Medio Oriente La legge che spiana la strada ai gattopardi egiziani Azzurra Meringolo 20/09/2014 |
Anche se la sede bruciata del Partito Nazional Democratico (Pnd) del vecchio dittatore è la prova visibile della sua dissoluzione, sono mesi che nei corridoi politici egiziani si annusa odore di vecchio.
La rincarnazione del partito apparato
Le elezioni dovrebbero tenersi entro l’anno, ma già dopo la scontata vittoria dell’ex general Abdel Fattah Al-Sisi alle presidenziali, i rappresentanti delle diverse fazioni politiche hanno cominciato a muoversi per accaparrarsi un posto.
In testa a tutti ci sono gli ex-membri del Pnd, rimasugli del vecchio regime che hanno un grandissimo seguito a livello locale. In molti casi gestiscono diverse attività nel ramo sociale o industriale. Data la loro capillare influenza, non avranno difficoltà a ottenere l'appoggio popolare del quale hanno bisogno per la candidatura.
Attraverso una serie di stratagemmi - presentandosi per esempio come candidati di nuovi partiti o spingendo avanti membri meno noti delle loro famiglie non direttamente coinvolti negli scandali del passato - alcuni sono riusciti a candidarsi anche nelle prime parlamentari dopo la caduta di Mubarak.
Mentre i fedeli all’ex raìs sopravvissuti alla rivoluzione del 2011 stanno cercando di riorganizzarsi - magari creando un partito apparato in grado di giocare di sponda con il “nuovo” regime - una sentenza pronunciata a luglio ha annullato la legge promulgata lo scorso maggio che impediva, almeno ufficialmente, ai leader del Pnd di correre alle elezioni.
Nuova legge elettorale
A spianare la strada ai gattopardi del vecchio regime sarà ora la nuova legge elettorale che garantisce l'80% dei posti a candidati indipendenti, dando maggior chance di vittoria a chi è in grado di finanziarsi la campagna con le proprie tasche.
Da quando, nel giugno 2012, la Corte suprema ha dichiarato incostituzionale la vecchia legge - provocando la dissoluzione della camera bassa del Parlamento - la Shura, camera alta, ha prodotto tre bozze di legge che non sono andate a buon fine.
A sbloccare l’impasse è stato l’ex presidente ad interim Adly Al-Mansour - l’uomo ai quali i militari hanno affidato la guida del paese prima che le ultime votazioni lo traghettassero nelle mani di Sisi - che ha usato l’arma del decreto per emanare la legge.
Il punto più controverso del nuovo regolamento elettorale è quello relativo alla distribuzione dei seggi che passano a 567: 59 in più rispetto al Parlamento eletto nel 2011. Di questi: 120 saranno assegnati in base alle liste e 27 verranno scelti dal presidente della repubblica. I candidati indipendenti si spartiranno i rimanenti 420 seggi.
Ad opporsi a questa legge sono stati in primis i partiti nati dopo la rivoluzione che temono di essere messi ai margini da una legge che favorendo i candidati con più disponibilità economiche e influenza anche a livello tribale, svantaggia i partiti.
Verso un parlamento acquiescente
Questo meccanismo rischia di rallentare la transizione verso un sistema partitico pluralista, passaggio essenziale per un paese che vuole transitare dall’autoritarismo alla democrazia. Riducendo la possibilità dei piccoli partiti di farsi sentire, questa legge ridurrà l’influenza dell’opposizione e delle minoranze che questi cercano di rappresentare.
Inoltre, osservando la politica sul campo, non solo è difficile pensare che le prossime elezioni saranno competitive, ma è anche complesso immaginare che saranno accessibili a tutti coloro che vorranno partecipare alla sfida elettorale.
Il grande assente sarà, ancora una volta, la Fratellanza Musulmana, il movimento islamista che vinse le parlamentari del 2011, ma che nel luglio 2013 è stato costretto dai militari alla clandestinità. A rigor di cronaca, ricordiamo che secondo l’interpretazione attualmente dominante in Egitto, la Fratellanza non è vittima di un colpo di stato, ma si è autoesclusa dal gioco politico a causa delle sue pratiche violente.
Tutti questi fattori non fanno che aumentare le possibilità di successo dei candidati tradizionali di un regime che pur avendo perso la sua testa è ancora radicato nel paese.
Il sistema elettorale attraverso il quale dovrebbe essere eletto il prossimo Parlamento aiuterà a spostare l'equilibrio politico ancora di più verso il presidente. Il rischio è che in un contesto costituzionale e politico già fortemente inclinato verso il ramo esecutivo, piuttosto che fare da contrappeso ai poteri presidenziali, il legislativo si limiti a timbrare, avvallando, le decisione del raìs.
Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.
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