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Metodo di Ricerca ed analisi adottato


Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato suwww.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com

Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

martedì 11 febbraio 2014

Repubblica Centro Africana: nuovo Presidente


CAR 135
Lunedì scorso Catherine Samba-Panza, ex sindaco della capitale Bangui, è stata nominata Presidente della Repubblica Centrafricana dal Consiglio Nazionale di Transizione (CNT). La neo-Presidente si troverà di fronte al difficile compito di ristabilire l’ordine dopo le violenze scoppiate nei giorni scorsi tra le milizie cristiane e musulmane. Una situazione di instabilità aggravatasi, due settimane fa, dopo le dimissioni dell’ex Presidente Michel Djotodia, salito al potere nel marzo del 2013 a seguito di un colpo di Stato. Djotodia aveva infatti perso l’appoggio di buona parte dell’eterogeneo fronte dei ribelli Seleka a causa delle proprie politiche personalistiche e autoritarie.
Ad aggravare ulteriormente la crisi, potrebbe essere il temporaneo arresto del flusso degli aiuti umanitari: a causa infatti dell’insicurezza che ormai dilaga in tutto il Paese, 38 camion con aiuti umanitari sono da giorni fermi alla frontiera col Camer! un. Una sospensione prolungata nella distribuzione di cibo potrebbe causare ulteriori tensioni, specialmente tra i 100 mila sfollati del campo profughi allestito presso l'aeroporto di Bangui.
La nomina del nuovo Presidente suscita un cauto ottimismo. Samba-Panza gode infatti di ampie fasce della popolazione ed è stata inoltre salutata con favore dalla Francia, attore di assoluto rilievo nello scenario centrafricano. Basti ricordare che 1600 peacekeeper francesi siano dispiegati nell’area a partire dal dicembre scorso, nel quadro della missione delle Nazioni Unite MISCA.

Repubblica Centrafricana

Sud Sudan: ancora violenza


Sud Sudan 135
Il Sud Sudan sta nuovamente attraversando un periodo di violenze. Questa volta gli scontri non sono con il vicino Sudan, da cui si è ufficialmente separato il 9 luglio 2011, ma si stanno verificando all’interno dei confini nazionali tra forze governative fedeli al Presidente Salva Kiir e truppe di ribelli guidate dall’ex Vice Presidente Riek Machar. La causa all’origine degli scontri armati, che vanno avanti da più di un mese, è stata la decisione del Presidente Kiir, presa lo scorso luglio, di escludere dal governo il suo numero due (Machar occupava quella carica sin dall’indipendenza del Sud Sudan).
Nel mese di dicembre alcune truppe dell’esercito sud sudanese che avevano deciso di seguire Machar hanno tentato di rovesciare il governo in carica con un assalto armato alla capitale Juba. L’esercito governativo è riuscito a respingere gli insorti, ma le violenze non si sono affatto placate. Anzi, si sono presto propagate al ! resto del Paese e sono rapidamente cresciute di intensità. Questo perché lo scontro, alla cui base vertevano ragioni politiche, ha presto assunto i contorni di una guerra interetnica. Tale evoluzione è stata favorita dal fatto che il Presidente Kiir e Machar appartengono a due diverse etnie. Il primo è di etnia Dinka, maggioritaria nel Paese, mentre il secondo è Neur.
I bilanci degli scontri hanno già fatto segnare circa 400 mila sfollati e migliaia di morti. Una delle regioni più colpite è quella del Jonglei, dove i soldati dell’esercito regolare hanno da pochi giorni riconquistato la città di Bor, caduta in mano ai ribelli tempo prima.
Ad Addis Abeba l’Unione Africana sta portando avanti i negoziati per giungere ad un accordo di pace tra le parti, mentre l’ONU ha rinforzato il suo contingente sul posto che ora conta circa 15 mila unità. Tuttavia, la sensazione è che la presenza di ingenti risorse petrolifere nell’area possa finire col complicare! ulteriormente il conflitto.

