sabato 2 maggio 2020
L'Oro blu in Agenda
di Alessia Biasiolo
Quest’anno
prende il via, nel vero senso della parola, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo
Sostenibile, programma d’azione per persone e governi sottoscritto da 193 Paesi
membri dell’ONU. L’emergenza sanitaria che ha colpito il mondo con una pandemia
inaspettata, ha messo in secondo piano i target che ci si era dati già per
quest’anno. Si chiamano Goals e sono diciassette; al numero sei troviamo “Acqua
pulita e servizi igienico-sanitari”. Gli obiettivi sono comuni, cioè riguardano
tutto il mondo, perché si è arrivati alla (felice) conclusione che, se si
lascia indietro qualcuno, non si arriva alla piena condivisione della nostra
esistenza, in quanto il singolo fa parte dell’unitarietà. Senza una vera
solidarietà e un vero avanzamento comune, non si può pensare ad un futuro per
nessuno. La lezione complessiva dell’Agenda è molto bella e, al punto sei
argomento di questa riflessione, ci si prefigge di “Garantire a tutti la
disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”.
Argomento di estrema importanza, perché spesso nelle politiche generali non si
tiene conto delle risorse a disposizione. Fatto salvo il diritto delle persone
di spostarsi e di cercare una migliore condizione di vita, anche gli obiettivi
dell’Agenda considerano che si deve promuovere il benessere ovunque, perché
altrimenti si generano spostamenti in massa di persone verso zone che possono
non poter sostenere il numero aumentato di abitanti. Per quanto riguarda la
disponibilità di acqua, non è illimitata e, di fronte al continuo
desertificarsi del nostro pianeta, ci si deve convincere che l’acqua va
tutelata di più e meglio e che non è a disposizione di tutti, dappertutto.
Pertanto, per prevenire ribellioni e guerre, si deve incentivare ogni forma che
possa portare alla tutela dell’acqua e alla sua messa a disposizione. Non si
può solo fare affidamento sulle falde acquifere, perché l’intensivo utilizzo
può portare ad un ulteriore peggioramento del problema mondiale. La mancanza
d’acqua e di piogge è sotto gli occhi di tutti, quindi si devono investire
sforzi a favore di progetti come quello, per fare solo un esempio, denominato “WaterHouse”
e realizzato in Africa. Il progetto pilota è partito in Namibia ed ora è giunto
in Mozambico. Si tratta di utilizzare una tecnologia innovativa che sfrutta
l’umidità del luogo e che porta a produrre circa mille litri di acqua al
giorno. “Air to Water” è stato progettato dalla società svizzera “Seas Water
Solution provider” in collaborazione con Humacoo, organizzazione non
governativa d’ispirazione cattolica, impegnata nella fornitura di soluzioni
umanitarie. Questa tipologia di aiuti è vincente, perché, anche seguendo il
percorso tracciato dall’Agenda 2030, permette di risolvere i problemi dove
sono, aiutando le aree a non spopolarsi e a non desertificarsi, riducendo la
distanza per il reperimento dell’acqua e il suo costo, creando un beneficio
locale e planetario, nel corso del tempo. La tecnologia “Air to Water”, da poco
installata a Maputo, converte il vapore acqueo dell’aria in acqua, che viene
venduta ad un prezzo più basso rispetto a quella fornita in rete e l’eccedenza
viene distribuita gratis alle persone non abbienti. In Namibia, nel 2018, il
primo progetto sperimentale ha permesso di riqualificare una vecchia scuola ed
ora fornisce 2500 litri di acqua potabile al giorno. Naturalmente pensare
all’Africa rende semplicistico il discorso: ci si immagina aree sub-sahariane
svantaggiate, ma non si deve dimenticare che le “guerre dell’acqua” sono in
atto in tutto il mondo da tempo. Infatti, ben 39 Stati hanno il 90% del proprio
territorio compreso tra fiumi transfrontalieri che attraversano ben 148 Stati e,
di questi, 21 hanno il proprio territorio interamente delimitato da fiumi
transfrontalieri. Il fiume Colorado ha creato tensione tra Stati Uniti e
Messico: la costruzione della diga di Hoover, tra Arizona e Nevada, ha ridotto
la quantità di acqua che può arrivare in Messico. Dopo avere attraversato gli
stati americani del Nord, infatti, non solo l’acqua è in minore quantità, ma è
anche inquinata e questo porta continui conflitti politici sullo sfruttamento
del corso del fiume. Tra Ecuador e Perù è esistita un’altra contesa, perché le
sorgenti del fiume Cenepa hanno portato ad un intervento armato nel 1995, fino al
trattato di pace del 1998. Il fiume Giordano è conteso tra Giordania, Israele,
Siria e Libano, però è Israele a sfruttarlo di più. Il Nilo è motivo di dissidi
perché attraversa dieci Stati prima di arrivare in Egitto; anche in questo
caso, quindi, la quantità d’acqua risulta ridotta a seconda del consumo dei
Paesi di primo transito. Il conflitto tra Egitto e Sudan si è concluso nel
1959, ma tra Egitto ed Etiopia l’accordo è stato siglato nel 2015. Anche il
fiume Mekong, che nasce in Cina e attraversa sei Paesi asiatici, non è scevro
di problematiche. La Cina vi ha costruito la diga Manwan che ha modificato il
corso del fiume e questo ha causato problemi agli altri Stati, soprattutto all’Indocina
che lo utilizza per la produzione di riso. Altro problema tra Turchia, Siria e
Iraq per il corso dei fiumi Tigri ed Eufrate: i fiumi nascono in Turchia che
con la Siria ne ha sfruttato il corso a proprio vantaggio, sempre costruendo
dighe lungo il loro percorso. L’acqua arriva alla fine in Iraq ma con livelli
sempre più bassi, e ciò acutizza le tensioni esistenti per altri motivi.
Infine, il fiume Indo e il fiume Gange creano contrasti tra India e Pakistan e
India e Bangladesh. Il consumo egiziano di acqua del Nilo, ad esempio, è
dedicato per il 70% all’agricoltura, perché nel Paese non piove quasi mai,
quindi ricevere meno acqua comporta un sacrificio per le produzioni o per le
persone. L’ONU calcola che siano almeno venti i Paesi a rischio di conflitto
armato per l’acqua potabile. Il discorso si fa ancor più complicato in caso di
privatizzazione dell’acqua che interessa molti Paesi sia delle aree
industrializzate che di quelle meno sviluppate: alcune multinazionali si
spartiscono circa l’80% del mercato, cancellando spesso l’ottimistica visione
iniziale che aveva fatto pensare ad un miglioramento dei servizi risparmiando.
Il dibattito è molto acceso, ma indubbiamente l’attenzione deve andare sulle
risorse, forse prima che sul discorso economico tout court. L’acqua è
indispensabile e un tempo, infatti, veniva tutelata da Sovrintendenti o
Magistrati delle Acque che, anche in Italia dove i corsi dei fiumi sono oggi
nazionali, ma un tempo erano tra Stati diversi nel territorio nazionale,
avevano giurisdizione sul corso del fiume nella sua interezza. Oggi che
possiamo utilizzare i droni, forse non siamo così accorti nel prenderci cura di
un bene così prezioso del quale ci accorgiamo soltanto quando manca.
Alessia
Biasiolo
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