La firma dell’accordo fra Italia e Qatar per l’allestimento della loro nuova flotta ha un significato che va oltre il pur rilevante valore economico: 5 miliardi di euro di cui 3,8 miliardi a Fincantieri per la costruzione di quattro grandi corvette da circa 4000 tonnellate e una nave anfibia da circa 8000 tonnellate, oltre a due pattugliatori minori, equipaggiate con i più moderni sistemi elettronici e di armamento, e 1,1 miliardi a MBDA Italia per i sistemi missilistici antiaerei e antinave.
Collaborazione strategica tra Italia e Qatar È, infatti, anche l’inizio di una collaborazione strategica fra i due paesi, ottenuta grazie al sostegno del Ministero della Difesa che vi ha giocato un ruolo di primo piano a livello politico, operativo e tecnico. L’accordo prevede, infatti, oltre la fornitura delle navi complete e un sostegno logistico decennale da parte dell’industria italiana, anche l’addestramento da parte della Marina Militare dei nuovi equipaggi che bisognerà formare per rendere operativa la flotta qatarina: il loro personale frequenterà corsi di formazione e verrà imbarcato sulle unità italiane in attesa di ricevere nei prossimi sei anni le nuove navi.
Un ottimo risultato, ottenuto superando importanti concorrenti grazie a un mix di supporto governativo, sostegno militare e capacità tecnologiche e industriali. Alla fine hanno vinto la credibilità e l’affidabilità della Marina - che ha convinto il Qatar ad acquisire navi diverse e di minori dimensioni, ma con caratteristiche analoghe a quelle recentemente ordinate con il nostro Programma Navale - e della Fincantieri, che ha offerto un’efficace soluzione sul piano del rapporto costo/efficacia e del futuro supporto logistico.
Si conferma così che vi sono delle aree di eccellenza italiana nel campo dell’aerospazio, sicurezza e difesa dove una corretta ed efficiente gestione delle imprese con lo sviluppo di prodotti competitivi, unita a un adeguato supporto all’innovazione tecnologica e trainata dalle commesse nazionali, può consentirci di competere sul mercato internazionale.
È il più importante contratto mai conseguito dall’Italia per equipaggiamenti militari italiani e, in particolare, il maggiore in campo navale (se si esclude lo sfortunato accordo con l’Iraq del 1980, prima della guerra con l’Iran).
L’Italia espande la collaborazione militare con il Golfo Si accompagna, inoltre, ai contratti firmati negli ultimi mesi per la fornitura da parte di Finmeccanica-Leonardo di 28 velivoli Thyphoon del consorzio europeo Eurofighter al Kuwait e da parte di Piaggio Aerospace di 8 velivoli a pilotaggio remoto P.1HH agli Emirati Arabi Uniti. L’Italia sta, quindi, espandendo la sua collaborazione militare e industriale con importanti paesi del Golfo, assumendovi un maggiore ruolo politico.
Bisogna però ricordarsi che la realtà è dialettica e che, in questo caso, è l’opportunità che potrebbe trasformarsi in un rischio: sul terreno della sicurezza e della difesa, soprattutto in aree particolarmente “delicate”, non ci si possono permettere errori, disattenzioni o, peggio ancora, mancato rispetto degli impegni assunti. In caso contrario quel sistema-paese che ha giocato oggi come valore positivo può rischiare di essere travolto in una spirale negativa.
Ieri si sono firmati tre accordi: uno a livello governativo, che si inquadra in quello generale del 2010 (confermando che ci vogliono anni per costruire un rapporto di reciproca fiducia e conoscenza) e due a livello industriale, il contratto per Fincantieri e una lettera di intenti vincolante per MBDA Italia.
Questa soluzione è anche l’inevitabile risultato della nostra normativa che prevede solo lo svolgimento da parte del Ministero della Difesa di attività di supporto tecnico-amministrativo a favore di Stati esteri per l’acquisizione di equipaggiamenti militari: differentemente dai principali concorrenti (Usa, Francia, Regno Unito) non può esplicitamente firmare un contratto che, quindi, va sottoscritto dall’impresa interessata.
Quadro normativo da modificare? La preoccupazione del legislatore è stata quella di non coinvolgere il Ministero in operazioni commerciali, sottovalutando il fatto che la tendenza internazionale è, invece, proprio quella di realizzare accordi governo-governo col duplice vantaggio di ricondurre la cessione di armamenti alla politica internazionale e rimuovere dall’origine ogni rischio di inquinamento ad opera del sottobosco degli intermediari che operano anche su questo mercato (proteggendo l’industria fornitrice da possibili pressanti richieste da parte dello stesso cliente).
Questa nuova esperienza richiama, di conseguenza, l’attenzione sull’opportunità di modificare il quadro normativo, allineando l’Italia ai paesi amici e alleati e rafforzando il valore politico delle esportazioni militari.
Un ulteriore insegnamento è legato alla selezione delle reali possibili commesse acquisibili sul mercato internazionale. Né l’industria né il sistema-paese hanno le risorse per inseguire ogni potenziale vendita.
Si devono compiere, con largo anticipo, precise scelte sulla base dei nostri interessi nazionali e di una valutazione obiettiva delle possibilità: la prossima riforma del Ministero della Difesa con la costituzione di una specifica Direzione Nazionale degli Armamenti e della Logistica offrirà la migliore occasione per impostare e gestire più efficacemente una strategia nazionale in questo settore, in stretto coordinamento con tutte le altre Amministrazioni coinvolte e la Presidenza del Consiglio.
Michele Nones è consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali.
|
Nessun commento:
Posta un commento