Sud Sudan

Africa: la pirateria in regresso

Somalia
Somalia 134
È di mercoledì 15 gennaio la notizia che gli attacchi legati alla pirateria hanno raggiunto nel 2013 il loro livello più basso dagli ultimi 6 anni. L’International Maritime Bureau (IMB) ha affermato nel suo report annuale sulla pirateria che 264 sono gli attacchi censiti nel mondo nel corso dello scorso anno, un calo netto del 40% a fronte dei 297 del 2012 e i 439 del 2011.
Una tendenza che conferma quindi l’efficacia alla lotta globale alla pirateria intrapresa dalla Comunità Internazionale, che a partire dal 2008, a seguito delle preoccupazioni espresse dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio, ha deciso di adottare misure più efficaci nel contrasto al fenomeno. Proprio nel 2008, infatti, si erano verificati ben 11 attacchi a navi commerciali nella sola area somala, dati che avevano fatto guadagnare alla pirateria una posizione centrale nell’agenda della Comunità Internazionale.
Sul miglioramento dei dati a livell! o mondiale ha inciso, in particolare, il calo del numero degli attacchi in Somalia Le ragioni sono molteplici: va anzitutto considerata la deterrenza da parte delle unità navali internazionali schierate nell’area, così come le maggiori misure di sicurezza a bordo delle navi commerciali implicanti l’uso di guardie armate private. A questi due fattori va aggiunto il rafforzamento delle istituzioni del Paese, cosa che ha reso possibile l’accordo sulle deroghe al diritto internazionale del mare e consentito alle navi internazionali di proseguire gli inseguimenti all’interno delle acque territoriali somale.

martedì 4 febbraio 2014

Egitto: ancora sui Fratelli Mussulmani

Egitto
Fratellanza in ombra, sorellanza alla ribalta 
Azzurra Meringolo
02/01/2014
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Dopo essere stata dichiarata un’organizzazione fuori legge, tornando di fatto in un’epoca nella quale è bandita dalle dinamiche politiche egiziane, la Fratellanza Musulmana deve ora decidere quale ruolo cercherà di giocare nel futuro politico egiziano.

Usciti vincenti da tutti i tre appuntamenti elettorali del post Mubarak e scossi dall’inversione di marcia che ha rilegato l’ex presidente Mohammed Mursi e quasi tutti i membri della loro leadership dietro le sbarre, gli islamisti devono ora riorganizzarsi.

Scenari
Visitando la sede cairota dell’alleanza a sostegno della legittimità, si capisce che a portare avanti la lotta per la riabilitazione di Mursi sono Mohammed Ali Bishr e Amr Darrag. Gli stessi che hanno diffuso “la visione strategica del fronte che rifiuta il golpe”, elencando le condizioni per un’eventuale partecipazione degli islamisti alla nuova vita politica egiziana.

Nonostante il loro attivismo - di fatto sono tra i pochi uomini ai vertici della Fratellanza a piede libero - non è affatto chiaro quanto Darrag e Ali Bishr abbiano in pugno il controllo di un’organizzazione dove da anni convivono, non serenamente, voci diverse.

Gli islamisti sembrano ragionare su tre possibili scenari: escalation di violenza su larga scala, continuazione delle proteste di strada al fine di delegittimare il nuovo ordine e accomodamento finalizzato alla ricerca di una certa inclusione nel nuovo corso.

Affinché questo ultimo scenario possa realizzarsi sarebbe necessario non solo un chiaro intento di inclusione da parte delle autorità ora al potere, ma anche il riconoscimento da parte della Confraternita degli scarsi risultati conseguiti durante il suo periodo al governo. Entrambe le condizioni non sembrano esser prese in seria considerazione dalle due fazioni.

Riformismo
La Fratellanza dovrebbe poi essere pronta a intraprendere un nuovo percorso formativo che la trasformi da un surrogato di stato sociale basato sulla mobilitazione religiosa in un attore con un’identità politica chiara che abbandona la violenza e l’uso della religione come strumento per la mobilitazione sociale.

Messi fino ad ora a tacere dai vertici conservatori, è teoricamente possibile pensare che i giovani islamisti su posizioni più riformiste approfittino della crisi interna per far sentire la loro voce. Ciononostante, sia da un punto di vista ideologico che tattico, non si vede nessun segnale di trasformazione all’orizzonte.

