubblica Centrafricana). Sono da aggiungere altri 10,000 rifugiati centroafricani.
· Disoccupazione
30% (2001)
· Sfruttamento petrolio
82,300 bbl/giorno (2005)
· Area geografica
475,440 km2
· Fazioni etniche/religiose
Camerunens 31%, Bantu equatoriali 19%, Kirdi 11%, Fulani 10%, Bantu del nordovest 8%, Nigritic dell’est 7%, altri Africani 13%, non-Africani 1%. Religione: credi indigeni 40%, cristiani 40%, musulmani 20%.
· Regime politico
Repubblica. Regime presidenziale multipartitico. Il sistema legale è basato su quello francese con influenze del common law.
· PNL pro-capite (US$)
$2,500 (2006)
· Crescita economica
3.9% (2006)
· Aiuto Estero
1.26 bilioni di dollari (2005)
· HIV/AIDS (%)
6.9%. persone affette: 560.000. decessi: 49.000 (2003).
· Spesa militare (% PNL)
1.3% (2006)
· Disastri Naturali
Periodiche attività vulcaniche con fuoriuscita di gas, desertificazione.
· Popolazione (milioni)
18,060,382. Età media: 18.9 anni. Uomini: 18.7 anni. Donne: 19 anni (2007).
· Crescita demografica
2.241% (2007)

SAO TOME' e PRINCIPE
· Fattore storico: conflitti
Nel luglio del 2003 l'esercito prese il potere per una settimana, protestando per la corruzione politica e la conseguente iniquità nella distribuzione dei proventi dell'estrazione petrolifera, divenuta nel frattempo una delle voci importanti dell'economia dell'arcipelago. Dopo un periodo di trattativa, il presidente Fradique de Menezes, esautorato dal colpo di stato, fu rimesso in carica. Menezes vinse nuovamente le elezioni nel 2006, ed è tuttora al governo del paese.
· Area geografica
1,001 km2, 5 volte la grandezza di Washington DC.
· Fazioni etniche/religiose
mestico, angolares, forros, servicais, tongas, Europei (soprattutto Portoghesi)
· Regime politico
São Tomé e Príncipe è divisa in 2 province: Principe e Sao Tomé. Le province sono ulteriormente divise in 7 distretti: 6 su Sao Tomé, 1 su Principe. È una repubblica democratica e il sistema legale è basato prevalentemente su quello portoghese.
· Nuovi Stati formazione instabile
Prima dell'arrivo dei Portoghesi (avvenuto fra il 1469 e il 1471), le isole di São Tomé e Príncipe erano disabitate. I Portoghesi decisero che le isole rappresentavano una base ideale per il commercio della costa, e completarono il primo insediamento stabile a São Tomé nel 1493. Verso la fine degli anni '50 un piccolo gruppo di abitanti di São Tomé formarono il Movimento per la Liberazione di São Tomé e Príncipe (MLSTP), che aveva la propria base nel vicino Gabon. l'indipendenza dell'arcipelago, ufficializzata il 12 luglio 1975.
· Corruzione
Nel luglio del 2003 l'esercito prese il potere per una settimana, protestando per la corruzione politica e la conseguente iniquità nella distribuzione dei proventi dell'estrazione petrolifera, divenuta nel frattempo una delle voci importanti dell'economia dell'arcipelago.
· PNL pro-capite (US$)
$1,200 (2003)
· Crescita economica
4.4% (2006)
· Aiuto Estero
31.9 milioni di dollari furono elargiti nel dicembre del 2000 sotto il programma HIPC. Il debito pubblico ammontava nel 2003 a 318 milioni di dollari.
· Spesa militare (% PNL)
0.8% (2006)
· Disastri Naturali
Disboscamento, erosione del suolo.
· Popolazione
199,579. Età media: 16.2 anni. Uomini: 15.7 anni. Donne: 16.8 anni (2007)
· Crescita demografica
3.13 % (2007)

ANGOLA
· Fattore storico: conflitti
Verso la fine degli anni Cinquanta nacquero dei movimenti indipendentisti. In particolare il Movimento Popolare per la Liberazione dell'Angola (MPLA), fondato nel 1956, decise, nel 1961, di ricorrere alla lotta armata. Nella stessa epoca si costituirono anche altri movimenti indipendentisti, il Fronte di Liberazione Nazionale dell'Angola (FNLA) e l'Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola (UNITA). Le tre formazioni agirono in modo separato e in diverse aree del paese. Nel 1974, in seguito al colpo di stato in Portogallo, cessarono le ostilità e venne instaurato un governo di coalizione fra i movimenti indipendentisti che ebbe però breve durata, l'11 novembre 1975 il MPLA dichiarò l'indipendenza del paese, riconosciuta dal Portogallo, Agostinho Neto, leader del movimento divenne il primo presidente del paese. Dal luglio 1975 il paese divenne teatro di una guerra civile nella quale erano contrapposti non solo contrasti etnici e interni ma forze straniere interessate alle risorse (petrolio) dell'Angola e alla sua posizione strategica.
Mentre il MPLA, movimento marxista-leninista, era appoggiato da Cuba e dall'Unione Sovietica, l'UNITA era sostenuto da Stati Uniti e Sudafrica. Il conflitto continuò fino alla firma di un accordo di pace, voluto dalle potenze straniere dopo i cambiamenti nello scenario internazionale, siglato il 1 maggio 1991. Nel 1992 si tennero le elezioni presidenziali che videro la vittoria del MPLA, José Eduardo dos Santos, leader del partito, divenne presidente. L'UNITA, guidato da Jonas Savimbi, non accettò l'esito elettorale e il paese entrò in una nuova fase di guerra civile. Il 20 novembre 1994 a Lusaka in Zambia nel contesto del cosiddetto protocollo Lusaka venne stipulato un secondo accordo di pace che prevedeva la reintegrazione dei ribelli nel governo nazionale e nelle forze armate. Nell'aprile 1997 venne creato un governo di unità nazionale dal quale l'UNITA venne però espulso in seguito alla ripresa delle azioni di guerriglia.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite votò delle sanzioni contro l'UNITA (28 agosto 1997) e nel 1999 le unità militare angolane sferrarono un duro colpo ai ribelli riprendendo il controllo delle principali città della regione controllata dall'UNITA. Savimbi dichiarò allora la lotta di guerriglia che dilaniò il paese provocando un milione e mezzo di morti e centinaia di migliaia di senzatetto. Le ostilità proseguirono fino alla morte di Savimbi (primavera 2002) quando i ribelli deposero le armi dopo la garanzia di un'amnistia generale e dell'integrazione nelle forze armate ufficiali.
Gli anni di guerra civile rendono più difficoltoso il percorso di democratizzazione del paese, tra le difficoltà è da citare quella delle migliaia di persone che hanno abbandonato i loro villaggi a causa dei conflitti.
· Rifugiati
13,464 (Repubblica Democratica del Congo)
· Disoccupazione
Più della metà della popolazione vive nella disoccupazione.
· Sfruttamento petrolio
La presenza del petrolio è abbondante, esso viene soprattutto estratto nei dintorni della capitale Luanda. Il petrolio viene gestito da compagnie estere ed è diventato la più importante fonte di ricchezza. la fonte più importante è rappresentata dal petrolio, la cui estrazione annua è in media di 10 milioni di tonnellate.
· Area geografica
1,246,700 km2
· Fazioni etniche/religiose
Ovimbundu 37%, Kimbundu 25%, Bakongo 13%, mestico (misto europeo e nativi africani) 2%, Europei 1%, altri 22%. Religione: Animisti 47%, Cattolici 38%, Protestanti 15%.
· Regime politico
Repubblica Presidenziale.
· PNL pro-capite (US$)
$4,500 (2006).
· Crescita economica
16.1% (2006).
· Aiuto Estero
441.8 milioni di dollari (2005). Il debito pubblico ammonta a circa 10 bilioni di dollari.
· HIV/AIDS (%)
3.9% (2003). Persone affette: 240.000. decessi: 21.000 (2003)
· Spesa militare (% PNL)
5.7% (2006)
· Disastri Naturali
Periodiche ma intense inondazioni.
· Popolazione (milioni)
12,263,596. Età media: 17.9 anni. Uomini: 17.9 anni. Donne: 17.9 anni (2007)
· Crescita demografica
2.184% (2007)

