Mediterraneo Energia, tavolo Algeria-Ue Lorenzo Colantoni 27/05/2016 |
L’iniziativa riapre il discorso sullo sfruttamento delle risorse di idrocarburi nel paese e il suo rapporto con l’Ue, in una situazione in cui però l’instabilità politica latente, un’organizzazione del settore non adeguata alla promozione di nuovi investimenti e la presenza di alcune rigidità del sistema algerino rischiano di impedire lo sfruttamento adeguato delle vastissime risorse. Problemi che potrebbero incrinare ulteriormente la già fragile situazione politica interna.
Algeria, potenza energetica in declino
Le potenzialità dell’Algeria sono estremamente significative: è il primo produttore di gas naturale in Africa, uno dei tre principali di petrolio. Secondo i dati dell’Oil and Gas Journal del 2016, le sue riserve di gas naturale sono le undicesime più grandi al mondo, le seconde in Africa dopo la Nigeria.
Le stime della Energy Information Administration, Eia, del 2013 mettono le riserve di shale gas addirittura al terzo posto a livello mondiale, dopo Argentina e Cina. Grazie alle sue risorse, alla posizione geografica e ai tre gasdotti che la collegano, due con la Spagna e uno con l’Italia tramite la Tunisia, l’Algeria ha un ruolo significativo per l’Europa, di cui è il secondo fornitore di gas e a cui esporta il 76% del suo greggio. Eppure, nonostante le potenzialità, la produzione di gas e petrolio è andata diminuendo negli ultimi anni.
Sonatrach e le difficoltà di attrarre gli investimenti
La difficoltà maggiore per l’Algeria sta nell’attrarre nuovi investimenti, sia per sfruttare le risorse esistenti, sia per proseguire l’esplorazione. È la stessa compagnia nazionale Sonatrach a sostenere che i due terzi del territorio algerino non siano stati esplorati del tutto o in maniera adeguata e i problemi non riguardano esclusivamente le diffuse proteste verso l’utilizzo delle risorse non convenzionali.
Nelle ultime aste per gli appalti per lo sfruttamento di gas e petrolio pochi sono stati i lotti assegnati: 4 su 31 nel 2014, mentre nel 2015 le aste sono state direttamente cancellate.
Le ragioni sono molteplici, ma soprattutto relative alle sfavorevoli condizioni imposte dal governo algerino alle compagnie straniere dopo la revisione dell’ultima legge sullo sfruttamento degli idrocarburi, del 2005, avvenuta l’anno successivo.
Al momento, Sonatrach deve possedere il 51% di qualsiasi nuovo progetto estrattivo, ma i costi sostenuti durante la fase di esplorazione sono interamente a carico dell’investitore privato. Regole che rendono gli investimenti in Algeria meno attraenti, soprattutto se si aggiunge i rischi della corruzione endemica alla stessa Sonatrach; lo scandalo legato alle tangenti del 2012 portò con sé anche Saipem, che nel 2013 perdette il 34% del proprio valore in borsa.
Il forum ha quindi ruotato principalmente intorno a questi problemi, vista anche la partecipazione tanto a livello istituzionale che privato, con oltre 170 imprese partecipanti agli incontri tra imprese locali ed europee (B2B). Se una nuova legge sugli idrocarburi sarebbe la soluzione preferibile, è forse però quella meno probabile, ed è più facile pensare a una serie di piccole riforme, come già fatto nel 2006, ma questa volta in senso positivo per gli investitori.
Il punto è quello di creare un business environment che permetta una maggiore attrazione degli investimenti tramite procedure amministrative più snelle, accordi migliori in termini di tassazione, superficie dei lotti e con una presenza statale inferiore al monolitico 51%.
L’energia e l’instabilità algerina
Un rinnovato sviluppo del settore degli idrocarburi in Algeria è fondamentale, anche per garantire quella stabilità che al paese sembra mancare in maniera crescente. Da una parte l’Algeria vede la domanda di energia crescere, con la generazione elettrica però ancora coperta per il 93% dal gas naturale nel 2013, secondo l’Eia.
Mentre la produzione diminuisce, l’aumento del consumo rischia di erodere la quantità di gas e petrolio disponibile, che rappresentano, secondo il Fondo monetario internazionale, il 95% delle esportazioni e il 25% di tutto il Pil del paese. Questo aggrava una situazione già colpita dai prezzi bassi del petrolio, con un punto percentuale di Pil in meno dal 2014 al 2015 e misure di austerità già prese nel dicembre 2015 dal governo algerino.
Il tutto in una situazione politica di estrema instabilità: sempre nel dicembre 2015, il New York Times riportava il vuoto di potere dovuto alle pessime condizioni di salute del presidente Abdelaziz Bouteflika e un presunto soft coup operato dall’entourage del presidente, provato dalle sostituzioni ai livelli top delle forze armate e dell’intelligence e alla stretta sulla libertà dei media, già fortemente compromessa.
Le violazioni ai diritti sono infatti diffuse: nel febbraio 2016 Euromed Rights, ong impegnata nella difesa dei diritti umani nell’area mediterranea, riportava le numerose violazioni alle libertà individuali, di associazione e di stampa in Algeria, come quelle relative alle proteste del luglio 2015 e quelle, più gravi e strutturali, che potrebbero derivare dalla prevista revisione della costituzione.
Un rinnovato sviluppo del settore energetico, in collaborazione con l’Ue, potrebbe contribuire con una crescita più solida allo stabilizzarsi della situazione politica, anche tramite le energie rinnovabili che potrebbero diminuire la pressione del consumo sulle risorse fossili. È questo il motivo per cui la Commissione ha destinato in occasione del Business Forum dieci milioni di euro per i due programmi algerini per le energie rinnovabili e per l’efficienza energetica (Pner e Pnee).
Il settore energetico, d’altronde, non ha che perdere dall’instabilità: nel marzo 2016, a seguito dell’attacco agli impianti di estrazione di gas rivendicati da Al Qaeda, BP e Statoil hanno dovuto ritirare i propri dipendenti dai due più grandi giacimenti di gas algerini. La prova di un pericoloso circolo vizioso tra energia, crescita e stabilità politica, che l’Algeria dovrà cercare di fermare.
Lorenzo Colantoni è Junior Fellow presso lo IAI –Twitter@colanlo.
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