venerdì 16 maggio 2014
Sud Sudan: gli scontri proseguono nonostante gli accordi
Poche ore dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco siglato il 9 maggio ad Addis Abeba tra il presidente sudsudanese Kiir e il capo dei ribelli Riek Machar, si sono registrati nuovi violenti scontri nei pressi di Bentiu, capitale dello Stato di Unity, e nello Stato di Upper Nile dove sono morte circa 30 persone. Al momento, non è chiaro da chi sia stato provocato lo scontro poiché entrambe le fazioni hanno riferito di aver reagito per legittima difesa accusando la controparte di aver violato l’accordo. In ogni caso, la ripresa delle ostilità e la profonda frammentazione del contesto sudsudanese rendono difficile una risoluzione del conflitto nel breve termine. A preoccupare maggiormente è la forte recrudescenza degli scontri che contrappongono le forze governative appartenenti all’etnia maggioritaria dei dinka, da cui proviene il presidente Kiir, e le forze eterogenee dei ribelli costituite da formazioni paramilitari, milizie triba! li e attivisti politici appartenenti alla comunità nuer e ad altre etnie minoritarie. I combattimenti, accompagnati da massacri su base etnica e atrocità contro i civili perpetrate da entrambi i campi, non si sono mai placati dall’insorgere delle prime ostilità nel dicembre del 2013. Basti pensare che il precedente cessate il fuoco, faticosamente negoziato e firmato il 23 gennaio, non è mai stata osservato. Alla luce dei fatti, appare evidente che il governo di Juba è stato militarmente e politicamente incapace di gestire la crisi e non ha saputo implementare un accordo di pacificazione civile e politica. Inoltre, la totale mancanza di sicurezza, alimentata dai flussi incontrollati di migliaia di rifugiati o di miliziani dai Paesi limitrofi, e l’instabilità interna rischiano di provocare il crollo del giovane Stato sudsudanese e delle sue istituzioni.
Fonte CESI 145
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