Libia
Il 30 settembre, un gruppo armato formato da miliziani Amazigh, tribù berbera del nord del Paese, ha attaccato l’infrastruttura gasifera di Mellitah, nei pressi di Nalut, cittadina nord-occidentale al confine con la Tunisia. In seguito all’irruzione, gli impianti della stazione di compressione, operata dall’italiana ENI, sono stati spenti. Mellitah è il punto di inizio del Greenstream, gasdotto che rifornisce l’Italia. Le ragioni che hanno portato all’attacco dell’infrastruttura energetica da parte dei miliziani Amazigh sono da ricercare nelle rivendicazioni politiche, economiche e sociali che la minoranza berbera continua a manifestare nei confronti del governo di Tripoli, prima fra tutte l’aumento dei salari e il riconoscimento del Tamazigh, la lingua degli Amazigh, come lingua ufficiale della Libia al pari dell’arabo. La prassi di attaccare le infrastrutture energetiche come forma di rappresaglia verso il governo centrale è! diventata un modus operandi sempre più diffuso tra le milizie ribelli. Infatti, alcuni mesi fa, milizie di etnia Toubou avevano attaccato le strutture estrattive del bacino petrolifero Elefante, nella parte centro-occidentale del Paese, operato da una società consorziata con ENI. Oltre a rappresentare un rischio di natura politica e di sicurezza, tali ostilità da parte delle milizie pregiudicano la ripresa economica libica e mettono in pericolo l’approvvigionamento energetico dei suoi clienti, tra cui l’Italia. Basti pensare che, da quando è caduto il regime di Gheddafi, la produzione petrolifera libica è passata da 1,5 milioni di barili al giorno ad appena 100.000.
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Geopolitical Weekly n°123 |
lunedì 7 ottobre 2013
LIbia: attacchi alle infrastrutture petrolifere
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