sabato 15 giugno 2013
Sudan: rapporti sempre difficili con il Sud Sudan per il petrolio
Lo scorso 8 giugno il Presidente sudanese, Omar Hasan Ahmad al-Bashir, ha ordinato l’interruzione dei flussi dell’oleodotto che conduce il greggio dal Sudan del Sud fino a Port-Said, sulla costa del Mar Rosso, in Sudan. La condotta, secondo quanto stabilito dal governo sudanese, dovrebbe tornare in funzione tra 60 giorni. Il petrolio sud-sudanese aveva ricominciato a transitare dal Sudan ad aprile, dopo un’interruzione di più di un anno causata da un’escalation delle tensioni tra i due Paesi, dovute in particolare alla questione delle quote sui profitti della vendita del greggio e al costo del suo transito.
Il 27 maggio, Bashir ha minacciato di fermare l’oleodotto se Juba avesse continuato a supportare i ribelli dell’SRF (Sudan Revolutionary Front), attivi in particolare nel Sud del Kordofan e nella regione del Nilo Azzurro con l’obiettivo di rovesciare il regime sudanese. Secondo il capo dell’intelligence sudanese, Mohamm! ed Atta, i guerriglieri continuano ad essere riforniti da Juba con armi, munizioni, benzina, pezzi di ricambio per mezzi e cibo. Khartoum suppone inoltre che Juba utilizzi, o possa utilizzare, gli utili derivanti dal petrolio per sostenere la guerriglia.
A seguito degli accordi stretti tra le due parti nel 2011 – quando cioè il Sudan del Sud ha ottenuto l’indipendenza da Khartoum – Juba ha conservato il 75 per cento di quella che era la produzione petrolifera complessiva sudanese, ma continua tuttavia a dipendere dalle infrastrutture e dai porti del Sudan per le esportazioni. L’interruzione dei flussi in territorio sudanese causano dunque grossi danni economici al Sudan del Sud, che ricava dai suoi depositi di greggio il 98 per cento dei profitti statali ed è privo di sbocchi sul mare. Va rilevato, in ogni caso, come anche l’economia di Khartoum potrebbe risentire negativamente del blocco del traffico di petrolio, considerati gli ingenti utili delle esportazio! ni. Quella del Sudan potrebbe dunque essere nient’altro che un’ulteriore intimidazione nei confronti del vicino meridionale.
Il 27 maggio, Bashir ha minacciato di fermare l’oleodotto se Juba avesse continuato a supportare i ribelli dell’SRF (Sudan Revolutionary Front), attivi in particolare nel Sud del Kordofan e nella regione del Nilo Azzurro con l’obiettivo di rovesciare il regime sudanese. Secondo il capo dell’intelligence sudanese, Mohamm! ed Atta, i guerriglieri continuano ad essere riforniti da Juba con armi, munizioni, benzina, pezzi di ricambio per mezzi e cibo. Khartoum suppone inoltre che Juba utilizzi, o possa utilizzare, gli utili derivanti dal petrolio per sostenere la guerriglia.
A seguito degli accordi stretti tra le due parti nel 2011 – quando cioè il Sudan del Sud ha ottenuto l’indipendenza da Khartoum – Juba ha conservato il 75 per cento di quella che era la produzione petrolifera complessiva sudanese, ma continua tuttavia a dipendere dalle infrastrutture e dai porti del Sudan per le esportazioni. L’interruzione dei flussi in territorio sudanese causano dunque grossi danni economici al Sudan del Sud, che ricava dai suoi depositi di greggio il 98 per cento dei profitti statali ed è privo di sbocchi sul mare. Va rilevato, in ogni caso, come anche l’economia di Khartoum potrebbe risentire negativamente del blocco del traffico di petrolio, considerati gli ingenti utili delle esportazio! ni. Quella del Sudan potrebbe dunque essere nient’altro che un’ulteriore intimidazione nei confronti del vicino meridionale.
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