giovedì 29 giugno 2023
lunedì 19 giugno 2023
Dal Golfo di Guinea al Mediterraneo
CAOS REGIONALE E STRATEGIE DEGLI ATTORI INTERNAZIONALI
Dante Gatta
1. PANORAMICA INTRODUTTIVA La regione che, dal Golfo di Guinea, passando attraverso il Sahel, si estende fino alla sponda africana del Mediterraneo, è in un’area in cui, nella maggioranza dei casi (seppur con significative eccezioni), il ruolo degli Stati è ridotto a mera rappresentazione cartografica e le dinamiche locali assumono un significato che funge da stimolo a considerazioni più generali. La notevole disponibilità di risorse naturali e la (rinnovata) rilevanza in senso strategico, sono tra le principali motivazioni da annoverare per comprendere i numerosi interessi confliggenti tra attori locali, regionali e globali. In tale regione, in una caotica situazione in cui è difficilmente rinvenibile il nesso causa-effetto, è possibile osservare, contemporaneamente, le più tipiche criticità che affliggono la nostra epoca: conflitti su base etnica e/o religiosa, divampare del jihadismo, passaggio di traffici di ogni tipo, dipanarsi di rotte migratorie, impatto nefasto dei cambiamenti climatici. Ma, l’area in oggetto, funge anche da caso scuola, dal momento che, attraverso un’analisi di più ampio respiro, possiamo scorgere le direzioni verso cui sono orientate le principali potenze mondiali, in conseguenza delle quali, le potenze medie con forti interessi nella regione - Stati europei, con l’Italia tra i più “coinvolti” - dovrebbero cogliere opportunità e valutare rischi, per pianificare modalità di azione e stabilire spazi di manovra. 2. INTERESSI LOCALI E STRATEGIE INTERNAZIONALI 2.1 Il caos regionale -Il “peso” degli Stati locali: Dal punto di vista istituzionale, emerge una differenziazione significativa in quest’area, tra Stati che affacciano sul Mediterraneo e quelli che si trovano nella fascia saheliana, o comunque a sud del deserto del Sahara. Nel primo caso vi è la presenza di Stati in grado di imporre la propria sovranità, quali il Marocco, l’Algeria e - in modalità meno evidente - la Tunisia. A questi fa eccezione la Libia che, in seguito alla guerra iniziata nel 2011, è uno Stato sostanzialmente fallito, nonché frammentato. Vi sono poi le territorialità (formalmente) appartenenti a Stati più meridionali, i quali invece si caratterizzano per una sovranità decisamente limitata: Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad su tutti. Situazione non dissimile per i paesi del Golfo di Guinea, ma anche qui con le eccezioni di Senegal, Ghana, Nigeria e Costa d’Avorio, le cui istituzioni esercitano invece un potere non solo formale. -Jihadismo e conflitti etnico/religiosi: talmente complessa ed intricata la situazione dei conflitti in quest’area che, spesso, risulta arduo discernere genesi e natura delle dispute. Ai più leggibili conflitti politici, come il colpo di Stato in Mali nel 2021 1 , se ne accompagnano di 1 Il nuovo colpo di stato in Mali rivela un’instabilità cronica, Internazionale, 26/05/2021 più complessi. Questo a sottolineare come, in una situazione di instabilità politica ed economica, di porosità dei confini, di povertà e di difficoltà geografiche e climatiche, i conflitti tendano ad assumere una forma violenta, a prescindere dalla veste che viene conferita. Quel che è certo è che l’Africa occidentale risulta essere tra le regioni del pianeta più colpite da attacchi terroristici 2 . Il caso nigeriano, in tal senso, risulta emblematico, con una rilevante numero di attacchi portati avanti da Boko Haram e ISWAP (che proprio da una costola di Boko Haram trae origine), le cui affiliazioni 3 con l’ISIS ci inducono a riflessioni più estese - e meno scontate - sulle dinamiche, e la competizione, conseguenti i legami coi più noti “brand” jihadisti. -Traffici illeciti e migrazioni: l’area geografica in questione, presenta tra le rotte più battute per quel che riguarda i traffici illeciti. Droga, tabacco, armi vengono trafficati sfruttando la sostanziale inesistenza di controlli tra i confini dei vari Stati. Spesso sono gli stessi gruppi terroristici, o gruppi etnici armati, ad essere i diretti protagonisti dei traffici o a gestire le direttrici. Tra questi vi è il traffico di essere umani, tanto che la Central Mediterranean Route trova origine e sviluppo proprio da questa area 4 . Il vuoto di potere in estese zone della Libia, conseguenza del conflitto del 2011, ha notevolmente favorito tali dinamiche, aprendo un varco sostanzialmente diretto verso il Mediterraneo. 