Area euro-mediterranea Sviluppo delle produzioni agroalimentari: il Marocco Daniela Corona 11/06/2015 |
Il Piano Marocco Verde
Il “Piano Marocco Verde” (Plan Maroc Vert) lanciato nel 2008 si situa al cuore di questo processo di riforme, e porta in primo piano l’emergenza di sviluppare il sistema agricolo nazionale attraverso riforme che ne accentuino la produzione e migliorino la qualità dei prodotti creando, al contempo, un clima favorevole agli investimenti diretti stranieri.
Secondo le ultime stime fornite dalla FAO, la popolazione marocchina passerà dagli attuali quasi 34 milioni agli oltre 42 milioni nel 2050 (mentre in tutto il continente africano si conteranno circa 2 miliardi di persone); allo stesso tempo, però, l’estensione di terre coltivabili diminuirà a causa del cambiamento climatico e della scarsità di risorse idriche.
Tutto ciò in un Paese dove il settore agricolo contribuisce per il 15% alla formazione del Pil e impiega il 46% della popolazione attiva. A fronte di tali dati, è evidente che la sicurezza alimentare (intesa come l’accesso costante e generalizzato al cibo e all’acqua necessari per vivere) non potrà essere garantita dal sistema agricolo tradizionale.
Nuove tecnologie in agricoltura
È per questa ragione che, sempre più, anche il Marocco sembra essere tentato dalla possibilità di aprire le porte all’utilizzo degli Ogm come strumento per aumentare la produzione agricola, alla stregua di altri Paesi africani che l’hanno già fatto (Sudafrica, Burkina Faso, Egitto e Sudan) o che si accingono a farlo (Camerun, Ghana, Kenya e Malawi).
Ad oggi, nel Paese non c’è un chiaro quadro normativo quanto all’uso e alla commercializzazione di prodotti geneticamente modificati: da un lato, in virtù di una semplice circolare del Ministero dell’Agricoltura del 1999, è vietato formalmente l’ingresso, la coltivazione e la commercializzazione di prodotti Ogm (salvo per i mangimi animali); dall’altro, secondo un documento ufficiale del 2013 relativo alla disciplina nazionale sulla bio-sicurezza, l’introduzione delle moderne biotecnologie non è esclusa nel prossimo futuro.
Dove alla fine cadrà la scelta del Marocco dipende anche dall’influenza di due importanti partner commerciali del Paese: l’Unione europea (Ue), con cui il Marocco ha antichi e profondi legami storici, culturali ed economici, e gli Stati Uniti, con cui il Paese ha un accordo di libero scambio dal 2004.
Tradizionalmente situati su fronti opposti quanto alla questione degli Ogm, l’Ue e gli Stati Uniti stanno di fatto spingendo il Marocco verso due posizioni opposte.
Rapporti con l’Ue
L’Ue, con cui il Marocco sta negoziando un nuovo accordo di libero scambio (“Deep and comprehensive free trade agreement”, Dcfta), ha approvato un programma di supporto al “Piano Marocco Verde” per il periodo 2010-2014 che prevede il sostegno ai piccoli agricoltori, investimenti in tecnologie e nella ricerca.
Da parte sua, il Marocco sta adattando il proprio quadro regolamentare per la sicurezza alimentare proprio sul modello della legislazione vigente nell’Ue con lo scopo di favorire e intensificare gli scambi commerciali.
I rigidi controlli nella filiera alimentare previsti dalla legge quadro approvata nel 2010 (Loi n° 28-07) e le regole di etichettatura stabilite nel 2013 (Décret n° 2-12-389) sono chiari esempi di come il Marocco stia seriamente perseguendo l’obiettivo di innalzare il livello di sicurezza alimentare (qui intesa come salubrità igienica e nutrizionale degli alimenti) allineandolo agli standard europei.
Rapporti con gli Stati Uniti
Allo stesso tempo però, dalla sponda atlantica, arrivano incentivi e contributi miranti ad aumentare l’interesse del Marocco verso i potenziali benefici delle nuove biotecnologie applicate al settore agricolo.
Il potente Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti stanzia annualmente fondi destinati proprio ad accogliere e formare personale proveniente dai Paesi in via di sviluppo tra cui, appunto, tecnici, funzionari e scienziati marocchini, con lo scopo dichiarato di “preparare il terreno” all’ingresso del settore delle biotecnologie nel Paese.
La sfida del Morocco nel prossimo futuro sarà dunque quella di riuscire a costruire, basato sui tre pilastri dello sviluppo sostenibile, un sistema produttivo che sappia coniugare l’aumento della produzione agricola con la qualità e la sicurezza dei prodotti; il sostegno ai piccoli agricoltori con gli interessi dei grandi finanziatori, tra cui anche gli Stati Uniti e alcuni Stati europei.
Daniela Corona ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Diritto dell’Unione europea presso l’European University Institute di Firenze ed insegna attualmente al Collège d’Europe di Bruges.