martedì 27 maggio 2014
Libia: contrasto alle milizie islamiche.
Sabato 17 maggio, formazioni paramilitari guidate dall’ex Generale dell’esercito libico Khalifa Haftar hanno dato il via a un’operazione finalizzata a prendere il controllo del Paese e a contrastare l’avanzata delle milizie islamiste in alcune aree della Libia. Haftar, alto ufficiale ai tempi del regime di Gheddafi, si era già reso protagonista di una simile iniziativa quando, lo scorso febbraio, aveva chiamato il popolo libico all’insurrezione contro il Parlamento eletto, accusato di essere politicamente colluso coi ribelli islamisti attivi in Libia.
L’offensiva militare ha colpito la capitale Tripoli, arrivando a minacciare la sede del Congresso Nazionale, e il capoluogo della Cirenaica, Bengasi, attorno al quale si registra una forte concentrazione di milizie islamiste. Il governo del Primo Ministro ad Interim al-Thinni ha denunciato l’azione come un tentativo di colpo di Stato e ha intimato alle brigate Qaaqaa e Sawaiq, f! edeli ad Haftar, di abbandonare la capitale.
L’azione di forza giunge al termine di mesi molto convulsi, nei quali il Paese ha attraversato momenti di estrema instabilità. L’intervento di Haftar pare essere orientato, perciò, contro coloro che vengono identificati quali “responsabili” dell’attuale disordine interno: da una parte i gruppi islamisti radicali, dall’altra il governo e il Parlamento di Tripoli, giudicati deboli nell’azione di repressione e politicamente compromessi coi ribelli.
L’operazione “dignità”, com’è stata simbolicamente ribattezzata, sembrerebbe al momento poter contare sull’esigenza di ordine e stabilità interna di una parte del Paese e su un possibile, ma sin qui poco chiaro, sostegno “esterno”, di cui beneficerebbero gli uomini di Haftar. In particolare, nell’offensiva condotta su Bengasi, ha visto l’impiego di elicotteri militari che non apparterrebbero alle Forze Armate libiche, dal momento che l’intera ! aviazione è stata distrutta durante la missione Nato “Odyssey Dawn”, nel 2011. La circostanza, tuttavia, non ha al momento trovato elementi di riscontro sufficienti per poter indicare con certezza l’origine e la natura del supporto fornito ad Haftar.
Fonte CESI Roma
L’offensiva militare ha colpito la capitale Tripoli, arrivando a minacciare la sede del Congresso Nazionale, e il capoluogo della Cirenaica, Bengasi, attorno al quale si registra una forte concentrazione di milizie islamiste. Il governo del Primo Ministro ad Interim al-Thinni ha denunciato l’azione come un tentativo di colpo di Stato e ha intimato alle brigate Qaaqaa e Sawaiq, f! edeli ad Haftar, di abbandonare la capitale.
L’azione di forza giunge al termine di mesi molto convulsi, nei quali il Paese ha attraversato momenti di estrema instabilità. L’intervento di Haftar pare essere orientato, perciò, contro coloro che vengono identificati quali “responsabili” dell’attuale disordine interno: da una parte i gruppi islamisti radicali, dall’altra il governo e il Parlamento di Tripoli, giudicati deboli nell’azione di repressione e politicamente compromessi coi ribelli.
L’operazione “dignità”, com’è stata simbolicamente ribattezzata, sembrerebbe al momento poter contare sull’esigenza di ordine e stabilità interna di una parte del Paese e su un possibile, ma sin qui poco chiaro, sostegno “esterno”, di cui beneficerebbero gli uomini di Haftar. In particolare, nell’offensiva condotta su Bengasi, ha visto l’impiego di elicotteri militari che non apparterrebbero alle Forze Armate libiche, dal momento che l’intera ! aviazione è stata distrutta durante la missione Nato “Odyssey Dawn”, nel 2011. La circostanza, tuttavia, non ha al momento trovato elementi di riscontro sufficienti per poter indicare con certezza l’origine e la natura del supporto fornito ad Haftar.
Fonte CESI Roma
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