Organizzazioni internazionali presenti nella macro area
UE-Africa
Nel luglio del 2006, la Commissione europea ha varato un partenariato UE-Africa per sviluppare le grandi reti trans africane.
La proposta è quella di creare un partenariato tra l’Unione europea e l’Africa dedicato alle infrastrutture per realizzare gli obiettivi definiti dall'Unione africana e dal programma NEPAD (vedi di seguito). Un importo di base pari al 5,6 miliardi di euro a valere sul 10° Fondo europeo di sviluppo (FES, 2008-2013) sarà destinato alle infrastrutture nel settore dei trasporti terrestri, dell’energia, dell'acqua, delle tecnologie dell'informazione e delle reti di telecomunicazione in una prospettiva regionale.
Il partenariato beneficia di un importo di base pari al 5,6 miliardi di euro a valere sul 10° FES (2008-2013). Tale stanziamento si basa su una combinazione di risorse nazionali, regionali e intra-ACP del FES. Ad esso si aggiungeranno gli importi dei programmi bilaterali degli Stati membri dell’UE. In tal senso, il partenariato rappresenta un'occasione per applicare concretamente la dichiarazione riguardante il “consenso europeo” sullo sviluppo, approvata nel dicembre 2005 dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo. L’accordo mira a promuovere la convergenza, il coordinamento e l'efficacia degli aiuti finanziari dei donatori europei sulla base di progetti prioritari, e quindi a “fare meglio”.
Il partenariato disporrà inoltre di un nuovo fondo fiduciario UE per le infrastrutture in Africa, istituito in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti (BEI). Tale fondo rappresenta un modo innovativo per la Commissione e per gli Stati membri interessati di partecipare ai cofinanziamenti con la BEI e con le istituzioni finanziarie europee e africane che si occupano di sviluppo.
Verranno stanziati a breve termine 60 milioni di euro a valere sul 9° FES. La BEI si è impegnata a fornire prestiti pari a 260 milioni di euro.
Il ruolo dell’ONU
Il ruolo dell’ONU nei conflitti e nella difesa dei diritti dell’uomo in tutto il mondo, dunque anche in Africa, viene definito dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo.
Nell’Articolo 73 della Carta dell’ONU, i paesi membri riconoscono il principio dei diritti civili dei popoli che vivono in territori non indipendenti. Le potenze coloniali si impegnavano a rispettare la cultura dei popoli delle colonie, a favorirne il progresso politico, economico e sociale. Dovevano altresì, favorire l’aspirazione politica dei popoli colonizzati, e ad aiutarli nello sviluppo progressivo delle loro istituzioni politiche, scientifiche e di formazione. Con l’articolo 74 si impegnavano a trattare i cittadini sotto la loro amministrazione nello stesso modo delle popolazioni della cosiddetta madrepatria. Le Nazioni Unite hanno svolto un ruolo determinante nell’emancipazione dei paesi africani e nella eliminazione dell’apartheid in Africa australe. Durante questi due momenti storici l’azione dell’ONU è stata costantemente rivolta verso il riconoscimento dei diritti fondamentali di intere società. Purtroppo l’indipendenza dei paesi africani non ha portato molti miglioramenti alle condizioni di vita e ad un maggiore rispetto dei diritti fondamentali dei popoli africani, sia a livello individuale che collettivo. Le potenze coloniali, malgrado l’impegno preso con l’ONU di preparare le colonie all’indipendenza, creando a tale scopo delle strutture amministrative e di formazione, non diedero nessuna preparazione ai paesi africani. Questo handicap ha avuto conseguenze nefaste per l’integrità territoriale e la stabilità politica, economica e sociale delle nuove nazioni.
Una volta conquistata l’indipendenza, i leader africani, poco preparati ad assumere delle responsabilità inerenti alla gestione di una nazione, commisero molti errori. Col pretesto della lotta contro il tribalismo e il separatismo, divennero dei dittatori sanguinari e corrotti. Dei 53 paesi che conta l’Africa ce ne sono pochi dove non ci siano state arrecate serie offese ai diritti umani delle popolazioni. Durante la guerra fredda, l’ONU era paralizzata dai veti dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Perciò i dittatori violavano (e continuano a violare) i diritti fondamentali dei loro popoli, senza che l’ONU potesse mai reagire. Infatti essendo un’associazione di nazioni, le sue azioni erano bloccate da una interpretazione restrittiva dell’articolo 2 della sua Carta. Il punto 7 di questa Carta dice che nessuna parte di essa autorizza le Nazioni Unite ad una ingerenza negli affari interni dei paesi membri.
Fino alla fine degli anni ’80, tranne che in Congo, l’Onu non è mai intervenuta, nonostante tutte le guerre che ci sono state e le gravi violazioni dei diritti umani. Dittatori come Idi Amin Dada, Menghistu Hoile Mariam, Sekou Touré, Mobutu Sese Koko, ecc. hanno fatto soffrire i loro concittadini violandone anche i diritti alla vita. Malgrado le circa 30 guerre, principalmente civili, che soltanto negli anni Settanta hanno avuto luogo in tutta l’Africa, l’Onu non si occupò mai di alcun caso di violazione dei diritti umani.
Su 55 missioni svolte dal 1948 ben 17 hanno avuto luogo in Africa, principalmente dalla fine della guerra fredda. Queste missioni hanno avuto sempre luogo per porre fine a conflitti entro i confini di uno stesso paese.
Per tutti i mali dell’Africa ci sono delle strutture del sistema ONU che hanno come compito di trovare delle soluzioni come UNICEF, FAO, UNESCO, UNHCR, ecc.. Ma l’azione di queste strutture sono fortemente ostacolate dall’insufficienza di finanziamento. Inoltre la loro dipendenza finanziaria da pochi paesi risulta dannosa per la loro credibilità perché ci sono dei tentativi di strumentalizzare l’ONU per gli scopi politici di singoli membri. Basti pensare che i problemi che non interessano questi finanziatori non vengono nemmeno presi in considerazione.
Il conflitto nella Repubblica Democratica del Congo, il più sanguinoso dai tempi della Seconda guerra mondiale, ha visto il suo tragico apice tra il 1998 e il 2002, causando oltre 3,3 milioni di morti e circa 3 milioni di sfollati.
Come risposta all'emergenza, il 30 maggio 2003 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha autorizzato l'intervento di una forza multinazionale di pace a Bunia, nel Nord-Est e, dal 1° settembre 2003, l'invio di 10.800 caschi blu Missione dell'ONU per il Congo (MONUC) dispiegati in Ituri, nel nord Kivu e nel Sud Kivu.

Organizzazioni regionali dell’Africa
Inoltre esistono Organizzazioni regionali africane costituite da Stati africani. Nell’ambito di tali organizzazioni vengono siglati Accordi, Trattati, sia a livello regionale che internazionale vincolanti per gli Stati aderenti. Tra le più importanti, soprattutto per la macroarea di interesse, sono:
ACP (African, Caribbean and Pacific o Africa, Caraibi e Pacifico) mira allo sviluppo dei rapporti commerciali tra i Paesi membri nell’ambito di un vasto progetto volto a promuovere un nuovo ordine economico mondiale.
AU (African Union o Unione Africana o UA) promuove l’unità e la solidarietà degli Stati africani sottolineando da un lato la sovranità degli stati membri e cercando dall’altro, di porre fine ad ogni forma di retaggio coloniale. Obiettivo della Confederazione è accelerare il processo d’integrazione del continente nel tentativo di intensificare gli sforzi per la risoluzione dei problemi sociali, economici e politici. La sua struttura si articola in diverse istituzioni.
AEC (African Economic Community o Comunità economica africana). Si pone come obiettivo la creazione di zone di libero scambio, di un mercato unico nonché di una banca centrale e di una valuta comune.
AfDB o BAFS (African Development Bank o Banca africana di sviluppo). Ha come obiettivo la promozione dello sviluppo economico e del progresso sociale dei Paesi membri. Ne fanno parte 77 Paesi africani (che detengono i 2/3 del capitale) ma anche alcuni Paesi europei e africani.
ECA (Economic Commission for Africa o Commissione Economica per l’Africa) La Commissione economica per l'Africa è stata istituita dal Consiglio economico e sociale (Ecosoc) delle Nazioni Unite nel 1958 come una delle cinque commissioni regionali delle Nazioni Unite. Il mandato dell’ECA è quello di promuovere l'evoluzione economica e sociale degli Stati membri e la cooperazione internazionale per sviluppo dell'Africa. Vi aderiscono 90 Paesi. Ha sede ad Addis Abeba (Etiopia).
CEMAC (Economic Community and monetary of Central-African o Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale). Ha l’obiettivo di coordinare e rafforzare un mercato comune dell’Africa centrale e promuovere l'integrazione economica tra i Paesi che utilizzano la medesima valuta (il franco CFA). Gli Stati membri che vi aderiscono sono sei. Ha sede a Bangui (Repubblica Centrafricana).
NEPAD (New Partnership for Africa’s Development o Nuova partnership per lo sviluppo dell’Africa). Progetto guida nel campo dello sviluppo per la neo costituita Unione africana. Obiettivo del Nepad è affrontare le sfide poste dal continente africano al fine di avviare un programma di sviluppo sostenibile.

