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Si è parlato di Libia, del sedicente “stato islamico” e pure di Salah, il Messi d’Egitto che sta facendo sognare la Fiorentina tanto a cuore a Matteo Renzi.
Il summit di Sharm el-Sheikh è stato però soprattutto l’occasione nella quale il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha messo in mostra tutti i progetti di crescita economica nei quali vuole coinvolgere investitori provenienti da ogni angolo del mondo. Poco importa se a pagare questi imprenditori non sarà nei fatti l’Egitto, ma i generosi stati del Golfo che tengono in vita la precaria economia di un paese dipendente dalla generosità delle petromonarchie. Nella tre giorni che si è conclusa il 15 marzo, in prima linea ci sono stati anche il nostro premier e una trentina di nostre imprese, visto che l’Italia è il terzo partner commerciale dell’Egitto, il primo tra gli europei. Fincantierri e il raddoppio del Canale di Suez Nel nord si scommette sul turismo, cercando di replicare nella striscia di costa che si avvicina alla Libia la storia di successo dei resort di Sharm el-Sheikh che porta la firma del made in Italy. Nel sud scende in campo il gruppo D’Appolonia, che ha deciso di diventare protagonista del triangolo minerario Qena-Safaga-Quseir. In ballo c’è un piano di sviluppo da 1,7 miliardi di dollari per la creazione di un hub industriale, logistico e portuale. Nel Sinai, i nostri investimenti si concentrano tutti sul Canale di Suez, che ad agosto ha annunciato di voler ampliare il tratto di navigazione a senso unico alternato, grazie a un progetto di parziale raddoppio dell’ampiezza di questa strategica autostrada del mare. Per ridurre il tempo di percorrenza delle navi da 18 a 11 ore è scesa in campo Fincantieri, che già a febbraio aveva sondato il terreno, partecipando alla missione organizzata dal nostro governo nel paese delle piramidi. Sempre Fincantieri è pronta ad operare a Socna per la realizzazione di una piattaforma petrolifera il cui valore stimato si attesta sugli 800 milioni di dollari. Eni e investimenti energetici Alla voce gas e petrolio si affianca però soprattutto un nome, quello di Eni. A mostrarlo è la firma, a latere del summit di Sharm, di un piano di investimenti di circa 5 miliardi di dollari per lo sviluppo, in quattro anni, di 200 milioni di barili di petrolio e 37 miliardi di metri cubi di gas. In cambio, il cane a sei zampe rappresentato da Claudio De Scalzi chiede che il Cairo si impegni a pagare regolarmente e costantemente. Questo anche per assorbire quel miliardo di dollari di debito maturato negli ultimi anni. A investire su nuove fonti di energia green sono invece l’italiana MegaCell - che ha firmato un contratto con Misr Asset Management per lo sviluppo di pannelli solari - e Italgen (Italcementi), la quale ha iniziato la costruzione di un impianto eolico che raggiungerà i 320 MW. Tutto ciò aiuterà l’ex generale Al-Sisi a realizzare il sogno che ha in mente per l’Egitto del 2020: un paese dove il 20% dell’energia proviene da fonti rinnovabili. Ansaldo e l’altavelocità egiziana L’altro grande progetto sul tavolo è stato quello relativo alla creazione di una linea ferroviaria ad alta velocità di 1200 km che colleghi Alessandria ad Assuan, passando per il Cairo. L’Egitto deve farsi prestare almeno 10 milioni di euro per realizzare questo progetto, ma Ansaldo è già pronto a lavorarci. Del resto, questa azienda si è già mobilitata per l’ammodernamento della centrale elettrica del 6 ottobre, la città satellite del Cairo. Se tutto filasse liscio, dovrebbe anche arrivare a un’intesa simile per la centrale El-Seyyuf di Alessandria. Intesa Sanpaolo - che ormai 9 anni fa ha acquisito Bank of Alexandria - auspica invece la creazione di un fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese egiziane, sul modello di quello italiano. Nel piano di rilancio dell’economia egiziana, l’Italia, molto attiva anche nel settore della cooperazione, prevede la conclusione di ulteriori accordi per un valore di 2,5 miliardi di dollari. Ad anticiparli è stato il viceministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda che, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, ha chiesto al Cairo di riattivare il gasdotto dell’Alto Sinai, danneggiato dai jihadisti, ma essenziale per il cementificio del Gruppo Caltagirone. Grazie a questo summit, Sharm el-Sheik è tornata sotto i riflettori di quanti guardano all’Egitto con speranza, in primis chi, come Renzi, ha scommesso sul nuovo regime e sul ruolo stabilizzatore che Al-Sisi può giocare nella regione, immaginando che nei prossimi anni il paese si trasformi in una realtà stabile e in crescita, in perfetta sintonia con la pace e i confort dei resort del Sinai. Gli attentanti a bassa intensità che hanno segnato la vigilia del summit e che da mesi tengono impegnato l’esercito - soprattutto in questa penisola al confine con la Striscia di Gaza - mostrano però una strada ancora tutta in salita. A confermarlo è stato anche il rinvio delle elezioni parlamentari previste per marzo. Per evitare di perdere credibilità, il regime dovrà ora darsi nuove scadenze che non stonino troppo con la retorica del rispetto delle tempistiche della road map che ha accompagnato Al-Sisi in tutti i suoi incontri internazionali. Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir. | ||||||||
venerdì 20 marzo 2015
Egitto: la collaborazione con l'Italia
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