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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

martedì 7 giugno 2016

Prospettive per il Continente nero

Paesi in via di sviluppo
Africa, la quarta rivoluzione industriale 
Chiara Rogate
06/06/2016
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Connettere le risorse dell'Africa attraverso la trasformazione digitale. È stato questo il titolo del 26esimo incontro annuale del Forum economico mondiale (Fem) di Kigali focalizzato sull’Africa.

Mentre nel 2015 la maggior parte delle economie africane sono scese ai livelli di crescita del 2009, quella ruandese è diventata la quinta economia africana in rapida espansione grazie a politiche e investimenti diretti a sviluppare il settore dei servizi ed a trasformare il Paese in un punto di riferimento regionale per l’alta tecnologia.

La crescente vulnerabilità dei Paesi africani a fluttuazioni del prezzo delle materie prime, svalutazioni monetarie, insostenibilità del debito e instabilità geopolitiche, sottolinea nuovamente l’urgenza di investimenti per la diversificazione economica e per uno sviluppo inclusivo.

L’Africa subsahariana, bypassata dalle precedenti rivoluzioni industriali, si presta per molti aspetti a saltare sul carro delle più recenti innovazioni tecnologiche, ma per una crescita sostenibile, l’impatto dei cambiamenti climatici sul continente non può essere ignorato né considerato in isolamento.

Africa e innovazione digitale
Dopo Davos, i tre giorni a Kigali si sono concentrati sul tema della “quarta rivoluzione industriale”, questa volta per il futuro delle economie africane. Il termine, coniato dal Professore Klaus Schwab (fondatore e presidente del Fem) è apparso per la prima volta nel dicembre 2015 in Foreign Affairs e vede al centro dei meccanismi di produzione, competitività e consumo, strumenti quali l’intelligenza artificiale, la bio- e la nanotecnologia, e la fusione di tecnologie prima appartenenti alle sfere della fisica, del digitale e della biologia.

L’Africa è in una posizione unica per trarre vantaggio dall’economia digitale: è giovane (il cosiddetto “dividendo demografico” potrebbe contribuire ad un incremento del Pil tra l’11 e il 15 percento nel periodo 2011-2030); meglio educata che in passato (l’alfabetizzazione è quasi ovunque al 70 percento); più ricca (il tasso di povertà estrema è calato dal 56 al 35 percento dal 1990); e vi è un rischio minore di contrarre Aids e malaria (tra il 2000 ed il 2012 la mortalità per malaria è calata del 50 percento).

Un terzo della popolazione è in possesso di un telefono cellulare, i sistemi di moneta elettronica (e-mobile systems) sono in rapida espansione (si veda il successo di M-Pesa in Kenya), ed una rete di start-up ispirato alla Silicon Valley si sta velocemente sviluppando, con 200 centri d’innovazione già esistenti e finanziamenti in crescita letteralmente esponenziale (da 40 milioni di dollari nel 2012 a 414 milioni nel 2014).

Siccità e crisi alimentare 
Per quanto promettente, questo scenario cela la fragilità dei progressi ottenuti. Non solo una vera e propria trasformazione economica non si è ancora realizzata, ma la crescita è dipendente dai settori (agricoltura e pesca) maggiormente vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici (alluvioni e siccità, per esempio) ed il continente stesso è a livello globale il più esposto ed il meno preparato ad adattarsi.

Il settore agricolo, che impiega il 70 percento della popolazione sub-sahariana e contribuisce ad un quarto del Pil, sarà il più colpito, con gravi ripercussioni per la sicurezza alimentare già sotto pressione demografica. Per il 2030, le più recenti stime della Banca mondiale in Africa e Asia prevedono una diminuzione dei raccolti del 5 percento, un incremento del 12 percento dei prezzi alimentari, ed una perdita tra il 40 fino all’80 percento dei terreni arabili (per il 2030/2040). È inoltre previsto un incremento del 5 percento nell’incidenza della malaria e del 10 percento della dissenteria.

A queste, si sommano le perdite nel settore della pesca, del turismo, un aumento dei disastri naturali, del numero e della propagazione di virus (nel 2015, l’Ebola ha provocato nell’insieme una diminuzione del 12 percento del Pil per Guinea, Sierra Leone e Liberia), dei flussi migratori e delle instabilità politiche e sociali. L’impatto aggregato dei cambiamenti climatici sul Pil è dunque difficile da stimare, tanto che a seconda del modello usato (e del paese) i costi annuali in termini di Pil fino al 2030 variano dall’1,5 al 10 percento.

Un futuro tridimensionale
Per quanto sia mitigazione che adattamento dipendano da uno sviluppo economico “intelligente”, dall’impiego di tecnologie pulite a colture resilienti, il Fem ha discusso i cambiamenti climatici brevemente e fuori dall’agenda principale.

Tuttavia, i cambiamenti climatici riducono la produttività, le possibilità di risparmio ed investimento ed inficiano la crescita economica nel breve e lungo periodo. Per essere sostenibile, la crescita non può più tener separate la dimensione economica, sociale ed ambientale. L’alternativa, è un futuro con 100 milioni di poveri in più tra Africa e Asia già nel 2030

Fonte dei dati: Banca Mondiale.

Chiara Rogate si occupa di sviluppo energetico nel Dipartimento di Africa della Banca mondiale a Washington
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