Per quanto riguarda l'Unione Africana (abbreviato UA o AU) si tratta di un'organizzazione di tipo sovranazionale e intergovernativo comprendente la quasi totalità delle nazioni africane; l'unico stato non aderente è il Marocco. Ha sede ad Addis Abeba, in Etiopia. Si tratta di un'organizzazione molto giovane, nata ufficialmente con il primo vertice dei capi di Stato e di Governo del 9 luglio 2002 a Durban, in Sudafrica. Nel corso del primo vertice, al quale presenziava tra gli altri l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, furono sottoscritti i primi atti riguardanti gli organi dell'Unione, ovvero il Protocollo relativo allo stabilimento del Consiglio di Pace e Sicurezza e lo Statuto della Commissione, e furono stabilite regole e procedure per l'Assemblea, il Consiglio Esecutivo e il Comitato dei Rappresentanti Permanenti.
Tra le Istituzioni finanziarie va ricordata la Banca Centrale Africana, il Fondo Monetario Africano Banca Africana degli Investimenti.
IL blog è aggoirnato da Massimo Coltrinari. Per informazioni: ricerca23@libero.it

Macro Regione Africa Orientale

Articolazione

BURUNDI, COMORE, ERITREA, ETIOPIA,GIBUTI, KENYA, MADAGASCAR, MALAWI. MAURITIUS, MOZAMBICO, RWANDA, SEYCHELLES, SOMALIA,TANZANIA, UGANDA, ZAMBIA, ZIMBABWE

Paese,
Area (migliaia di kmq)
Popolazione (in milioni)

BURUNDI
27
6,05
COMORE
2,17
0,6
ERITREA
121,32
4,4
ETIOPIA
1127,13
76,51
GIBUTI
23
0,46
KENYA
582,65
31,14
MADAGASCAR
587,04
16,47
MALAWI
118,40
11,90
MAURITIUS
1,86
1,26
MOZAMBICO
801,59
19,10
RWANDA
26,33
7.95
SEYCHELLES
0,45
0,08
SOMALIA
637,66
10,70
TANZANIA
945,09
36,59
UGANDA
236,09
28,19
ZAMBIA
752,61
10,46
ZIMBABWE
390,58
12,57

