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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

domenica 23 ottobre 2016

Etiopia; difficoltà interne

frica
Etiopia, le ragioni dello stato di emergenza
Paolo Dieci
19/10/2016
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All’origine della decisione del governo di Addis Abeba di proclamare, il 9 ottobre, lo stato di emergenza vi sono gli scontri che hanno opposto manifestanti e militari soprattutto nello stato regionale dell’Oromia, ma anche in quello dell’Amhara. Il bilancio complessivo è pesante: molti i morti durante le proteste degli ultimi mesi (almeno 500 secondo alcuni osservatori) e ingenti i danni causati.

Oromo contro i Tigrini?
La linea interpretativa prevalente mette all’origine degli scontri esasperate contrapposizioni etniche. In sostanza: una rivolta degli Oromo contro i Tigrini, dato che questi ultimi hanno dato vita all’Ethiopian People's Revolutionary Democratic Front, coalizione che governa l’Etiopia dal 1991, cioè da quando ha sconfitto il regime militare filosovietico del colonnello Menghistu Haile Mariam.

Del resto un’analoga linea interpretativa godette di molto credito anche ad inizio degli anni novanta, quando diversi osservatori, riflettendo sulla caduta del regime militare, lo identificarono come espressione dell’egemonia Amhara sul Paese. “Vista” così la policy etiopica, ma più in generale africana, appare abbastanza statica, un susseguirsi di conflitti per l’egemonia e per il potere contrassegnati da dinamiche etniche e tribali.

Sul fatto che gli scontri siano stati particolarmente frequenti e cruenti nello stato regionale dell’Oromia non vi sono dubbi, così come non ve ne sono sul fatto che in questo stato regionale risiede circa un terzo della popolazione etiopica, stimata in poco più di 90 milioni di persone.

Lo stato regionale copre peraltro territori tra loro molto differenziati, dalla zona pastorale meridionale di Borana, al confine con il Kenya, alle montagne del Bale a sud del fiume Awash. Identificare l’insieme della popolazione di lingua oromo come caratterizzata da un’omogeneità culturale, religiosa, socio-economica è molto complesso e in ultima analisi non corretto.

Analogia interpretativa a parte, ci sono però significative differenze con quanto accaduto negli anni novanta. Quando il regime di Menghistu Haile Mariam crollò, non lo fece in seguito ad un’esasperazione del conflitto etnico anti Amhara (per inciso, il regime stesso si caratterizzò anche per una certa propaganda contro questo gruppo linguistico, associato alla precedente dinastia imperiale), ma per l’effetto congiunto di eventi internazionali (il crollo dell’Unione Sovietica in primo luogo) e interni (la strutturale vulnerabilità alimentare del paese e la frequenza e gravità delle carestie).

Oggi il contesto è del tutto diverso, sotto i profili istituzionale (l’Etiopia è dal 1995 una repubblica federale), macro economico (il Paese registra una crescita economica del 10,9% nel decennio 2004-2014 senza essere produttore di petrolio ed essendo caratterizzato da almeno due dei fattori che secondo Paul Collier ostacolano lo sviluppo, cioè l’assenza di sbocchi al mare e l’avere ai confini stati fragili e instabili) e demografico. Anche la mappa del Paese è diversa dal 1991, laddove l’Eritrea è a tutti gli effetti, a partire dal referendum celebrato nel 1993, uno stato indipendente.

La coesistenza di crescita e povertà estrema
Tuttavia una costante rimane: la strutturale esposizione alle carestie. Nel 2015 la carestia, originata da una forma particolarmente violenta del fenomeno El Nino, ha colpito direttamente più di 8,2 milioni di etiopici, traducendosi in insicurezza alimentare o dipendenza per l'approvvigionamento di cibo dal governo o dalle associazioni umanitarie internazionali.

È a nostro avviso su questa coesistenza tra crescita e povertà estrema che si deve guardare per capire cosa sta davvero accadendo in Etiopia. Crescono le tensioni parallelamente alle diseguaglianze. La stessa capitale Addis Abeba - che in alcune aree assomiglia ad una moderna metropoli occidentale e in altre si caratterizza per assenza di servizi ed infrastrutture - esprime questa crescente divaricazione. Si innalza la crescita economica, ma si abbassa il livello di coesione sociale e di stabilità.

Cooperazione con l’Etiopia, come e perché
Un’evoluzione traumatica degli eventi in Etiopia rappresenterebbe un dramma. Per la sua popolazione, in primo luogo, ma anche per la stabilità dell’intera regione.

È sufficiente uno sguardo alla carta geografica: Eritrea, Sudan, Sud Sudan, Somalia, Gibuti e Kenya sono i Paesi confinanti. Da alcuni di questi provengono centinaia di migliaia di rifugiati e richiedenti asilo che risiedono nel territorio etiope (nel marzo 2016 i rifugiati e richiedenti asilo in Etiopia ammontano a 735.165 persone, la grande maggioranza delle quali dalla Somalia, dal Sud Sudan e, in misura minore, dall’Eritrea).

L’Etiopia va aiutata e sostenuta, con intelligenza e visione. È un ideale e impegnativo banco di prova anche per la nuova architettura della cooperazione italiana, basata su un rafforzato legame tra politica estera, partenariato per lo sviluppo, sostegno a sistemi di governance moderni e democratici.

Programmi centrati sul protagonismo delle società civili, internazionale ed etiopica, e sull’inclusione sociale dei gruppi che finora neanche hanno sentito il “profumo” della crescita economica possono segnare una direzione, ispirare correttivi ad un modello di sviluppo oggi caratterizzato da una crescita non sostenibile, perché disattenta nei confronti dei bisogni dei gruppi più vulnerabili, indipendentemente dalla loro base etnica o linguistica.

Dialogo sulle politiche economiche e sociali e azione umanitaria e a sostegno dello sviluppo sostenibile: sono i due ideali pilastri di un’incisiva politica di cooperazione con l’Etiopia. Occorre fare in fretta, anche attivando, in Italia, una consultazione strategica tra istituzioni, Ong e imprese presenti nel Paese.

Paolo Dieci, Presidente del CISP.

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