Genocidio è un termine
che è stato coniato nel 1944 e che oggi è usato per eventi precedenti alla sua
coniazione, distogliendo la prospettiva reale degli eventi stessi.
Nel volume Axis Rule in Occupied Europe, scritto da
Raphael Lemkin, avvocato di origine israelita, la parola Genocidio è stata
usata per indicare lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti tedeschi
Genocidio è la combinazione della parola tratta dal greco antico “genos” con la
parola tratta dal latino “cidio”. “Genos” fu interpretato da Lemkin come
“razza” “tribù” mentre “cidio”, derivato dal verbo “caedere”, tradotto in
“massacro”. Due parole di due lingue diverse, di due culture diverse, coniate e
combinate tra loro per indicare un evento che mai si era visto prima nella storia
della umanità come il sistematico sterminio di un popolo su scala industriale,
scientifica, con il consenso di tutto un altro popolo e non solo, ma anche di
parte di altri popoli, come fu l’azione dei nazisti tedeschi verso gli ebrei
dal 1933 al 1945.
L’uso di questa parola dovrebbe essere
limitato al solo sterminio degli ebrei in Germania nel periodo considerato, dalle
le peculiarità che esso mostra. Invece è diventato di uso comune in tutte le
lingue per indicare altri eventi che poco hanno a che fare con lo sterminio
degli ebrei, anche se vi sono alcuni elementi in comune. Abbiamo quindi il
genocidio dei pellirossa negli Stati Uniti, il genocidio degli Armeni (195
-1916), il genocidio dei bosniaci (Anni ’90), il genocidio in Ruanda (anni
’90).
Applicare al passato
criteri e mentalità di oggi è diventata una prassi comune. L’uso di termini
impropri agevola questo che si può chiamare “anacronismo”. IL problema sorge
quando degli anacronismi se ne fa un uso strategico per legittimare obiettivi
di potenza. Niente è più pericoloso di un anacronismo abbracciato con
entusiasmo dal popolo.[1]
[1]
Nota elabarota sull’articolo “Manuale di
sopravvivenza agli anacronismi”, di Jacob L. Shapiro, in Limes, Rivista
Italiana di Geopolitica, Agosto 2020
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