Analisi dei fattori di squilibrio della macro area

1) CONFLITTI - L'Africa orientale nel XIX e fino all'inizio del XX secolo, fu terra di conquista e di contrasto per le principali potenze europee dell'epoca. I primi colonizzatori furono i portoghesi che si stabilirono nel sud del Mozambico, espandendosi in seguito anche verso il nord del paese fino ad incontrare gli inglesi presso il lago Malawi che avevano creato un protettorato nella zona dell'attuale stato del Malawi, lasciando ai portoghesi il controllo della costa est del lago. L'impero britannico conquistò le zone più fertili e promettenti dell'Africa orientale, quelle degli attuali Uganda e Kenia. Queste zone, molto adatte all' agricoltura furono usate dagli inglesi per coltivazioni commerciali e di esportazione come il caffè e il o per l'allevamento di bestiame da carne e da latte. In più la regione aveva le potenzialità per accogliere l'espansione demografica inglese, grazie anche alle condizioni climatiche favorevoli a stanziamenti in stile europeo, come quelli di Nairobi o Entebbe. I francesi si stanziarono in Madagascar (la più grande isola dell' oceano indiano e la quarta nel mondo) e in altre isole minori come Reunion e le Comore. Il Madagascar fu ceduto ai francesi dagli inglesi in cambio di Zanzibar, un importante base per il commercio delle spezie. Gli inglesi mantennero comunque delle isole minori come le Seychelles e le fertili Mauritius. Gran parte dell'area era poi in mano dell' impero tedesco sotto il nome di africa orientale tedesca, nella zona dell'attuale Ruanda , Burundi e della parte della Tanzania continentale chiamata Tanganyika. Nel 1922 gli inglesi ottennero dalla società delle nazioni l'autorità sul Tanganyika, territorio che unirono poi a Zanzibar per formare la Tanzania. L'Africa orientale sotto il dominio tedesco sebbene fosse molto estesa non era strategicamente importante come quella sotto il controllo britannico situata più a nord. La parte sud della Somalia divenne colonia italiana (Somaliland italiano), mentre una striscia di terra nel nord del paese rimase sotto il controllo britannico (Somaliland britannica). La costa della parte Nord del paese era di fronte alla colonia inglese di Aden nella penisola arabica; insieme questi territori garantivano agli inglesi il controllo del passaggio. Anche i francesi avevano il loro avamposto strategico sulla via dell' Indocina con la piccola colonia di Gibuti anche chiamata Somaliland francese. L'unica parte della regione indipendente era l' Etiopia che venne occupata solo brevemente dagli italiani (1936-1941). L'occupazione aveva avuto inizio dal piccolo porto di Assab in Eritrea, comprato dagli italiani. Da qui partì la colonizzazione dell'Eritrea e in seguito dell'Etiopia.
2) PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO - Molti governi della zona anche ai giorni nostri presentano un alto grado di corruzione e appaiono sostanzialmente di tipo illiberale; inoltre, alcuni paesi sono coinvolti in aspre lotte politiche, in guerre etniche o sono oppressi da regimi dittatoriali. Dalla fine del colonialismo la regione ha visto:
i. Guerra civile etiopica (fronte popolare democratico rivoluzionario etiopico contro il Derg)
ii. Guerra dell' Ogaden
iii. Seconda guerra civile sudanese
iv. Guerra civile somala
v. Guerra civile del Burundi
vi. Insurrezione in Uganda dell'esercito di liberazione del signore
vii. Le bombe del 1998 nelle ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salam
viii. Guerra tra Eritrea e Etiopia
ix. Kenia, Tanzania e Uganda hanno governi relativamente stabili.
x. Conflitto interno keniano insorto nel Gennaio 2008 a seguito delle elezioni presidenziali tenutesi all’interno del paese.
3) RIFUGIATI - Ben sei paesi della macroregione (composta in totale da 15 paesi) soffrono del problema dei rifugiati, tanto in relazione all’accoglienza che loro offrono, sia in relazione al problema della fuga della popolazione civile dai loro territori, e quindi la conseguente instabilità tanto politica quanto in più generali termini di sicurezza in cui questi riversano. Dalle statistiche portate avanti della UNHCR per l’anno 2006, solo nell’Africa Orientale e nel c.d. Corno d’Africa abbiamo avuto un incremento del 10% della totalità di rifugiati dall’area, per cui si è toccata la soglia del 852,300 persone. Altro dato da porre in rilievo è la percentuale di persone che, a seguito proprio dei conflitti interni sopracitati, si spostano all’interno della regione. In particolare, il conflitto somalo ha fatto impennare soprattutto negli ultimi 5 anni la percentuale di rifugiati interni.
4) DISOCCUPAZIONE - Il tasso medio di disoccupazione della regione si stabilizza intorno al 18%. Bisogna sempre considerare che, essendo presente all’interno della regione paesi sull’orlo del collasso, in alcuni di essi il tasso di disoccupazione si attesta certamente a livelli di molto più alti.
5) SFRUTTAMENTO PETROLIO/ORO/DIAMANTI - La macroarea appare generalmente stabile sotto tale profilo, con un'unica eccezione, ovvero la Tanzania, che con riguardo allo sfruttamento di tali materie prime ne trae grande vantaggio nella competizione mondiale, ed in particolare spicca nella regione in quanto a giacenze e sfruttamento di diamanti.
6) AREA GEOGRAFICA - 834,380 mila ettari è l’estensione geografica è quella rivestita dall’Africa Orientale.
7) AREA FORESTALE - 226,534 mila ettari costituiscono l’area forestale che ricoprono l’intera regione. Da ciò si evince come il problema della garanzia della sicurezza e del controllo in un area così estesa e piena di foreste appaia di difficile se non ardua realizzazione.
8) COESIONE SOCIALE - La coesione sociale presente nella macroarea si attesta a livelli abbastanza alti; segnaliamo in particolare il caso delle Mauritius, Mozambico e Seychelles, laddove contrasti di tipo etnico-sociali sono quasi inesistenti, o comunque catalogabili nella norma. Per altro verso, Burundi, Comore e Kenya presentano al loro interno conflitti etnici, capaci di decretare l’instabilità del paese e di essere catalogabili come veri e propri fattori di squilibrio per questi.
9) FAZIONI ETNICHE/RELIGIOSE - Le religioni maggiormente professate sono quelle monoteiste. Animisti, cattolici e musulmani costituiscono i gruppi religiosi di maggiore rilevanza dell’intera regione.
10) MOVIMENTI INTERNI DI STRATI DELLA POPOLAZIONE (MIGLIAIA) - Anche in questo caso, l’area non appare omogenea in relazione e tale parametro di instabilità, giacché sono vi sono paesi, come lo Zimbabwe, l’Uganda, il Kenya, il Burundi e la Somalia per i quali tali movimenti interni della popolazione costituiscono un elemento di instabilità per la sicurezza interna del proprio paese. In particolare si evince con facilità come, in quei paesi dove un conflitto del recente passato sia stato particolarmente violento o non abbia trovato una soluzione pacifica definitiva, i movimenti interni di vari strati della popolazione siano particolarmente ingenti e frequenti.
11) GOVERNO - L’instabilità interna e le recenti guerre di indipendenza fanno della regione una delle più instabili di tutto il continente africano. Sebbene alcuni dei paesi che compongono l’area non siano di così recente formazione, nella quasi totalità di questi vi è stata una successione di dittature che ha portato tali paesi ad avere grosse difficoltà nello sviluppo di istituzioni democratiche e strutture di mercato stabili ed efficienti.
12) REGIME POLITICO - La maggior parte degli stati che compongono la macroarea presentano una struttura politica repubblicana di tipo presidenziale o federale. È bene notare come tale tipo di struttura abbia favorito l’emergere di numerosi dittatori o presidenti particolarmente dotati di poteri, elemento per il quale l’instabilità politica ha assunto una posizione centrale tra le caratteristiche comuni agli stati della regione.
13) NUOVI STATI DI FORMAZIONE INSTABILE - Fatta eccezione per il Malawi, tutti gli altri stati sono di nuova formazione. Gli anni che vanno dal 1961 al 1962 hanno rappresentato il momento politico nazionale e di maggiore intensità nella storia del Malawi.
14) CORRUZIONE - Nel corso degli ultimi anni, la corruzione pubblica ha continuato a dominare tanto i concorsi e le gare di appalto pubbliche quanto la messa in opera dei vari progetti di sviluppo per i diversi paesi nell’Africa Orientale. I mass media sottolineano come ancora si viva di retaggi dei periodi di transizione e della permanenza al potere di vari governi c.d. corrotti, anche se diverse politiche e programmi di lotta alla corruzione sono stati intrapresi a diversi livelli nazionali. Dopo un decennio di riforme di libero mercato, tuttavia, lo stato rimane il più grande datore di lavoro e consumatore economico. Le varie riforme del mercato hanno solamente modificato il modo in cui la corruzione si verifica: ciò consente ai governi in lizza per la gare e di aggiudicazione di contratti di mantenere lo status quo economico precedentemente fondato sulla mera corruzione. Il modello di corruzione riflette, in parte, anche i numerosi conflitti armati della regione, ad esempio in Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan. I conflitti hanno fornito opportunità per l'accesso illecito alle risorse naturali. E’ emerso, inoltre, il ruolo centrale giocato dal settore privato per l’aumento della corruzione in Africa orientale.
15) CAPACITÀ ECONOMICA - Economicamente la zona appare fortemente divisa, con paesi che presentano una recente crescita economica di importante calibro. Più in generale, però, l’intera regione appare soffrire ancora oggi dei conflitti interni che hanno lacerato molti di tali paesi, ma soprattutto le loro popolazioni, creando quindi istituzioni politiche e amministrative deboli, fortemente corrotte, elementi per i quali gli IDE e i flussi economici esteri appaiono molto scarsi.
16) PNL PRO-CAPITE (US$) - La media della regione si attesta intorno ai 1,000 US $ pro-capite, posizionandosi tra le regioni più povere dell’intero globo. Ciò ovviamente manifesta tanto uno scarso sviluppo delle economie locali, quanto la scarsità e mal distribuzione delle risorse economiche tra i vari strati della popolazione.
17) CRESCITA ECONOMICA (%) - I vari programmi internazionali, soprattutto quelli del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, hanno permesso il rilancio delle economie di molti dei paesi componenti l’area. In particolare si segnala come ben 12 paesi su 17 hanno visto un incremento superiore al 2%.
18) FORZA LAVORO IN AGRICOLTURA (%) - Circa l’80% dell’economia è fondata sull’economia rurale, per cui il grado di sviluppo del settore secondario risulta veramente basso.
19) AIUTO ESTERO (% PNL) - La macroregione dell’Africa Orientale appare come un’area fortemente dipendente dagli aiuti esteri, ed in particolare fatta eccezione per Zimbabwe, Kenya e Somalia tutti gli altri paesi hanno visto una percentuale per tutti superiore al 6% per il biennio 2006-2007. In realtà, per onestà di pensiero, va ammesso che il caso della Somalia andrebbe analizzato isolatamente, giacché il conflitto interno ha di molto destabilizzato l’intera struttura statale, ivi compresa quella economica.
20) HIV/AIDS (%) - molti programmi internazionali sono stati portati avanti all’interno della macroregione per la lotta all’ HIV/AIDS, soprattutto per frenare la mortalità infantile e femminile causata da tali malattie. Tanto attraverso l’interessamento di organizzazioni internazionali di tipo governativo e non governativo, sia con la collaborazione di agenti privati, si sono portati progetti per la prevenzione e per la cura di tali malattie, programmi che hanno permesso l’abbattimento dell’oltre 40% delle persone affette nella maggioranza dei paesi componenti l’area.
21) SPESA MILITARE (% PNL) - La maggior parte dei paesi considerati investe circa il 3% del PIL nazionale per la spesa militare, proprio ad identificare la necessità di assicurare la propria sicurezza sia nei confronti dei movimenti interni ribelli sia nei confronti dei paesi limitrofi.
22) DISASTRI NATURALI - In alcuni dei paesi facenti parte della regione, disastri naturali di varia natura si sono verificati negli ultimi 5 anni. Ad esempio, la desertificazione del proprio territorio costituisce uno dei problemi maggiori che attanaglia paesi come l’Eritrea e l’Etiopia. Altri paesi, come il Mozambico e il Madagascar, soffrono del problema opposto, ovvero la grande presenza di aree forestali, per cui la deforestazione pone a serio rischio la stabilità geomorfologica del paese.
23) ISOLAMENTO GEOGRAFICO - L’isolamento geografico gioca un ruolo fondamentale per molti dei paesi dell’area. Infatti, la loro posizione geografica, che li proietta sempre più verso il cuore dell’Africa, li spinge a riflettere al loro interno molte delle insicurezze ed instabilità dei vicini, a trovare grosse difficoltà tante economiche quanto politiche per accedere ai fori di discussione internazionale e a poter usufruire dei interscambi mondiali. Si trovano, quindi, come intrappolati all’interno dei loro stessi confini geografici.
24) SVILUPPO SOCIALE - Così come in relazione alle istituzioni governative e la stabilità politica della regione, anche per quanto attiene i vari indici di sviluppo umano, l’Africa Orientale appare un’area critica del globo.
25) INDICE DI SVILUPPO UMANO - La media dell’intera macroregione si attesta tra 0,27% e 0,50%. Ciò indica il bassissimo grado di sviluppo umano che è presente all’interno dei vari paesi componenti l’area, ed in particolare ci si riferisce al problema dell’istruzione ed educazione, oltreché le aspettative di vita e lo sviluppo e rispetto dei diritti umani.
26) POPOLAZIONE (MILIONI) - La popolazione della regione, ingente e impressionante se si pensa alla vastità della regione, vede concentrarsi in specifiche aree all’interno dei vari paesi, ed in particolare nelle zone limitrofe ai maggiori centri cittadini o ai c.d. “polmoni verdi” dell’area, laddove il processo di desertificazione rende invivibili ampie zone della macroregione. Per avere un paragone, riportiamo i dati concernenti la concentrazione di popolazione di alcuni dei maggiori centri urbani della regione: Dar es Salaam, Tanzania 1,651,000; Nairobi, Kenya 1,504,000; Khartoum, Sudan 925,000; Addis Ababa, Ethiopia 3,500,000
27) CRESCITA DEMOGRAFICA - La crescita demografica dell’intera regione si attesta al di sopra del 3%, dimostrando, quindi, il grande stato di arretratezza dei paesi che la compongono, se si relaziona tale dato con quello dell’indice di sviluppo umano (si veda poco sopra). La costante crescita della popolazione appare oggi come un elemento fortemente destabilizzante, sia per lo scarso tasso di occupazione della popolazione sia per il basso livello di sviluppo economico e sociale, per cui le stesse politiche di welfare e sostegno appaiono di difficile realizzazione.
Organizzazioni internazionali presenti nella macro area

