Medio Oriente Egitto, verso un Parlamento che sa di usato Azzurra Meringolo 09/02/2015 |
Anche se del partito dell’ex dittatore non resta che un palazzo bruciato che si affaccia sul Nilo, da mesi i gattopardi del vecchio regime si stanno muovendo per accaparrarsi una poltrona nel nuovo parlamento.
Legge elettorale che marginalizza i partiti
La legge elettorale che governerà le prossime votazioni - ultima tappa della road map iniziata dopo la deposizione del presidente islamista Mohammed Mursi nel luglio 2013 - spiana infatti la strada al loro ritorno.
A emanare la legge, sbloccando l’impasse durata mesi, è stato l’ex presidente ad interim Adly Al-Mansour - l’uomo ai quali i militari hanno affidato la guida del paese prima che le presidenziali di giugno lo traghettassero nelle mani di Abdel Fattah Al-Sisi.
Il punto più controverso del nuovo regolamento elettorale passato per decreto è quello relativo alla distribuzione dei seggi del nuovo Parlamento, il primo monocamerale dopo l’abrogazione del Maglis Al-Shura (la camera alta). D’ora in poi i parlamentari saranno 567: 59 in più rispetto al Parlamento eletto nel 2011. Di questi: 120 saranno assegnati in base alle liste e 27 verranno scelti dal presidente della repubblica. I candidati indipendenti si spartiranno i rimanenti 420 seggi.
A opporsi a questa legge sono stati in primis i partiti nati dopo la rivoluzione che temono di essere messi ai margini da un regolamento che svantaggia i partiti, favorendo i candidati con più disponibilità economiche e influenza anche a livello tribale.
La marginalizzazione dei partiti è del resto evidente. Lo stesso presidente Al-Sisi ha deciso, a differenza di Mubarak, di non creare nessuna formazione politica che lo sostenga. Ciononostante, già tre coalizioni si schierate a suo sostegno. Ai loro vertici si trovano uomini che non nascondono i loro legami con il vecchio dittatore.
Fulul che si organizzano
Il primo è Kamal Al-Ganzouri, ex primo ministro di governi mubarakiani che ha ora creato il Fronte Egiziano, uno schieramento che riunisce forze secolari che si oppongono al ritorno in Parlamento della Fratellanza Musulmana, il movimento islamista che vinse le parlamentari del 2011, ma che nel luglio 2013 è stato costretto dai militari alla clandestinità.
Al fianco di Ganzouri c’è Ahmed Shafiq, l’ultimo premier dell’epoca mubarakiana, arrivato secondo alle presidenziali del 2012. Per l’opinione pubblica egiziana, Shafiq è il fulul per eccellenza, il più evidente rimasuglio del vecchio regime.
Il secondo fronte pro Sisi è l’Indipendence Current, un insieme di partiti low-profile nati durante l’epoca mubarakiana, ora unitisi sotto l’ombrello di Ahmed Al-Fadali. A completare il quadro c’è la coalizione dei vecchi militari in pensione del Toghether Long Live Egypt, un’alleanza guidata da Medhat Al-Haddad.
Secondo indiscrezioni, anche Ahmed Ezz - il tycoon rilasciato su cauzione dopo tre anni di carcere per riciclaggio e guadagni illeciti - starebbe cercando di riunire vecchi membri del Partito nazional democratico di Mubarak in un nuovo movimento. Questa voce non è stata però ancora confermata.
Tra coloro che hanno tentato di creare una coalizione in grado di imporsi alle parlamentari c’è anche Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba e presidente dell’Assemblea costituente che ha redatto il testo del 2014.
La sua Alliance of the Egyptian Nation - che comprende anche Ghad, Tagammu e Wafd - non mira direttamente a sostenere Al-Sisi, quanto piuttosto a creare un Parlamento capace di trainare il presidente verso una stagione di riforme. Gli incidenti di percorso attraverso i quali è passata la formazione di questa alleanza mostra però l’esistenza di differenze irriconciliabili tra i diversi partiti liberali egiziani, da sempre scettici sulla figura di Moussa.
Sabahi, l’anti-Sisi
L’unico schieramento che cerca realmente di opporsi all’attuale regime, presentandosi come erede della rivoluzione del 2011, è la Progressive Alliance guidata da Hamdeen Sabahi, storico nasseriano che ha sfidato Al-Sisi alle ultime presidenziali raccogliendo, come previsto, solo poche briciole. Questa alleanza - che marca la differenza tra forze civili e militari - comprende i socialisti di Adbel Ghaffar Shukr, Misra Al-Hurrya di Amr Hamzawy, Al-Karama, Al-Dostrour e il Justice party.
Anche se molti di questi partiti continuano a essere accusati dai media - statali e privati - di sostenere l’agenda della Fratellanza Musulmana, attualmente appaiono come l’unica fragile opposizione contro lo strapotere militare. Non a caso, proprio questa alleanza si è opposta alla legge elettorale approvata a dicembre, minacciando di boicottare le prossime elezioni se i seggi assegnati attraverso la lista non diventeranno almeno 180.
Anche se è ancora presto per dire se queste minacce si trasformeranno in realtà e se è possibile immaginare un’evoluzione delle alleanze, non è prematuro immaginare un nuovo Parlamento formato da candidati tradizionali di un regime che pur avendo perso la testa è ancora radicato nel paese. Un legislativo acquiescente che riducendo la possibilità dei piccoli partiti di farsi sentire ridimensioni l’influenza della già fragile opposizione, spostando l’equilibrio politico ancora di più verso il presidente.
Nei corridoi politici che circondano il Parlamento egiziano si annusa giù odore di vecchio.
Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.
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