martedì 8 gennaio 2013
Il Mali vittima delle primavere arabe
Una ragazza
di 15 anni è stata umiliata con sessanta colpi di frusta dalla polizia islamica
di Timbuctù perché si era intrattenuta a parlare per strada con alcun uomini.
La stessa fonte rileva che le sedi della polizia religiosa erano piene di donne
arrestate perché non si erano adeguate alle nuove norme sull’abbigliamento.
Queste
notizie fanno ancora riflettere sulla Religione Mussulmana, sulla shairia,
sulla applicazione di tali norme soprattutto verso le donne ed il ruolo della
donna nella società umana nella versione fondamentalista islamica. Chiedere ad
esponenti islamici, sia laici e sia religiosi se questo è possibile alla luce
della loro grande cultura e tradizione; chiedere come possono confrontarsi con
un mondo occidentale che ha ormai raggiunto il concetto della parta tra uomo e
donna. E per noi italiani come si applica a costoro, che in italiana sono stati
accolti, che credono nella schiaria, l’articolo 2 della nostra Costituzione.
In attesa di
risposta la nota è incentrata sulla situazione del Mali, paese devasto e
sconvolto dall’onda lunga delle cosiddette primavere arabe, che, nate per dare
maggiore libertà e democrazia contro i dittatori, si stanno rilevando dei veri
e propri inverni freddi e bui, in presenza di una affermazione di un
fondamentalismo alto medioevale. La Tunisia per prima sta sperimentando questo
inverno.
In Mali le
milizie islamiche si sono impossessate del nord del paese ed hanno applicato la
schairia in modo integrale. Quale il lor percorso per arrivare a questo.
Il Mali Una storia complessa: dalla dittatura alla
democrazia.
Lo stato del Mali, già colonia francese con il nome di
Sudan francese, ha acquisito l’indipendenza il 20. Giugno 1960, unito al
Senegal nella Federazione del Mali. Collassata in breve tempo la Federazione,
il Mali si è proclamato indipendente il 22 settembre 1960. Da questa data al
1968 ha subito la dittatura di M. Ketia, di stampo “socialista” che è
collassata dando spazio ad una dittatura militare, dal 1968 al 1991, guidata da
M. Traorè. Varata una costituzione democratica nel 1992, dal 1993 è stato
avviato un processo di democratizzazione accettabile, che, tra l’altro prevede,
la elezione del presidente della repubblica a suffragio diretto con mandato di
5 anni, ed una Assemblea Nazionale, composta da 147 membri in grado di
legiferare. Fino alla fine del 2011 era presidente Amadau Tourè, eletto il 12
aprile 2002 e rieletto il 29 maggio 2007. Primo ministro Cisse Marian Sidibe,
in carica il 3 aprile 2011 fino alla vigilia delle primavere arabe. Fino al
2011 il mondo occidentale considerava il Mali un paese stabile, con una
presenza di un islam moderato e con buone prospettive di sviluppo.
L’Effetto domino
In poco più
di otto mesi il Paese è stato sconvolto. Si è spaccato in due e a nord la
rivolta si è impossessata di tutto il territorio tanto che oggi il paese è
diviso da una frontiera invisibile, creando una repubblica islamica; problemi
endemici che gravano sul paese sono esplosi e il governo non è riuscito a gestirli,
provocando l’intervento dei militari a fine marzo che hanno deposto Amadou
Toumani Tourè, considerato troppo debole; l’esercito è troppo debole per
riprendere il controllo dei territori del nord.
Una
situazione molto grave per la stabilità internazionale. Stati Uniti, Francia,
la nume tutelare del Paese, e l’Unione Europea sono stupite dall’evolversi
della situazione ed ancora non sanno come agire, sbigottite solo dal fatto che
il Mali è diventato dall’oggi al domani il nuovo teatro della “guerra al
terrorismo”.
Che cosa è
successo?