L’Africa Orientale è una macroregione, come definita dalle Nazioni Unite, all’interno della quali si riscontrano tra i paesi più complessi politicamente e complicati geograficamente che l’attuale scenario internazionale contenga.
Le Organizzazioni Internazionali Governative (in seguito OI) che maggiormente partecipano alla stabilizzazione della regione sono senza dubbio le Nazioni Unite, con 7 missioni tra peacekeeping e peace enforcement nell’area, e l’Unione Africana, il cui peso politico è assolutamente rilevante in tutto il continente e soprattutto per il ruolo svolto nella risoluzione della crisi interna alla Somalia.
Andando ad analizzare nello specifico le due OI, è doveroso vedere come proprio incipit discorsivo le Nazioni Unite e il loro operato politico e militare nella macroregione.
La missione United Nations Operation in the Congo (Opération des Nations Unies au Congo, o ONUC, istituita con risoluzione ONU N°143/1960), che si è realizzata nella Repubblica Democratica del Congo dal Luglio del 1960 al 1964, ha rappresentato una pietra miliare nella storia delle peacekeeping operations sotto egida delle Nazioni Unite in termini di responsabilità che l’Organizzazione ha assunto, l’area geografica estesa del teatro operativo in questione e del numero di uomini impiegato. ONUC ha incluso, oltre che un numero di 20,000 caschi blu, un numero ingente di personale impiegato nella missione civile per il teatro di operazioni. Originariamente il mandato prevedeva il ripristino di un Governo Congolese, con un supporto tanto militare quanto tecnico, necessario a seguito del collasso di molti servizi primari forniti dallo Stato, e soprattutto dell’intervento delle truppe belghe. Purtroppo ONUC si trovò catapultata in un vortice di caos interno al paese, situazione di enorme ed estrema complessità strutturale e ontologica, assumendo il controllo di determinate funzioni che poi negli anni divennero “tipiche” delle PKOs.
La missione in Mozambico, invece, ONUMOZ, venne istituita nel periodo 1992-1994,per implementare l’Accordo Generale di Pace, firmato tra il Presidente della Repubblica del Mozambico e il Presidente della Resistência Nacional Moçambicana. Il mandato includeva il facilitare l’applicazione dell’Accordo precedentemente menzionato, monitorare il cessate il fuoco e la fuoriuscita delle truppe straniere dal territorio del paese, oltre che provvedere alla sicurezza nei corridoi atti a favorire tale fuoriuscita. Ulteriore ruolo previsto dalla Risoluzione ONU N° 782/1992 era fornire l’assistenza tecnica e monitorare l’intero processo elettorale.
Nello stesso periodo, dal 1992 al 1993, venne istituita con la Risoluzione ONU N°733/1992 la missione United Nations Operation in Somalia I, UNOSOM I, allo scopo di monitorare il cessate il fuoco nell’area di Mogadishu e garantire la sicurezza dei convogli di aiuti umanitari e la loro distribuzione nelle varie zone della città. Il mandato della missione venne ulteriormente ampliato allo scopo di garantire maggiormente la sicurezza dei convogli umanitari. La missione ha successivamente collaborato con la Unified Task Force per favorire la creazione di un ambiente sicuro perché l’aiuto umanitario potesse realmente trovare realizzazione.
La United Nations Observers Mission Uganda Rwanda, UNOMUR, istituita con Risoluzione ONU N° 846/1993, che ha visto realizzazione dal 1993 al 1994, venne stabilita allo scopo di vigilare l’inviolabilità dei confini tra i due paesi e verificare che nessuna assistenza militare venisse fornita attraverso questi. A seguito dei tragici eventi avvenuti in Rwanda nell’Aprile del 1994 che impedirono la piena realizzazione e applicazione del mandato di UNOMUR, la Missione ha giocato un ruolo fondamentale come meccanismo di confidence-building tra i due paesi.
UNSOM II, ovvero la United Nations Operation in Somalia II, venne stabilita nel Marzo del 1993 per porre in essere appropriate azioni, incluse misure implicanti l’uso della forza, per stabilire in Somalia uno scenario sicuro per l’assistenza umanitaria alla popolazione civile somala. A tal fine, UNOSOM II, attraverso un processo di disarmo e riconciliazione sociale, aveva il compito di ristabilire la pece, sicurezza, legge e ordine nel paese, in piena cooperazione con la Unified Task Force presente nel paese. All’inizio del Marzo del 1995, UNOSOM II vide cessare il uso mandato, che trovava base giuridica nella Risoluzione ONU N° 814/1993.
Infine la missione ONUB, United Nations Operation in Burundi, istituita con Risoluzione ONU N° 1545/2004, vedeva come proprio obiettivo porre fine alla guerra civile che stava distruggendo il paese, favorire gli accordi di pace all’interno del paese, permettere il processo di riconciliazione sociale tra le parti del conflitto e, infine, ripristinare l’ordine e la sicurezza nel paese.
Per quanto concerne la missione stabilita dall’Unione Africana (in seguito UA) in Somalia, questa nasce a seguito di un conflitto interno “vecchio” di sedici anni[1]. A seguito della sconfitta dell’Unione delle Corti Islamiche (dic.2006-gen. 2007), la Comunità Internazionale iniziò a pensare ad una presenza militare in Somalia, sotto il mandato delle Nazioni Unite, aperta anche alla partecipazione di altre Nazioni africane non necessariamente legate all’IGAD; in tal senso, il 19 gennaio 2007 il Consiglio di Sicurezza dell’UA si espresse favorevolmente circa il dispiegamento di una forza militare di pace in Somalia per un periodo di iniziale di 6 mesi. A tale nuova missione, denominata AMISOM (African Mission to Somalia), la cui fase operativa ha avuto inizio il 12 febbraio 2007, partecipano circa 8.000 uomini, tuttora in fase di immissione, appartenenti a 6 Paesi (Burundi, Ghana, Malawi, Nigeria, Tanzania ed Uganda). Tale missione è stata successivamente autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la Risoluzione 1744 del 21 febbraio 2007, per un periodo iniziale di 6 mesi.
Nei primi giorni di marzo 2007, sono giunte a Mogadiscio le truppe ugandesi della missione AMISOM, incaricate di controllare la capitale e contrastare il ritorno delle milizie islamiche. È atteso per i mesi successivi l'arrivo nel Paese del resto dei caschi verdi, con truppe provenienti da Nigeria, Ghana, Malawi e Burundi, che compongono le forze di pacificazione.
Per quanto riguarda la presenza delle Organizzazioni Non Governative nella macroarea dell’Africa Orientale, è bene sottolineare il ruolo che alcune di esse hanno particolarmente rivestito in specifici scenari nazionali. Ci si riferisce in particolare al ruolo svolto da Care International, Medici senza Frontiere, OXFAM, UNICEF e anche UNHCR, soprattutto quest’ultima per quanto concerne lo scenario del Rwanda e dell’Uganda.