2.2 Le strategie delle potenze Spostando il focus dell’analisi, da una prospettiva locale verso una più ampia, che prenda in considerazione l’azione delle principali potenze mondiali, notiamo come gli avvenimenti recenti siano condizionanti, impatto della guerra in Ucraina in primis. -Gli Stati Uniti, che nel contesto africano agiscono militarmente attraverso il comando Africom, già negli anni passati, avevano mostrato l’intenzione di allentare la presa sul continente e, di conseguenza, su questa specifica porzione dello stesso. Una strategia di ridimensionamento doverosa dovuta alla necessità di selezionare con scrupolo le aree su cui focalizzare gli sforzi maggiori. Le motivazioni che hanno portato Washington a maturare questo tipo di valutazione sono diverse: la diminuzione della spinta propulsiva per la guerra al terrorismo globale, elemento caratterizzante della politica estera USA in apertura di millennio; le forti tensioni interne; in ultima istanza, ma di importanza fondamentale, il focus sulla sfida globale alla Cina, principale avversario statunitense, che ha consigliato gli americani di concentrare gran parte delle loro attenzioni sul’area del Pacifico. In questo contesto, si inserisce il conflitto ucraino, che li impegna nel contenimento del secondo grande avversario, la Russia. - Il conflitto russo-ucraino ha contribuito, almeno momentaneamente, a rallentare anche le mire in Africa della stessa Cina. L’intento cinese, in Africa, è duplice. Innanzitutto di natura economica, finalizzato agli investimenti e all’accaparramento di risorse naturali. Con gli anni, il dinamismo cinese, ha assunto dei caratteri sempre più “politici”. La Cina, portando avanti quelli che sono interessi strategici, ci tiene ad apparire sotto una veste positiva, elemento che assume ancor più valore in Africa, continente che, per ovvie ragioni, tende a fare paragoni col passato che l’ha vista preda di colonizzatori occidentali. E così, lo Stato del Gibuti, snodo strategico sul fondamentale stretto di Bab al-Mandab, ha ospitato la prima 4 Migration flows on the Central Mediterranean route, Council of the European Union, 09/02/2023. 3 How al-Qaeda and Islamic State are digging into Africa, The Economist, 13/08/2022. 2 Global Terrorism Index 2023, in Institute of Economics and Peace, 2023. base militare cinese al di fuori del proprio territorio e dunque chiave per il progetto One Belt One Road. I piani cinesi, però, non sono limitati all’Africa orientale, si estendono a quella occidentale - e si aggiungono alla presenza cinese nell’Africa mediterranea, specie in Algeria ed Egitto - come porta di accesso all’Atlantico, oceano a totale egemonia statunitense. A conferma di questa prospettiva vi sono i recenti investimenti del governo di Pechino, come ad esempio quelli per la costruzione del porto di Lekki, in Nigeria, oltre ad una serie di vie di comunicazione, ferroviarie ed autostradali 5 . -Altri due attori che è necessario considerare in questa analisi sono la Russia e la Turchia. I due Stati in questione hanno assunto posizioni di rilievo in Libia, controllando rispettivamente le territorialità di Cirenaica e Tripolitania. L’intento dei due paesi è quello di estendere le proprie attività e, attraverso il Fezzan, penetrare le regioni più meridionali di Sahel e Africa Occidentale. Con Mosca coinvolta nel conflitto in Ucraina, è attualmente Ankara ad avere mire strategiche più interessate all’area. 3. RISCHI E OPPORTUNITÀ PER LE MEDIE POTENZE, CON FOCUS SULL’ITALIA L’aspetto che consegue da questa analisi bipartita, dal piano “locale” a quello riguardante le strategie delle potenze “globali”, è premessa