Cooperazione internazionale Cooperazione italiana, è giunta l’ora della ribalta Emilio Ciarlo 02/10/2015 |
L’obiettivo del futuro della cooperazione internazionale è infatti andare oltre l’aiuto per essere ancora più efficaci e raggiungere l’obiettivo dello sviluppo e della promozione umana.
Non si tratta di sottovalutare quanto bisogno di sostegno e assistenza materiale vi sia ancora in molti Paesi, ma di far evolvere le Agenzie nazionali e internazionali di cooperazione, così da adeguarle al nuovo scenario economico e geopolitico che abbiamo dinanzi.
Meno i paesi poveri, ma più i fragili
Abbiamo di fronte un nuovo panorama di Paesi emergenti in cui si riducono quelli poverissimi (scesi secondo la Banca Mondiale da oltre 60 a 34) ma aumentano i “paesi fragili” (36 secondo l’Ocse), il cui sviluppo economico è azzoppato da conflitti, debolezze istituzionali, insufficienze delle reti sociali e imprenditoriali.
Si calcola un gap di infrastrutture per il quale sarebbero necessari 8oo miliardi di dollari l’anno in Asia e quasi 100 miliardi in Africa. Uno scenario in cui si studiano nuovi strumenti di intervento: la finanza sociale per lo sviluppo, il ricorso intensivo e diffuso all’information technology, il contributo del privato e l’insistenza sul trasferimento di know how industriale.
Su tutto, la consapevolezza che i temi della povertà e della sostenibilità si affronteranno con scelte politiche di fondo (dalla tracciabilità dei “minerali da conflitto” alle regole del commercio internazionale) e non semplicemente con il trasferimento di denaro e aiuto.
Ecco perché il dibattito sulla cooperazione deve essere affrontato toccando temi nuovi, coinvolgendo nuove professionalità, con un approccio più agile e trasversale rispetto a quello fino ad ora adottato in questo campo.
Riforma della cooperazione italiana
Non c’è riunione, vertice o incontro in cui il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non citi la riforma della nostra cooperazione con orgoglio e non indichi con ambizione il traguardo storico di “indossare entro il 2017 la maglietta numero 4” tra i donatori nel club esclusivo del G7. Parliamo di circa un miliardo e mezzo di dollari di nuove risorse da destinare alla cooperazione.
Soldi ben spesi per il Governo non solo perché aiuteranno la stabilizzazione di aree di conflitto, lo sradicamento della povertà e il contrasto al cambiamento climatico, riducendo così la pressione migratoria, ma anche perché garantiranno un ritorno politico per il Paese, per il suo standing internazionale e, non ultimo, stimoleranno una forma di “internazionalizzazione per lo sviluppo” necessaria alle nostre imprese.
Parlando all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Renzi è partito dall’orgogliosa rivendicazione dell’impegno del Paese per salvare migliaia di vite umane nel Mediterraneo e dallo sforzo di convincere l’Europa a una politica solidale e aperta verso il dramma dei profughi, per spaziare al tema dello sviluppo sostenibile in agenda a dicembre a Parigi, alla sostegno alla moratoria contro la pena di morte fino alla rivendicazione dell’obiettivo di divenire donatore virtuoso nell’aiuto allo sviluppo.
Il tutto con il disegno strategico di ridefinire lo standing internazionale del Paese a partire da queste battaglie e in vista della elezione in Consiglio di Sicurezza del prossimo anno dove ce la dovremmo vedere con Svezia e Olanda, Paesi maestri nell’utilizzare questo tipo di strumenti di “soft power”.
Nuova Agenzia italiana per la cooperazione
In questo nuovo contesto internazionale ma anche sulla scorta di questo inedito impulso politico volto a rafforzare il protagonismo internazionale dell’Italia, saranno importanti i primi passi della neonata Agenzia italiana per la cooperazione, un attore chiave della riforma, all’incrocio tra Farnesina, Palazzo Chigi, il tessuto prezioso della solidarietà internazionale e il mondo del profit responsabile.
Un’Agenzia che deve essere moderna, digitale, trasparente e innovativa, mantenere un rapporto più che virtuoso tra volume di aiuti gestiti e costi, deve diventare partner di Cassa Depositi e Prestiti sui temi della finanza per lo sviluppo e della partnership con il privato ma deve anche essere capace di ridare risorse ai progetti della società civile, della cooperazione popolare e di quella territoriale.
È ora di far uscire la cooperazione dall’angolo in cui per anni l’abbiamo relegata, di riconoscerle il ruolo politico centrale che deve avere nella nostra politica estera, un politica estera che si sta trasformandosi in “global politics”, non più limitata alle grandi trattative internazionali e ai consueti incontri bilaterali ma sempre più giocata trasversalmente su tutti i temi (dall’ambiente all’immigrazione, dalla lotta alla povertà ai trattati commerciali) e in cui proprio la cooperazione allo sviluppo potrà giocare un ruolo centrale come strumento di “soft power” per il Paese e chiave per un contributo positivo dell’Italia nel costruire un mondo più sostenibile, equo e sicuro.
Questi i temi e le prospettive che “Tomorrowland - Una strategia per la nuova cooperazione italiana”, l’e-book di Emilio Ciarlo appena uscito per le edizioni Palinsesto!
Emilio Ciarlo è consigliere del Viceministro degli esteri; esperto di relazioni internazionali si occupa soprattutto di nuova cooperazione, Europa, Mediterraneo (Twitter: @satricum).
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