[1] Alla caduta del regime dittatoriale di Siad Barre nel 1991, sono seguiti quindici anni di disordini in tutta la Somalia ed i numerosi pretendenti alla guida del Paese si sono combattuti senza però riuscire a controllare l’intero territorio. La lotta per il potere contrappose diversi gruppi tribali, in un crescendo di violenza accompagnato peraltro da una terribile carestia. Gli anni di disordini hanno reso la Somalia un Paese ingovernabile e senza controllo; tale situazione di completo disordine portò la popolazione ad una povertà estrema alla mercé delle milizie dei vari warlords che imperversarono per anni in gran parte del sud del Paese (zona fertile ed agricola della Somalia). I “signori della guerra” peraltro costrinsero al ritiro i caschi blu dell'ONU nel 1995 ed il fallimento della missione UNOSOM. La fine degli anni '90 fu caratterizzata da intensi scambi diplomatici che portarono agli accordi fra ventisei fazioni (1997), alla Conferenza di pace di Gibuti (2000), ed alla Conferenza di pace di Mbagathi (2002). Nel 2004 il processo di pacificazione in Somalia sembrava avviarsi ad una conclusione; in questo senso vennero eletti dalla IGAD (Intergovernmental Authority on Development, l'organizzazione politico-commerciale formata dai paesi del Corno d'Africa) un parlamento federale e furono nominati un Presidente ad interim (Abdullah Yusuf) ed un Governo, il Governo Federale di Transizione (Primo Ministro Mohamed Geddi). Queste deboli istituzioni tuttavia non riuscirono a rendere effettivo il loro potere e a governare davvero il Paese, anche a causa della presenza dei warlords di Mogadiscio, contrari alla formazione di un governo di transizione. Nell'estate del 2006 giunse una nuova crisi; le milizie controllate dalle Corti islamiche cacciarono da Mogadiscio, con l'appoggio della popolazione civile, i warlords e presero il controllo della parte centro-meridionale del Paese. Per contrastare la loro avanzata e impedire il rovesciamento del governo provvisorio somalo, internazionalmente riconosciuto, l'esercito etiope accorse in aiuto dell'esercito governativo somalo, sostenuto anche da Uganda, Yemen e Kenya, che però si rifugiò a Baidoa (a circa 250 chilometri da Mogadiscio) perdendo, di fatto, il controllo della Capitale. A tale riguardo, venne condotta, senza risultati, una intensa attività diplomatica sotto la mediazione di IGAD, Lega araba e ONU, per cercare di raggiungere un accordo tra le Corti islamiche ed il governo provvisorio. Nell’impossibilità di trovare una soluzione al problema della Somalia, il 6 dicembre 2006 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approvò la Risoluzione 1725, che diede il via libera formale allo schieramento in Somalia di una forza internazionale regionale, denominata IGASOM (sotto gli auspici dell’IGAD), con il compito di “monitorare e mantenere la sicurezza a Baidoa”. Pochi giorni dopo si riacuirono gli scontri tra le milizie delle Corti islamiche e le truppe fedeli al governo provvisorio di Baidoa. Alla fine di dicembre 2006, le truppe etiopi, intervenute pesantemente a sostegno del governo, entrarono nella capitale somala dopo pochi ma violentissimi giorni di guerra.
Il blog è aggiornato da Massimo Coltrinari. per informazioni: ricerca23@libero.it

Macro Regione Africa Occientale

ARTICOLAZIONE
BENIN BURKINA FASO CAPO VERDE COSTA D’AVORIO GAMBIA GHANA GUINEA GUINEA-BISSAU LIBERIA MALI MAURITANIA NIGER NIGERIA SENEGAL SIERRA LEONE TOGO
Paese
Area (migloia kmq)
Popolazione (in milioni)
BENIN
112,62
7,04
BURKINA FASO
274,20
13,57
CAPO VERDE
4,03
0,40
COSTA D’AVORIO
322,46
18,15
GAMBIA
10,38
1,37
GHANA
238,54
21,03
GUINEA
245,85
7,47
GUINEA-BISSAU
36,12
1,34
LIBERIA
111,37
3,48
MALI
1240,14
11,34
MAURITANIA
1030,70
2,67
NIGER
1267,OO
10,07
NIGERIA
923,77
148,09
SENEGAL
196,19
10,28
SIERRA LEONE
71,74
5,43
TOGO
56,78
5,55


Analisi dei fattori di squilibrio della macro area (dati 2006)

1) FATTORE STORICO CONFLITTI - Per molti anni, vaste parti dell'Africa occidentale hanno vissuto situazioni di instabilità e di conflitto. Come risultato, la regione ospita un grande numero di operazioni di pace delle Nazioni Unite, nonché attività di sviluppo ed a carattere umanitario. Due missioni di pace delle Nazioni Unite sono presenti in Sierra Leone, con 17 mila soldati, e in Liberia, con 10 mila persone; altre nazioni dell’Africa occidentale sono state coinvolte in guerre civili o di frontiera. Sono il Mali, il Senegal, la Mauritania, il Niger, la Guinea-Bissau, la Guinea, la Costa d’Avorio e la Nigeria. A parte la Guinea e la Guinea-Bissau, si è trattato quasi sempre di leader regionali che hanno sfruttato, spesso con l’aiuto di potenze straniere, risentimenti delle popolazioni che si sentivano messe da parte nei processi nazionali di sviluppo.

2) PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO - Le sopra citate guerre hanno contribuito notevolmente a creare instabilità negli Stati vicini; nelle due Guinee, ad esempio, sono le guerre di oltre confine che le hanno insanguinate. Esercitando il cosiddetto “diritto di inseguimento” dei ribelli della Casamance, il Senegal ha finito per creare spaccature nelle forze armate della Guinea-Bissau, che sono sfociate nella guerra aperta e nella instabilità politica. In quanto alla Guinea-Conakry, essa ha ospitato molti dei presidenti deposti delle vicine Liberia e Sierra-Leone e un gran numero di rifugiati. Per tutti gli anni ’90, essi rappresentavano oltre il 10 per cento della popolazione. Inoltre alcuni dei dirigenti governativi e i leader di movimenti di guerriglia in Sierra-Leone e in Liberia, erano di chiara origine guineana. Questo fatto ha insospettito gli altri leader politici al punto di attaccare le città e i villaggi di frontiera della Guinea.

3) RIFUGIATI - L’intera regione è stata destabilizzata dal conflitto civile scoppiato in Liberia nel 1989. Circa 2,4 milioni di persone, quasi il 70 per cento della popolazione del Paese, hanno dovuto abbandonare le loro case. La confinante Costa d´Avorio, un tempo una delle nazioni più stabili del continente, è precipitata nella guerra alla fine del 2002, provocando lo sradicamento all´interno del Paese di circa 800mila persone e la fuga all´estero di altre 400mila. Secondo l’UNHCR comunque, nel 2005 il numero globale di rifugiati, coloro che hanno attraversato un confine internazionale, è diminuito per il quinto anno consecutivo. Dal 2001 alla fine del 2005, il numero dei rifugiati è sceso del 31 per cento, passando da 12,1 milioni a 8,4 milioni, con punte del 19 per cento in Africa Occidentale.

4) DISOCCUPAZIONE - L’attuale livello di disoccupazione in Africa Occidentale è una bomba a tempo per la regione. In alcuni Stati, come la Sierra Leone, la percentuale di giovani senza lavoro è superiore al 50%. Il problema della disoccupazione giovanile è sia di livello socio-economico che di sicurezza politica, in quanto i giovani senza lavoro sono pronti, in cambio di denaro, ad imbracciare le armi ed alimentare le file delle bande criminali. La creazione di posti di lavoro diviene cosi uno strumento chiave per la prevenzione di conflitti futuri.

5) SFRUTTAMENTO PETROLIO/ORO/DIAMANTI - Per i Paesi dell’Africa Occidentale, spesso possedere ricchezze minerarie è una condanna peggiore che esserne privi. Invece di ricchezza, le attività estrattive portano violenza e disagi sociali; le multinazionali, mancando una legislazione internazionale che ne limiti l'operato, estraggono oro, diamanti, petrolio senza curarsi del disastroso impatto ambientale e sociale derivante.
6) I conflitti piu' eclatanti correlati al diamante, sono stati le ultradecennali guerre di Liberia e Sierra Leone, ma negli ultimi 20 anni praticamente tutte le guerre dell'Africa Occidentale sono state finanziate coi diamanti. E praticamente tutte le fazioni in lotta hanno creato una loro rete di sfruttamento: dall'estrazione, spesso effettuata da mano d'opera schiavile, composta in gran parte da ragazzini, al trasporto ed alla vendita verso i Paesi ricchi.

7) AREA GEOGRAFICA - L'Africa Occidentale è un'area con grandi differenze geografiche, di biodiversità e di culture. Il continente africano è principalmente orientato su un asse nord-sud, con una sporgenza ad ovest, e questa parte sporgente può essere considerata l'Africa Occidentale. Le Nazioni di quest'area (con l'ex potenza colonizzatrice che li controllava) confinanti con l'Atlantico, da nord-ovest a sud-est sono: Benin (Francia), Costa d'Avorio (Francia), Gambia (Regno Unito), Ghana (Regno Unito), Guinea (Francia), Guinea-Bissau (Portogallo), Liberia (Regno Unito), Mauritania (Francia), Nigeria (Regno Unito), Senegal (Francia), Sierra Leone (Regno Unito), Togo (Germania, Francia). I paesi senza sbocco sul mare sono Burkina Faso (Francia), Ciad (Francia), Mali (Francia), Niger (Francia). I confini coloniali che si riflettono negli attuali confini fra le nazioni dell’area non tenevano conto dei gruppi etnici e delle linee culturali, e spesso dividono singoli gruppi etnici tra due o più Stati.