Sorellanza
Se osservando la Fratellanza non si scorge nessun cambio di rotta, guardando la Sorellanza musulmana si notano invece significativi cambiamenti. Il ramo femminile dell’organizzazione, creato nel 1933 sei anni dopo la nascita della Confraternita, si sta visibilmente riattivando.

Quando Labiba Ahmed venne messa a capo del ramo femminile della Fratellanza, il suo compito principale fu quello di raggruppare ragazze da avvicinare ai valori dell'Islam e da educare a essere buone mogli e bravi madri. Il ruolo delle donne era limitato al lavoro sociale - ricoveri e lotta all’analfabetismo - e all’azione di predicazione.

Ciononostante, nelle diverse fasi della storia del movimento, le Sorelle Musulmane si sono fatte vedere in strada, soprattutto dopo i costanti giri di vite che i diversi presidenti hanno inferto alla Confraternita.

Dopo la rivoluzione del 25 gennaio, le donne non sono state coinvolte nei processi decisionali del movimento giunto al potere. A dimostrarlo è stata la loro assenza nell'ufficio di orientamento. Ciononostante, volti femminili hanno ricoperto cariche rappresentative, soprattutto all’estero, di Libertà e Giustizia, il partito nato dalla Fratellanza.

Come da tradizione, la loro visibilità è aumentata quando, dopo l’intervento militare del 3 luglio scorso, molti dei loro uomini sono tornati dietro le sbarre. I cortei islamisti che continuano a sfilare al Cairo e ad Alessandria sono spesso guidati da donne che non si limitano a partecipare, ma organizzano logistica, simboli, slogan e messaggi da utilizzare nel corso del tragitto.

L’attivismo della Sorellanza ha portato alla creazione di almeno tre movimenti totalmente rosa: Donne contro il golpe - che si oppone alla cacciata di Mursi - Ragazze ultras Azhari - contro il modo in cui le forze di sicurezza trattano gli studenti universitari ora che sono state nuovamente autorizzate ad entrare nei campus - e Movimento delle 7am, un gruppo di studentesse che manifesta all’alba, prima di entrare in classe.

È da quest’ultimo gruppo che provengono le 21 ragazze, di cui sette minorenni, condannate a 11 o 15 anni di carcere per vandalismo, teppismo e uso illecito di armi da mischia. Le immagini precedenti a quelle che le immortalano vestite di bianco dietro le sbarre di un’aula del tribunale di Alessandria mentre vengono rilasciate sono quelle che le riprendono mentre incitano le compagne a manifestare con forza contro i militari golpisti.

Azzurra Meringolo è ricercatrice presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI), e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. È autrice di "I Ragazzi di piazza Tahrir" e vincitrice del premio giornalistico Indro Montanelli 2013. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.
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Egitto: difficoltà nell'opposizione

Referendum in Egitto 
Salafiti spaccati sulla nuova Costituzione
Marco Di Donato
13/01/2014
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Un anno dopo l’approvazione della prima Costituzione del post-Mubarak, gli egiziani tornano ai seggi per approvare una nuova carta costituzionale. Frutto del processo di transizione maturato dopo la deposizione per mano militare del presidente islamista Mohammed Mursi, la nuova Carta non è accettata dai dei Fratelli Musulmani - costretti nuovamente alla clandestinità.

Se la questi ultimi appaiono compatti sul fronte del boicottaggio, i salafiti si presentano invece meno compatti al referendum con il quale, il 14 e il 15, si approverà il nuovo testo.

Generalmente presentato come un gruppo omogeneo, raccolto intorno al partito Al-Nour, il salafismo egiziano è invece una realtà ricca di contraddizioni e differenze. I contrasti, già esistenti, fra i diversi soggetti che lo compongono si sono approfondite proprio in seguito alla redazione dell'ultimo testo costituzionale.

Sostenitori
I mass media hanno sottolineato il parere positivo espresso dai salafiti egiziani sulla proposta di costituzione stilata dall'assemblea costituente dove la presenza di islamisti è ridotta all’osso. Tali affermazioni trovano in effetti pieno riscontro nella posizione espressa da uno shaykh del calibro di Yasser Burhami che in più occasioni ha invitato i propri seguaci a votare “sì”.

