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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

venerdì 27 novembre 2015

Gibuti: la prima base cinese all'estero


La ristrutturazione militare cinese passa da Gibuti 
Elvio Rotondo
01/12/2015
 più piccolopiù grande
Rivoluzione militare in Cina. Pechino apre per la prima volta nella storia una base militare all’estero e mette in moto un cambiamento strategico radicale che segnala una nuova fase della proiezione militare cinese nel mondo.

L’obiettivo è quello di trasformare l’esercito in una struttura “più ampia, più integrata, multifunzionale e flessibile”. Per farlo, crescerà anche il bilancio della difesa cinese, che è destinato ad aumentare di un ulteriore 10% rispetto allo scorso anno, raggiungendo circa 145 miliardi di dollari. Secondo molti analisti stranieri la percentuale potrebbe essere anche più elevata.

Prima base militare cinese all’estero 
La prima base militare cinese all’estero aprirà a Gibuti, paese piccolo ma strategico per la sua posizione a guardia del Corno d’Africa. Piccolo Stato situato all'imbocco dello stretto di Babel Mandeb tra il Mar Rosso e l'Oceano Indiano e punto strategico del Corno d'Africa, Gibuti è sempre stato visto con interesse dalla Cina, che sarebbe riuscita, siglando un accordo della durata di 10 anni, nell’intento di installarvi una “base” di supporto logistico.

La Marina militare cinese, nell’ambito delle operazioni anti-pirateria, utilizza già da tempo il porto di Gibuti, come un punto d'appoggio per gli approvvigionamenti.

La “base”, concepita come una struttura di sostegno logistico, sarà destinata principalmente alla fornitura di servizi, oltre al fatto che sarebbe il primo avamposto militare cinese all'estero, fatto sicuramente non trascurabile.

Gibuti,oltre a essere una rara oasi di stabilità nel Corno d'Africa, è indubbiamente un punto strategicamente importante da cui partire per proteggere le importazioni di petrolio dal Medio Oriente che attraversano l'Oceano Indiano verso la Cina.

La tela cinese in Africa
A tale scopo, la Cina conduce pattugliamenti anti-pirateria dal 2008, con un totale di 21 flotte di scorta, più di 60 navi, per effettuare missioni nel Golfo di Aden e al largo della Somalia facendo affidamento, finora, su porti stranieri per il rifornimento.

Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, ha dichiarato che "la costruzione delle strutture aiuterebbe ulteriormente la marina militare cinese e l'esercito nella partecipazione alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, nelle missioni di scorta nelle acque vicino alla Somalia e al Golfo di Aden, e nell’assistenza umanitaria".

La Cina vuole infatti avere un ruolo maggiore nel garantire la pace e la stabilità regionale e gli accordi nell’interesse di entrambi i paesi.

La struttura, oltre a servire da hub logistico, consentirà ai cinesi di "estendere la loro portata". Una base cinese nel Corno d’Africa aumenterebbe la presenza della Cina nel continente africano, dove ha già una presenza militare permanente di circa 2mila truppe, schierate in missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite.

In futuro potrebbero essercene molti di più. Dalla tribuna dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il presidente cinese Xi Jinping ha parlato di una Cina disposta ad aderire al nuovo sistema per la preparazione delle operazioni di pace delle Nazioni Unite, annunciando che opererà un contingente permanente di forze di polizia e riservisti formato da 8mila uomini.

Gibuti, potenziale hub del traffico internazionale
L’accordo della Cina con Gibuti, secondo quanto riportato dal New York Times, si inserisce nel piano di sviluppo del piccolo paese africano, il cui governo si sta concentrando su "strade, porti, aeroporti e infrastrutture di telecomunicazioni per rendere Gibuti l’hub del traffico regionale e internazionale".

Con una popolazione di circa 900 mila abitanti, Gibuti starebbe pianificando di investire $ 6 miliardi nell'iniziativa, ed è anche alla ricerca di ulteriori investimenti stranieri. Siti ufficiali affermano l’intenzione di costruire almeno altri sei porti.

Oltre alla base cinese, Gibuti ne ospita anche una statunitense a Camp Lemonnier, dove sono ospitati circa 4.000 soldati, incluse forze speciali e civili. Recentemente, gli Usa hanno rinnovato l’accordo per la permanenza nella base per dieci anni con l’opzione per altri dieci.

Anche la Francia mantiene una base a Gibuti, ex colonia francese. Il Giappone partecipa alle operazioni antipirateria delle Nazioni Unite con aerei di sorveglianza e personale vario.

Gli italiani sono presenti con circa 80 militari che compongono il nucleo permanente della missione. La Base fornisce supporto ai contingenti nazionali che operano nell’area del Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano.

La crisi del Dragone e gli effetti in Africa
Secondo alcuni dati riportati dal Foreign Times, molte nazioni africane, in particolare esportatori di materie prime, sono state duramente colpite dal recente rallentamento economico della Cina che è stato il primo mercato per le merci di molti paesi.

Gli scambi commerciali tra Cina e Africa nel 2014 hanno superato i 220 miliardi di dollari, rispetto ai 10 miliardi del 2003. La Cina è stata il più grande partner commerciale del continente dal 2009, superando gli Stati Uniti.

L’accordo con Gibuti rappresenta un grande risultato per la Cina, che a lungo ha cercato di rafforzare la sua influenza in luoghi considerati passaggi strategici obbligati, consolidando così una presenza davvero massiccia nel continente africano.

Elvio Rotondo è Country Analyst de “Il Nodo di Gordio”.

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