8) AREA FORESTALE - In Africa Occidentale grandi parti delle residue aree di foresta tropicale sono minacciate dal taglio illegale di alberi. Le selve millenarie di Nigeria, Ghana e Costa d'Avorio sono state quasi interamente distrutte. Fino a poco fa la Liberia era l'unico Paese della regione le cui foreste rimanevano intatte. Ma dalla fine della guerra nel 1997, le compagnie del legno europee hanno cominciato a distruggere anche qui con operazioni di vasta scala. Denuncia Greenpeace: “Negli ultimi 30 anni l'Africa ha perso due terzi delle foreste tropicali (negli ultimi dieci ha perduto oltre 55 milioni di ettari di vegetazione, con un incremento del 25% del tasso di distruzione rispetto all'epoca del Summit di Rio). I Paesi africani hanno aumentato la loro produzione industriale di legno del 58% dalla metà degli anni '90. Nello stesso periodo non c'è stata alcuna significativa crescita delle aree di foresta destinate alla conservazione. Al contrario diversi milioni di ettari di foresta incontaminata sono stati ceduti alle compagnie del legno”. Se si continua così, tra vent’anni, non ci sarà più nulla da tagliare.

9) FAZIONI ETNICHE/RELIGIOSE - La diverse etnie presenti in Africa Occidentale si distinguono tra loro soprattutto per motivi legati alle loro stesse origini territoriali e culturali; i Bambara, ad esempio, popolo nomade dedito al commercio, in Burkina Faso e Costa d’Avorio sono conosciuti come Dioula. Il Mali conta circa 15 gruppi etnici diversi distribuiti su tutto il territorio secondo le loro attività principali. L’animismo in Africa occidentale è la religione autoctona praticata da molto tempo ancor prima che arrivassero Islam e Cristianesimo, considerate religioni dei popoli invasori. Queste religioni sono state in generale accettate dalle popolazioni ma adattate alle loro credenze e sovente snaturate dei loro messaggi originali.

10) MOV. INT. STRATI POP - L'Africa è sempre stata ed è un continente di flussi migratori: trasferimenti di popoli di allevatori in cerca di pascoli ed acqua, secondo la stagione; abbandono di villaggi per fuggire da fenomeni incomprensibili o considerati come maledizioni alla ricerca di terre fertili, oppure al riparo da guerre. Una storia di nomadismo, radicata nella tradizione africana stessa, dettata dalla necessità di rendersi indipendenti, dalla ricerca di lavoro per farsi la dote e contrarre matrimonio esogamico. Vi sono poi fattori economici, sociali, culturali e politici intrecciati tra di loro che costringono gli Africani ad abbandonare i propri paesi di origine. Le popolazioni del Mali, Burkina Faso e Niger, sono le nazioni di origine più attive per quanto riguarda l’emigrazione; la direzione tradizionale sono i Paesi della Costa. Pertanto, esiste una popolazione di movimenti migratori verso i paesi con alti indici di crescita economica e/o più stabili, e vi sono persino movimenti contrari nel caso del prodursi di una depressione o un conflitto in questi paesi. Stati come Nigeria e la Costa d'Avorio accolgono i lavoratori di altre zone del continente, che scacciano brutalmente ogni volta che si manifesta una crisi economica.
11) REGIME POLITICO - Fino a dieci anni fa, il golpe ha dominato la scena politica dell’Africa Occidentale. Il Senegal rappresenta l’eccezione alla regola: è l’unica nazione nella regione ovest del Continente Nero a non aver registrato colpi di stato da quando, nel 1960, raggiunse ufficialmente l’indipendenza dalla Francia come Federazione del Mali, l'effimera unione tra Senegal e Sudan francese. Il vento salutare del pluralismo politico sta soffiando anche nell’esplosiva Nigeria. Con una popolazione di 140 milioni di abitanti, lo Stato federale, aspramente diviso religiosamente ed etnicamente, sperimenterà un cambiamento da un governo civile ad un altro. Bruxelles è impegnatissima nel sostenere le elezioni nell’Africa Occidentale. L’Unione Europea è visibilmente presente con il suo impegno per la democrazia, in occasione di queste elezioni, accanto alle ex potenze coloniali Francia e Gran Bretagna.

12) NUOVI STATI FORMAZIONE INSTABILE - Non si registrano nell’area Stati di recentissima formazione; gli Stati dell’area risalgono all’epoca della decolonizzazione anni ’60.

13) CORRUZIONE - La corruzione è ormai moneta corrente nella vita quotidiana delle popolazioni in Africa Occidentale, dove ha raggiunto tutti gli strati della società civile e dello Stato, dai più elevati ai più bassi, eccezion fatta per qualche oasi rimasta quasi miracolosamente immune. Si tratta di un vero e proprio « sistema socio-economico parallelo », che si è instaurato col favore di strutture statali indebolite, svuotatesi a poco a poco della loro sostanza. Oggi queste strutture non assolvono praticamente più nessuno dei loro compiti di fronte ai cittadini, nemmeno nei settori più sensibili come l’educazione, il lavoro, la salute.

14) PNL PRO CAPITE - 267 milioni di abitanti (16 paesi) con PNL 75,8 ovvero PNL/abitante = 356

15) CRESCITA ECONOMICA % - La progressione dell’area è "relativamente moderata" (4%), considerata la presenza nella zona dell'unione economica e monetaria africana occidentale (Uemoa), a causa della persistenza di crisi strutturali (energia, prodotti chimici) e della crisi ivoriana. L'insicurezza alimentare è ancora un serio problema per molti paesi africani, in particolar modo in Africa occidentale.

16) FORZA LAVORO IN AGRICOLTURA - Per quanto riguarda il settore del cotone, in Africa occidentale il rendimento è vicino ad una tonnellata per ettaro, mentre in altre regioni geografiche, particolarmente in Asia ed in America latina, certi paesi producono già 10 tonnellate per ettaro. Se le sovvenzioni ai paesi africani sparissero, i Paesi che ne approfitterebbero a livello internazionale sono proprio quelli sudamericani. È la ragione per quale il FMI consiglia ai paese africani di continuare le loro andature mirando l'abbandono delle sovvenzioni ed il miglioramento dell'efficacia del settore agricolo.

17) HIV/SIDA - In Africa occidentale, i fattori di propagazione dell'epidemia sono i prestatori di lavoro del sesso ed i commercianti ambulanti. Limitrofo del Togo, all’est, e della Nigeria, all'ovest, il Benin è attraversato dallo strada commerciale più frequentata dell’Africa occidentale, un corridoio utilizzato ogni anno da oltre 3 milioni di persone che viaggiano tra Abidjan, in Costa d’ avorio, e Lagos, capitale economica della Nigeria. I consulenti tecnici della salute considerano questo corridoio come il principale asse di trasmissione del HIV/AIDS in Africa occidentale.

18) DISASTRI NATURALI - Nel 2007 si sono avuti essenzialmente fenomeni di origine climatica ( alluvioni in Congo ) o biologici ( invasioni di cavallette migratrici in Mauritania ). Molti abitanti dell’Africa Occidentale stanno attraversando una lunga “stagione di fame” dovuta alla combinazione di guerra, siccità aggravate dall’invasione di locuste degli ultimi anni. I paesi coinvolti nella crisi alimentare dell’Africa Occidentale sono il Niger, il Mali, la Mauritania, il Ciad, la Costa d’Avorio e il Togo.

19) ISOLAMENTO GEOGRAFICO - Gli africani occidentali vivono in larga maggioranza nelle regioni interne del continente e devono affrontare costi enormi per trasportare le merci dai porti ai luoghi in cui abitano: costi molto più alti di quelli asiatici, ad esempio. Inoltre, il deserto del Sahara – che di per sé moltiplica i costi di trasporto – taglia anche fuori l’Africa occidentale dalla possibilità di un intenso interscambio con l’Europa, che è il suo principale partner commerciale. Questi problemi di isolamento geografico sono aggravati dalla piccola dimensione dei mercati: sarebbe necessario un ampio e capillare sistema stradale, che è però molto costoso da costruire e mantenere. Se si aggiungono la bassa produttività dell’agricoltura e l’altissima incidenza di malattie ed epidemie, diventa più chiaro perché l’Africa ha molta difficoltà a sottrarsi all’eredità del passato

20) POPOLAZIONE - Le Nazioni Unite stimano che nel 2030 l’Africa occidentale supererà la soglia dei 400 milioni di abitanti, facendo registrare un aumento della popolazione del 70% rispetto a quella del 2000. Tale andamento fa presagire che la popolazione potrebbe decuplicare in poco meno di un secolo, rispetto ai circa 60 milioni di abitanti del 1950. Il trend non preoccupa soltanto i governi africani, ma anche quelli dell’Unione Europea, impegnati in misura crescente ad affrontare il problema dell’immigrazione massiccia proveniente dal continente africano.

