L’operazione, seguita dall’interrogatorio di Abu Anas a bordo della USS San Antonio nelle acque del Mediterraneo, ha suscitato inevitabilmente fortissimi strali polemici in Libia. Provocati, in particolare, dalla notizia – diffusa da W! ashington – secondo cui il governo di Tripoli avrebbe saputo in anticipo del raid e ne avrebbe dunque consentito l’attuazione. Le tensioni sono culminate nel sequestro, per alcune ore, del Premier Ali Zeidan nella giornata di giovedì 10 ottobre. Il capo del governo è stato prelevato dalla sua stanza all’Hotel Corinthia, a Tripoli, da un gruppo di circa 150 uomini armati parte del Libya Revolutionaries Operations Room (LROR), milizia preposta alla protezione della capitale e alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Zeidan sarebbe stato liberato poche ore dopo grazie all’intervento di altre miliziani locali. L’episodio ha comunque confermato, ancora una volta, il grave vuoto di sicurezza che affligge il Paese e la capacità delle milizie islamiste – spesso rispondenti a obiettivi e agende diverse - di minacciare e influenzare le fragili istituzioni democratiche realizzate dopo la caduta del regime di Gheddafi.
lunedì 28 ottobre 2013
LIbia: un raid dalle infinite ripercussioni
Libia
Gli ultimi giorni sono stati segnati dalle conseguenze del raid con cui, sabato 5 ottobre, un team delle Forze Speciali statunitensi ha arrestato a Tripoli Abu Anas al-Libi, ritenuto da Washington tra i responsabili degli attacchi del 1998 alle ambasciate USA in Kenya e Tanzania. Abu Anas è stato fermato da un gruppo di 8-9 uomini armati e a viso coperto mentre viaggiava a bordo di un’ auto assieme a suo figlio nella zona orientale della capitale libica, area roccaforte di più gruppi di matrice islamista. Secondo la testimonianza del figlio di Abu Anas, all’interno del gruppo vi sarebbero stati almeno due libici, cosa che lascia presupporre il coinvolgimento di gruppi locali nel raid statunitense.
L’operazione, seguita dall’interrogatorio di Abu Anas a bordo della USS San Antonio nelle acque del Mediterraneo, ha suscitato inevitabilmente fortissimi strali polemici in Libia. Provocati, in particolare, dalla notizia – diffusa da W! ashington – secondo cui il governo di Tripoli avrebbe saputo in anticipo del raid e ne avrebbe dunque consentito l’attuazione. Le tensioni sono culminate nel sequestro, per alcune ore, del Premier Ali Zeidan nella giornata di giovedì 10 ottobre. Il capo del governo è stato prelevato dalla sua stanza all’Hotel Corinthia, a Tripoli, da un gruppo di circa 150 uomini armati parte del Libya Revolutionaries Operations Room (LROR), milizia preposta alla protezione della capitale e alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Zeidan sarebbe stato liberato poche ore dopo grazie all’intervento di altre miliziani locali. L’episodio ha comunque confermato, ancora una volta, il grave vuoto di sicurezza che affligge il Paese e la capacità delle milizie islamiste – spesso rispondenti a obiettivi e agende diverse - di minacciare e influenzare le fragili istituzioni democratiche realizzate dopo la caduta del regime di Gheddafi.
L’operazione, seguita dall’interrogatorio di Abu Anas a bordo della USS San Antonio nelle acque del Mediterraneo, ha suscitato inevitabilmente fortissimi strali polemici in Libia. Provocati, in particolare, dalla notizia – diffusa da W! ashington – secondo cui il governo di Tripoli avrebbe saputo in anticipo del raid e ne avrebbe dunque consentito l’attuazione. Le tensioni sono culminate nel sequestro, per alcune ore, del Premier Ali Zeidan nella giornata di giovedì 10 ottobre. Il capo del governo è stato prelevato dalla sua stanza all’Hotel Corinthia, a Tripoli, da un gruppo di circa 150 uomini armati parte del Libya Revolutionaries Operations Room (LROR), milizia preposta alla protezione della capitale e alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Zeidan sarebbe stato liberato poche ore dopo grazie all’intervento di altre miliziani locali. L’episodio ha comunque confermato, ancora una volta, il grave vuoto di sicurezza che affligge il Paese e la capacità delle milizie islamiste – spesso rispondenti a obiettivi e agende diverse - di minacciare e influenzare le fragili istituzioni democratiche realizzate dopo la caduta del regime di Gheddafi.
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