Il fatto che
nel nord Mali si sia costituita una repubblica islamica fondamentalista, forte
e compatta, permeata da Al Qaeda ed altre organizzazioni estremistiche
islamiche, è dovuto alla primavera araba soffiata in Libia, ovvero alla caduta
di Muammar Gheddafi. Gheddafi per il Mali era uno zio ricco, snob,
imprevedibile, un po’ pittoresco, che aveva ampia influenza sulla classe
dirigente del Mali, che sosteneva con fiumi di petrodollari, di pari passo che
sosteneva le popolazioni tuareg del nord da sempre in lotta con il potere
centrale di Bomako, che il leader libico addestrava nei suoi campi di
addestramento. Inoltre li impiegava anche nelle sue forze armate, tanto che
molti di loro hanno partecipato al conflitto con i cirenaici del Cnt in difesa
di Gheddafi stesso. Al momento della caduta di Gheddafi, i tuareg e le altre
milizie si sono ritirati, con tutte le loro armi, più quelle rastrellate in
Libia, di notevole quantità, in Mali. Questo è un passaggio chiave per comprendere
la situazione d’oggi in Mali.
All’inizio
del 2012, la insignificante latente rivolta presente nel territorio del nord si
è rinvigorita: in nome del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad,
i tuareg hanno iniziato ad attaccare l’esercito governativo. Rinforzati da vari
gruppi di fondamentalisti islamici che operavano come milizie, i Tuareg
riescono in breve ad avere ragione delle forze governative, troppo deboli e
disorganizzate e scarsamente equipaggiate che si ritirano a sud della linea
immaginare di confine arroccandosi a Mopti. I Tuareg riescono a controllare il
Nord Mali un territorio che è grande come la Francia. A maggio i Tuareg
concludono un accordo con gli esponenti delle milizie islamiche, sopratutto
quelle espressioni di Al Quaida nel Magreb islamico (Aqmi). Un accordo che da
loro stessi smentito in pochi giorni in quanto gli esponenti delle milizie
rilevarono le loro reali intenzioni. I Tuareg sono stati tutti messi in fuga e
emarginati dai miliziani espressione dei fondamentalisti islamici, che sono gli
attuali vincitori della rivoluzione. Le milizie fondamentalisti amministrano le
principali città del nord: Kidal, Gao, Timbuctou.
Il gruppo
leader di queste milizie è un gruppo islamico chiamato Ansar Eddine , dall’arabo “difensori della fede”, che, come primo
atto, è stata la creazione della polizia religiosa; questa punisce con pene
corporali il consumo di alcool e di sigarette, punisce con l’amputazioen della
mano i ladri, aggredisce e punisce le donne che non rispettano la legge
islamica, e si prefigge di portare il Jihad in tutta l’Africa Occidentale.
Il capo di Ansar Eddine è Iyad ag Ghali, tuareg
maliano convertito al fondementalismo, estremista che nega colloqui con i suoi
vecchi compagni parlamentari a Bomako, sostenendo che i parlamentari sono dei
miscredenti in quanto vogliono dettare e fare la “legge”, attività che, secondo
lui, può svolgere solo Dio. Il vero potere di Iyad ag Ghali nasce dalla sua
principale attività che ha svolto negli utili dieci anni:intermediario per
liberare gli occidentali in mano ai rivoluzionari. Il riscatto passava per le
sue mani e, insieme ai servizi segreti di Bomako, molto vi rimaneva.
Queata dei rapimenti di turisti stranieri per
poi chiedere il riscatto è stata una industria fiorente in Mali. Che si innesta
con le altre attività illegali: traffico di armi, di schiavi, di organi umani,
droga, sigarette ed altro. Il grande errore dei Paesi occidentali è stato
quello di non comprendere che questa attività illegale di criminalità organizzata
aveva creato nel territorio del nord una rete criminale che aveva dissolto lo
stato di diritto. Bomako non controllava più il nord, ove la legge, prima delle
primavere arabe, la faceva capi e capetti come Iyad ag Ghali. Con la primavera
araba si è creata una simbiosi tra la criminalità organizzata e i gruppi
jihadisti, cementata dai lauti guadagni dei traffici illeci, che arricchivano
anche i politici maliani tra cui l’ex presidente Amadou Toumani Tourè è il
precedente che fa comprendere come in pochi mesi le strutture stauali del Mali
siano state abbattute nei territori del nord.
Una popolazione in fuga
In poco più
di u semestre, oltre 500.000 maliani è fuggito dai territori del nord per non socciacere alla legge islamica,
riversandosi nei paesi vicini, in particolare verso il Niger, il Burkina Faso,
e verso gli altri paesi del sud. Proprio i profughi portano le notizie di come
si vive nel nord. Le notizie sono aberranti. Gli abitanti di Aguelhok sono
rimasti sconvolti dalla lapidazione ( uccider ele persone a colpi di pietre) di
una coppia che aveva avuto dei figli fuori dal matrimonio
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