21) INDICE SVILUPPO UMANO - Quasi tutti i paesi dell'Africa Occidentale stanno in coda alla graduatoria dell'Onu basata sull'indice di sviluppo umano. L'indice non si basa solo sul reddito ma anche sulla speranza di vita e sul grado di istruzione. Nell’ultimo rapporto sullo sviluppo umano dell’Onu, la Sierra Leone risulta il Paese con il più basso indice di sviluppo umano al mondo.
CRESCITÀ DEMOGRAFICA - Circa il 38% della popolazione dell’ Africa occidentale vive nelle zone urbane, ammonta ad una cifra rilevante equivalente al valore medio per l'insieme dell'Africa (CNUEH, 2001a). La crescita delle popolazioni urbane in Africa occidentale si spiega contemporaneamente per una forte crescita demografica globale e per un fenomeno di migrazione. Le pressioni demografiche, la variabilità del clima, così come la frammentazione fondiaria e quella dei sistemi tradizionali contribuisce alla degradazione del terreno e della vegetazione, riducono i rendimenti agricoli ed aggravano l'insicurezza alimentare nelle zone rurali. I sistemi educativi attuali tendono ugualmente di più a formare la popolazione a professioni urbane, piuttosto che a migliorare l'agricoltura o l'allevamento degli animali nelle zone rurali. La prospettiva di un impiego e di una migliore qualità di vita nelle zone urbane attrae sempre più le popolazioni rurali verso le città.
Organizzazioni internazionali presenti nella macro regione

In Africa Occidentale sono presenti diverse organizzazioni internazionali, operanti nei più vasti campi di soccorso economico, alimentare, e di stabilizzazione politica. Oltre alle maggiori organizzazioni internazionali, come l’ONU, la FAO, e l’UNICEF, vediamo presenti nell’area specifiche istituzioni che operano attivamente ormai da diversi anni. Analizziamo dunque le più importanti.

AU (African Union o Unione Africana o UA). Federazione nata a Durban (Sudafrica) nel 2002 dai massimi rappresentanti di tutti gli Stati africani ed ispirata all’omologa Unione Europea. Subentrata all’Organizzazione per l’unità Africana (OUA) nata nel 1963, promuove l’unità e la solidarietà degli Stati africani sottolineando da un lato la sovranità degli Stati membri e cercando, dall’altro, di porre fine ad ogni forma di retaggio coloniale. Obiettivo della Confederazione è accelerare il processo d’integrazione del continente nel tentativo di intensificare gli sforzi per la risoluzione dei problemi sociali, economici e politici.
COUNCIL OF THE ENTENTE (Council of the Entente o Consiglio dell’Accordo). Tribuna regionale costituita nel 1959 avente come obiettivo la cooperazione tra Niger, Burkina Faso, Benin e Costa d’Avorio. Il Consiglio dell’Intesa è il manifesto politico-economico di questi quattro Stati, che in passato facevano parte dell’Africa Occidentale Francese. Obiettivo del Consiglio è la cooperazione economica, sociale e politica tra gli Stati membri. Ha sede ad Abidjan (Costa d’Avorio).
WADB (West African Development Bank o Banca dello sviluppo dell’Africa dell’Ovest). Istituzione di finanziamento per lo sviluppo degli Stati dell’Unione monetaria dell’Africa dell’Ovest. Si pone come obiettivo quello di promuovere lo sviluppo equilibrato degli Stati membri al fine di realizzare l’integrazione economica dell’Africa occidentale. E’ costituita da 9 Stati africani e 6 Stati non appartenenti al continente africano. Istituita nel 1973, ha sede a Lome (Togo).

WAEMU / UEMOA (West African Economic and Monetary Union / Union Économique et Monétaire Ouest-Africaine o Unione economica e monetaria dell’ovest africano). Nata nel 1994 per favorire l’integrazione economica tra i Paesi che adottano il franco CFA, l’Uemoa si prefigge come obiettivo quello di rinforzare la competitività delle attività economiche e finanziarie degli Stati membri. I Paesi che vi partecipano sono otto. Ha sede a Ouagadougou (Burkina Faso).

ECOWAS / CEDEAO (Economic Community Of West African States / Communauté Économique Des États de l’Afrique de l’Ouest, o Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale). Nel travaglio delle guerre e delle instabilità dell’Africa occidentale, la CEDEAO sta emergendo come l’organizzazione regionale più valida di tutto il continente. Essa è stata creata nel 1975, ed attualmente conta i seguenti 15 paesi: Bénin, Burkina Faso, Capo-Verde, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Guinée-Bissau, Guinea-Conakry, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Sierra Leone, Senegal, Togo. La Mauritania si è ritirata dall’ istituzione nel 1999.
Si tratta di un’organizzazione che ha il compito di promuovere l’integrazione tra i Paesi membri “in tutte le aree di competenza economica, tra le quali l’industria, i trasporti, le telecomunicazioni, l’energia, l’agricoltura, le risorse naturali, il commercio, le questioni monetarie e finanziarie, le questioni sociali e culturali”.
Contrariamente all’Unione Africana o all’ONU, le quali si fondano su rigidi principi di non ingerenza negli affari interni degli Stati membri, la CEDEAO si è dotata fin dal principio della possibilità di intervento all’interno delle proprie frontiere in caso di minaccia alla pace o alla sicurezza della Comunità. A livello africano infatti, è la prima organizzazione di cooperazione regionale capace di intervenire militarmente in un paese membro per riportarvi la pace. Lo ha fatto in Sierra Leone in passato, al fine di rimettere al potere il presidente Kaba, democraticamente eletto; in Costa d’Avorio, insieme alla Francia, per fermare i combattimenti evitando la spartizione del paese; ha agito quindi in Liberia, su richiesta delle fazioni combattenti. Bisogna tuttavia sottolineare che tale meccanismo non agisce sulle cause profonde dei conflitti; per essere più efficace in questo settore, la CEDEAO ha provveduto alla realizzazione di un Protocollo Addizionale sulla Democrazia ed il Buon Governo, firmato da 14 Paesi membri nel 2001 (ad oggi ratificato da 9 Stati).
Nel settore della lotta alla diffusione illecita delle ALPC (Armi Legere di Piccolo Calibro), la CEDEAO agisce tramite il suo programma ECOSAF; la moratoria promossa da quest’organizzazione nel 1998 sull’esportazione, l’importazione, e la fabbricazione delle ALPC, va ad integrare il dispositivo istituzionale sopra citato, che diviene un esempio valido di azione efficace a livello regionale.
Sul piano politico ed economico, la CEDEAO ha adottato un piano di convergenza per la creazione di una moneta unica. Attualmente, le principali istituzioni dell’ECOWAS sono:
- la Commissione
- il Parlamento della Comunità
- la Corte di Giustizia della Comunità
- La Banca d’Investimento e di Sviluppo CEDEAO
A livello pratico, sono oggigiorno in corso di realizzazione due grandi opere dirette dalla CEDEAO: un piano regionale integrato per i trasporti, che collegherà con strade asfaltate tutte le capitali, ed un gasdotto che va da Lagos ad Accra, importantissimo per lo Sviluppo economico dell’area.
Lo scopo della CEDEAO a lungo termine è quello di giungere ad una federazione tra gli Stati dell’Africa occidentale. I paesi membri hanno difficoltà a riempire i loro impegni, ma la cooperazione regionale è uno strumento valido per uscire dall’instabilità permanente che da sempre caratterizza l’area.

Riguardo l’Italia, diverse sono le Organizzazioni Non Governative che operano nell’area.
Il “Gruppo di Appoggio al movimento contadino in Africa Occidentale” (GA), una rete di ONG e altre organizzazioni italiane, è nato nel 1997 in risposta ad una richiesta di dialogo politico rivolta alle ONG da parte di una piattaforma emergente di organizzazioni contadine dell’Africa occidentale. I membri del GA condividono la stessa visione del partenariato con le organizzazioni popolari dell’Africa occidentale, fondato sullo scambio e la concertazione. Condividono altresì la stessa visione dello sviluppo rurale di quest’area, in relazione al contesto economico generale e sociale che prevale su scala planetaria (globalizzazione). Il GA ha come missione l’appoggio al rafforzamento ed alla strutturazione delle organizzazioni contadine e del movimento contadino dell’Africa Occidentale, la promozione del dialogo e dello scambio tra questo e la società civile italiana ed europea, e la promozione di politiche commerciali, agricole e di cooperazione, italiane e europee, sostenibili e solidali.
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