Dalle pagine del quotidiano di Al-Shourouk, il 17 dicembre 2013, Burhami ha difeso la nuova Costituzione, asserendo che in nessun modo la si può definire contraria ai dettami della legge islamica e che le accuse di empietà mosse da alcuni movimenti e partiti islamisti sono del tutto infondate.

Burhami è fra le voci più autorevoli di Da'wa Salafiyya, organizzazione sociale salafita il cui braccio politico, Al-Nour, è oggi fra i principali attori della scena politica egiziana. In linea con le dichiarazioni di Burhami, Al-Nour si è schierato per il “sì”, avviando una convinta e decisa campagna per indurre il proprio elettorato a sostenere gli sforzi dei nuovi “padri costituenti”. Questo anche se Al-Nour, per bocca del suo leader Younes Makhioun, si è detto insoddisfatto del contenuto di alcuni articoli.

Oppositori
Del tutto opposta la posizione dei salafiti di Bina'a wa al-Tanmiyya che, il 22 dicembre 2013, hanno preso la decisione di boicottare il referendum del 14 e 15 gennaio. I rappresentanti di questo partito denunciano che con il colpo di stato del 3 luglio scorso è stato esclusa dal processo costituente una delle maggiori componenti sociali e politiche della nazione - la Fratellanza - rendendo di fatto impossibile l’elaborazione di una Costituzione realmente condiviso. Per questo il partito definisce la nuova Costituzione dustur inqilabi (una costituzione golpista) e invita i propri seguaci al boicottaggio.

Secondo un sondaggio presente sul sito ufficiale di Bina'a wa al-Tanmiyya, l'87% dei suoi elettori concorda con la linea ufficiale stabilita del partito. Una posizione analoga è stata espressa dall’altro partito salafita Al-Asala.

La tesi di Al-Asala è simile a quella di Bina'a wa al-Tanmiyya: dopo il colpo di stato non è possibile riconoscere alcuna legittimità all'assemblea costituente e al presidente ad interim Adly Mansour.

A sostenere il boicottaggio è anche Al-Watan, partito nato da una sezione dissidente di Al-Nour.

Tendenze settarie
Le motivazioni della frattura del fronte salafita sono politiche. Lo scontro interno si è acuito in seguito alla deposizione da parte dei militari del presidente, democraticamente eletto, Muhammad Morsi, leader dei Fratelli Musulmani. L'attività di Al-Nour sembra essere divenuta inseparabile da quella dell’esercito e questo atteggiamento, secondo alcuni analisti, come Heba Saleh, rischia di minare fortemente la sua credibilità agli occhi del suo elettorato.

Come reagirà la base ai contraddittori messaggi che arrivano da diversi esponenti salafiti e quale sostegno riuscirà a conquistare Al-Nour dopo aver assunto un atteggiamento collaborazionista nei confronti del potere costituito?

Nel 2011 il patto tra Fratelli Musulmani e militari consentì ai primi di conquistare una sempre maggiore popolarità. Anche in quel caso la popolazione era chiamata a votare su alcune modifiche al testo costituzionale e la vittoria della Fratellanza e dei militari fece ben comprendere il loro tasso di influenza sull'elettorato locale. A due anni di distanza tale logica riconfermerà la sua correttezza?

La capacità di Al-Nour e dei suoi avversari di mobilitare il proprio corpo elettorale potrebbe essere una prima indicazione rispetto al numero di preferenze che il partito riuscirà ad ottenere alla prossime legislative.

Tuttavia la capacità di ottenere sostegno elettorale fra i suoi simpatizzanti non è chiara.

Il salafismo egiziano ha d’altronde uno spiccato carattere settario. Più che il partito o il movimento, conta il singolo shaykh che presiede la moschea. È soprattutto lui che è in grado di fidelizzare il rapporto con la base popolare e di influenzarne gli orientamenti e gli umori.

Marco Di Donato è Dottore di Ricerca in Scienze Politiche e presidente del Centro Italiano di Studi sull'Islam Politico (CISIP).
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