fondamentale per valutazioni ed elaborazioni di strategie, ma stavolta per quel che riguarda le medie potenze. In particolare per ciò che concerne gli Stati europei, alcuni dei quali - Francia, Italia e Germania su tutti - attivi nella regione, per differenti motivazioni storiche, strategiche ed economiche. Il piano dell’analisi “locale”, legato alla volontà di sedare conflitti locali, contenere la crescita dell’islamismo, contribuire al potenziamento degli attori statuali, tamponare il fenomeno migratorio, è mediaticamente più attraente ma, data la natura di “crisi” che lo caratterizza, rischia di essere emotivamente fuorviante. Sebbene sia importante perseguire tali obiettivi di breve/medio periodo, il fatto di renderli preponderanti può inquinare le strategie di lungo termine di un paese. Non di rado, a riguardo, l’Italia si è fatta trascinare in missioni, edulcorate da una veste europea (o comunque in concerto tra più attori), che in realtà mascheravano forti interessi degli Stati promotori. Per restare nell’area in analisi, basti ricordare: : sia la guerra in Libia - i cui esiti hanno decisamente minato le nostre priorità strategiche - sia le operazioni nel Sahel, su forte input francese. In tal senso risulta, per l’appunto, indispensabile l’analisi riguardante le strategie dei più rilevanti attori internazionali, perché determinanti per intercettare i futuri scenari caratterizzanti l’area. La sicurezza del Mediterraneo, il controllo dei flussi migratori, la necessità di tenere a debita distanza un fronte instabile, la rinnovata importanza degli approvvigionamenti energetici di provenienza africana (in primis gas algerino), a maggior ragione dopo la forzata diminuzione dei flussi provenienti dalla Russia, sono interessi vitali per l’Italia, nonché fortemente legati all’area geografica in analisi. L’allentamento della presenza USA nell’area, potenzialmente, sarebbe volto a favorire un intervento più efficace ed autonomo dell’Italia, che potrebbe recuperare il terreno perduto. 5 BRI keeps nations on the move, China Daily, 03/01/2023. Questo, però, avverrebbe solo in conseguenza di una presa di coscienza e un cambio di mentalità che nel nostro paese non sembra essere imminente né scontato. A fronte di tali opportunità, i rischi che si presentano sono molteplici. Anche a causa della stessa minor presa statunitense, le possibilità per gli altri attori si sono moltiplicate. A riguardo, è in particolare il dinamismo turco a destare preoccupazione. La Turchia, essendo un paese dalla politica internazionale volutamente ambigua, dopo aver posto radici concrete a Tripoli intende ampliare la sua influenza verso l'Africa occidentale. In tal caso (ad esempio, con una potenziale arma di ricatto migratoria) l'instabilità nel Mediterraneo aumenterebbe e, proporzionalmente, lieviterebbero i pericoli per l'Italia. Ad evitare un simile scenario -o almeno a ridurne la portata - eventuali accordi con i partner europei sarebbero, stavolta sì, assolutamente necessari, per interesse reciproco
(articolo predisposto nel 2016)
domenica 18 giugno 2023
venerdì 9 giugno 2023
Sudan. Situazione difficile
In Sudan i combattimenti iniziati il 15 aprile scorso continuano ancora. In varie zone del Paese sussistono violenti scontri tra le forze del generale Abdel Fattah al-Burhan, capo delle Forze Armate Sudanesi, e quelle del Mohamed Hamdan Daglo, “Hemetti”, capo dei paramilitari delle Forze di Supporto Rapido. Il conflitto del Sudan ha fatto saltare un piano sostenuto a livello internazionale per una transizione verso una democrazia civile, quattro anni dopo la caduta dell’despota islamista Omar al-Bashir e due anni dopo un colpo di stato militare congiunto. La lotta per il potere ha bloccato il piano per il passaggio al governo civile dopo decenni di autocrazia e dominio militare in Sudan, zona strategica tra Egitto, Arabia Saudita, Etiopia e la delicata regione del Sahel. Se non controllata, la violenza rischia di coinvolgere anche i Paesi vicini.
Fonte: Atlante delle Guerre, Maggio 2023., ricerca.cesvam@istitutonastroazzurro.org